In bici anche le idee pedalano. Come ci ricorda sempre Alfredo Martini, classe 1921, un vero mito del ciclismo di ieri e di oggi, in bicicletta si pedala e si pensa allo stesso tempo; anzi più si pedala e più si pensa.
In definitiva, aggiunge Walter Bernardi, pedalando si fa filosofia. Non è solo la convinzione di un filosofo un po’ stravagante come Bernardi, socio Fiab della sede di Arezzo e cicloamatore di lungo corso ma pur sempre professore ordinario di storia della scienza dell’università di Siena oltre che autore di una decina di libri molto accademici, che ora si cimenta con un libro per tutti, dal titolo quanto mai intrigante: La filosofia va in bicicletta. Socrate, Pantani e altre fughe (Ediciclo editore).
Se non credete al nostro ciclo filosofo toscano, provate a ri-leggere Giovannino Guareschi, quello di Don Camillo e Peppone, il quale diceva che chi non conosce “la nobile arte del pedale” non immagina nemmeno “quante idee singolari vengano viaggiando in bicicletta”.
Oppure date retta a Margherita Hack, la grande astronoma fiorentina che per raccontare la propria vita ha fatto ricorso proprio all’amata bicicletta, perché è stato pedalando che ha formulato – lo ha rivelato lei stessa –, alcune delle sue “migliori idee” sulla vita e sull’universo.
Tutti sanno chi è stato Albert Einstein, anche se pochi sono in grado di spiegare in parole semplici cos’è la relatività. Forse sarebbe il caso di far sapere in giro che il grande fisico tedesco disse una volta che la prima intuizione di questa teoria l’aveva avuta “mentre andava in bicicletta”. Sembra impossibile, ma è la verità!
Quelle appena citate sono dichiarazioni talmente evidenti che dovrebbero spingere a una seria riflessione chi si occupa di filosofia.
Come mai tanti intellettuali e campioni delle due ruote, e insieme a loro migliaia e migliaia di ciclisti e cicloamatori, sono così certi di praticare uno sport ad alta intensità mentale?
La risposta è semplice: perché, a differenza di altri tipi di attività fisica e di sport dove l’attenzione è tutta concentrata sui muscoli e il corpo sembra appropriarsi per intero della persona, nel ciclismo e nell’uso quotidiano della bicicletta – specialmente se lo si può fare in tutta sicurezza – si ha tutto il tempo per stare con se stessi e con la natura.
In bici si viaggia a testa alta, lo sguardo è proiettato in avanti e ci si può permettere di riflettere a ruota libera; le gambe girano da sole, senza bisogno di applicazione, e l’immaginazione può scorrazzare liberamente girovagando per i sentieri del cielo.
Pedalando in scioltezza, il moderato stress muscolare consente alla mente di distendersi al ritmo regolare del respiro e delle pulsazioni cardiache.
Se invece, aumentando la pedalata, lo sforzo viene spinto fino alla soglia anaerobica, l’intensa ossigenazione del distretto cerebrale favorisce la produzione di endorfine dal benefico effetto euforizzante, che non solo aiutano a sopportare la fatica ma trasformano il dolore in una sorprendente sensazione di piacere.
Pedalare? No, filosofare! Parola di Walter Bernardi. La filosofia va in bicicletta è un libro che merita di essere letto, perché invita a pedalare e soprattutto a pensare. Di entrambe le cose c’è un disperato bisogno in questo momento, non solo in Italia.
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