Strade più sicure e rispetto per le vittime: FIAB con le associazioni per la mobilità equa e sostenibile

Strade più sicure e rispetto per le vittime: FIAB con le associazioni per la mobilità equa e sostenibile

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La recente morte di Paolo Saibene, travolto e ucciso da Josep Martinez mentre era alla guida di un SUV, ci impone di ribadire una verità spesso rimossa: in Italia muoversi a piedi o in bicicletta in sicurezza è ancora un diritto negato. E le strade non sono progettate in modo da perdonare l’errore umano. Insieme alle associazioni per la mobilità equa e sostenibile denunciamo come le vittime della violenza stradale vengano troppo spesso umiliate dalle parole e dalle politiche, mentre chi guida mezzi più grandi, veloci, pesanti e di conseguenza pericolosi non viene adeguatamente responsabilizzato.

Velocità: dati ignorati

L’impatto che ha ucciso Saibene ha lasciato 100 metri di detriti, secondo quanto è emerso per ora dagli organi di stampa. Pur se la dinamica definitiva si conoscerà solo tra molti mesi, questo dato parla da sé. Secondo ISTAT, la  velocità è la prima causa di morte sulle strade e, anche quando non è la causa diretta di un incidente, ne amplifica sempre la gravità, aumentando la lesività delle distrazioni e delle infrazioni.

 Eppure:

  • la riduzione dei limiti dí velocità sparisce dalle priorità politiche. Anzi, viene contrastata a livello nazionale, come nel caso della direttiva ministeriale contro le Città 30
  • si ostacola l’installazione degli autovelox, che sono strumenti salva-vita (come i defibrillatori).
  • la legge di bilancio taglia risorse per la sicurezza stradale e per la mobilità sostenibile, e addirittura azzera i fondi per la ciclabilità che erano ancora disponibili.
  • Mentre il MIT diffonde dati parziali su un presunto calo delle vittime, Commissione Europea e ASAPS indicano nessuna riduzione della mortalità stradale in Italia nel primo semestre 2025.

Un codice che ignora le persone più vulnerabili 

Il Codice della Strada già afferma: “Il conducente deve regolare la velocità ed essere sempre in grado di arrestare il veicolo in sicurezza”. Un principio che dovrebbe essere stampato sui cruscotti di tutte le auto. Inoltre, sempre nel Codice della Strada, la sicurezza e la tutela della salute delle persone… rientrano tra le finalità primarie… perseguite dallo Stato”.

Eppure nel nostro ordinamento mancano ancora:

  • la gerarchia della responsabilità tra utenti della strada
  • la presunzione di responsabilità salvo prova contraria in caso di investimento di utenti vulnerabili.

Essere anziani, pedoni, persone in bicicletta, persone con disabilità o bambini non è una colpa: è una condizione di vulnerabilità che lo Stato deve tutelare.

Narrazione mediatica: basta scaricare la colpa sulle vittime

Raccontare “l’anziano ha avuto un malore” mentre “l’automobilista non è riuscito a evitare l’impatto” è una deresponsabilizzazione precoce. Il diritto all’informazione non deve cancellare la responsabilità stradale né offendere la dignità delle vittime.

Quando le vittime non sono note, come l’uomo ucciso mentre pedalava il 27 ottobre in Friuli da una persona che non ha prestato soccorso ed è fuggito, su una strada priva di infrastrutture ciclabili, il silenzio mediatico è assordante. Un episodio gravissimo passato quasi inosservato, che ci ricorda come la violenza stradale venga sempre più vista come una tragica, ma inevitabile conseguenza della motonormatività, portando a una triste assuefazione.

Educazione alla sicurezza stradale azzerata

A rendere il quadro più drammatico, il Ministero dell’Istruzione ha sospeso l’offerta formativa Edustrada per l’anno accademico 2025/26, senza comunicarlo. Una scelta incomprensibile proprio mentre giovani e giovanissimi muoiono sulle strade.

Le nostre richieste

Chiediamo che la riduzione della velocità e la protezione degli utenti vulnerabili diventino:

  • priorità istituzionale
  • oggetto di investimenti strutturali
  • base per infrastrutture e controlli efficaci
  • parte di una corretta narrazione mediatica
  • cardine dell’educazione civica e stradale.

Ogni giorno si muore sulle strade italiane. Non è fatalità: si può prevenire. Questo non è un caso isolato: è un’emergenza nazionale. FIAB continuerà a battersi, insieme ai tanti soggetti impegnati su questo fronte, a cominciare dalle associazioni delle vittime della strada, perché il diritto alla mobilità sicura diventi realtà per tutte e tutti.