Com’è pedalare a Reggio Emilia? “Questa città ha fatto scuola sulla mobilità ciclistica. Ma c’è bisogno di più cura”

Com’è pedalare a Reggio Emilia? “Questa città ha fatto scuola sulla mobilità ciclistica. Ma c’è bisogno di più cura”

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Nuova tappa del nostro lento viaggio in Italia alla scoperta di tante città in cui FIAB è presente e attiva con un’associazione. “Com’è pedalare a…” vuole essere un’occasione per fare il punto sulla mobilità ciclistica in città, sui passi avanti, sulle lacune e sul ruolo della Federazione sul territorio. Oggi siamo in una delle regioni più bike friendly d’Italia. A Reggio Emilia abbiamo intervistato Francesca Gioia, presidente di FIAB Reggio Emilia Tuttinbici.

Com’è pedalare a Reggio Emilia?
Premetto che io mi sono trasferita qui nel 2020 dopo aver vissuto a Roma e Milano. Reggio Emilia mi ha consentito di realizzare il sogno della vita: vivere senza automobile con figlie piccole “a carico”. E questa scelta è sempre più frequente: c’è una generazione di famiglie qui che ha scelto la mobilità ciclabile come prima scelta per la mobilità famigliare. Questo è reso possibile grazie ad una rete ciclabile molto estesa con la maggior parte delle distanze sotto i 10 km.

L’Emilia Romagna è senz’altro una delle Regioni più bike friendly in Italia. C’è qualcosa che accomuna i comuni secondo te?
Credo che i fattori siano principalmente due: sfido chiunque a trovare una salita in queste città e sono città con spostamenti medi di pochi chilometri. Inoltre c’è un fattore determinante rappresentato dall’intermodalità bici+treno: puoi uscire di casa e arrivare a Bologna, Modena, Parma e altrove direttamente con la tua bici. Noi di FIAB ci rendiamo pienamente conto di quanto siamo privilegiati da questo punto di vista, pur con le carenze che il trasporto pubblico presenta. 

Quali sono i punti di forza – infrastrutture, parcheggi, ciclabili – di Reggio Emilia? 
Il Centro Storico di Reggio Emilia è un esperimento urbano ben riuscito di convivenza tra bici, auto e pedoni, anche grazie alla ZTL che abbiamo sostenuto: è la zona ciclabile per eccellenza sul modello olandese. In città di questa dimensione, come ci hanno confermato urbanisti da tutto il mondo venuti qui per il Placemaking Europe Festival, bisogna lavorare su tre fattori: convivenza tra mezzi e persone, moderazione del traffico e della velocità. Reggio Emilia e le sue Amministrazioni hanno dato un contributo decisivo alla normativa italiana sulla ciclabilità e ora si dovrebbe guardare con determinazione alle politiche di mobilità che si stanno attuando in tutta Europa: la nostra dimensione e la geografia dei quartieri sono una grande opportunità. Siamo stati punto di riferimento, possiamo esserlo ancora ma serve più determinazione a disincentivare l’uso superfluo dell’auto privata. Noi di FIAB Reggio Emilia cerchiamo di stimolare l’Amministrazione anche attraverso il progetto Comuni Ciclabili e a tradurre le richieste dal basso di chi la città la pedala davvero tanto e tutti i giorni.

Ci sono situazioni critiche su cui ponete l’attenzione?
L’altra faccia della medaglia di una rete molto estesa è la sua cura: la manutenzione ordinaria deve fare un salto di qualità, la parte di rete più datata ha davvero bisogno di ricevere interventi. Oggi è cambiato “il ciclista” e chi sceglie la bici vuole una infrastruttura di qualità e non un semplice passaggio per spostarsi da A a B. Poi c’è il tema della presenza diffusa di ciclopedonali che aumentano il conflitto tra pedoni e ciclisti rendendo l’esperienza sgradevole ad entrambi. Bisognerebbe sottrarre spazio alle automobili e recuperarlo per creare ciclabili e aree pedonali separate soprattutto perché sono aumentate le bici elettriche e quelle cargo incentivate dalla Regione Emilia Romagna. Infine i servizi: la mobilità urbana è in piena trasformazione e bisogna adeguare l’offerta con la tipologia di utenti: velostazioni in ospedale, stadio, università e stazione AV e parcheggi diffusi coperti nei quartieri anche per le cargo. Nonostante la rete sia così estesa il numero di utenti non sembra crescere: bisogna lavorare affinché questo accada sia come associazione sia come amministrazione. Gli ingredienti per la ricetta della mobilità attiva e sicura oggi sono molti e se manca qualcosa il risultato finale ne risente.

Secondo te c’è una domanda dal basso di città 30? 
Non è determinata come quella di Bologna ma c’è: bisogna saperla leggere tra le righe. A Reggio Emilia ci sono 9 consulte di ambito territoriale e ognuna di queste ha presentato all’amministrazione almeno 2/3 progetti di strade scolastiche, riqualificazione di aree pedonali e richiesta di ciclabili. Inoltre nei progetti co-partecipati che realizziamo insieme all’Amministrazione emerge un forte desiderio di avere città “diverse”: più verdi, con più spazi per le persone e che siano accessibili: l’elefante della stanza nella mobilità urbana resta l’autonomia degli spostamenti delle persone disabili, dobbiamo abbattere le barriere architettoniche. Speriamo di vedere presto una presa di posizione come quella della città di Bologna.

Come si contrasta la narrazione ostile alle città 30?
Partendo dal nome. “Città30” ruota intorno ad un limite e molte persone che non hanno mai visto niente di diverso dalle città attuali vedono solo che vuoi imporgli quel limite. Noi parliamo di opportunità ed elencandole sono almeno 30: bambini più liberi di muoversi e andare a scuola a piedi o in bici, più spazi per stare, incontrarsi e vivere la città, meno rumore nelle strade, più silenzio e sentire il chiacchierio delle persone, economia locale più forte e valorizzazione immobiliare, strade che tornano a essere luoghi di relazione e non solo di transito. Siamo solo a 6 ma è tutta un’altra visione di città. Oggi grazie all’intelligenza artificiale facciamo realmente vedere alle persone come può diventare lo spazio intorno a noi e nessuno lo vorrebbe come è ora.

Siamo nel periodo iniziale del tesseramento 2026. Se avessi di fronte una persona esterna al mondo FIAB cosa le diresti per convincerla a fare la tessera?
Per serenità e tutela del patrimonio familiare. Chi si sposta in bici nella vita quotidiana ha bisogno di servizi, protezione legale e assicurazione RC ed infortuni; chi usa la bici per lavoro e per portare i figli a scuola sa che la bici è lo strumento migliore per spostarsi ma sa anche che un imprevisto può mandare all’aria molte cose. Le mie bambine hanno 3 e 4 anni: non volevo privarle della possibilità di pedalare in autonomia per paura che facessero dei danni a cose o persone. Anche loro sono socie FIAB e in FIAB Reggio Emilia incentiviamo la tessera famiglia già quando i bimbi iniziano ad usare la balance bike.