Sono molti gli elementi che fanno pensare ad un rinascimento ciclistico in corso in Italia.
È vero, la quarta Potenza economica europea ospita comunque alcune fra le più conosciute ed apprezzate aziende manifatturiere del settore, e in Italia si svolgono molte delle corse che hanno fatto la storia del ciclismo come sport. Tuttavia è solo negli ultimi anni che il rapporto degli italiani con la bicicletta (intesa come mezzo di trasporto e non come passatempo domenicale) sta tornando appassionato, lasciandosi alle spalle un paio di decenni di disamore (basti pensare che la percentuale di italiani che si spostano in bici è ancora al 4,7%, sotto la media UE del 7%). Il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ha infatti recentemente annunciato che il numero di italiani che scelgono la bici per gli spostamenti quotidiani è triplicato dal 2001: nel Belpaese, ogni giorno feriale, 5 milioni di persone pedalano verso i propri posti di lavoro, le proprie scuole o università, i luoghi del loro shopping. Cerchiamo allora di capire che cos’è che sta cambiando lo scenario dei trasporti italiano.
Mutamento del panorama economico
Le radici del culto dell’auto da parte degli italiani (ci sono 60 milioni di macchine nel paese) vanno ricercate nel boom economico degli anni ‘50 e ‘60. La passione nazionale per il trasporto motorizzato ha prosperato più o meno incontrastata fino a pochi anni fa, figlia degli stili di vita ottimistici degli anni ’80 e ’90, quando tranne che in alcune oasi (generalmente al Centro-Nord) l’uso della bici veniva per lo più visto come un retaggio delle politiche di austerity degli anni ’70. Ci è voluta la crisi economica, unita al costante aumento del prezzo dei carburanti, a modificare (fra le altre cose) le abitudini degli italiani in tema di mobilità, generando il citatissimo doppio sorpasso bici-auto nelle vendite (2011 e 2012).
Una generazione di amministratori attenti alla bicicletta
L’Italia sta attraversando una fase di transizione politica, che passa anche per il crescente endorsement pubblico all’uso della bicicletta. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle grandi città, I cui sindaci non perdono occasione per parlare di ciclomobilità. Ignazio Marino si è guadagnato le prime pagine salendo al Campidoglio in bicicletta nel suo primo giorno da Sindaco di Roma, e ha successivamente annunciato numerosi interventi a favore dei ciclisti, che si aggiungono al Piano Quadro della Ciclabilità di Roma Capitale varato dalla precedente Amministrazione. A Milano, Giuliano Pisapia ha abbattuto il traffico motorizzato nella Cerchia dei Bastioni di Milano introducendo l’Area C, ed ha pianificato un’ulteriore estensione della rete ciclo viaria cittadina, tutto mentre all’ombra del Duomo brilla il sistema di bike sharing migliore d’Italia (187 stazioni per 3.300 biciclette). A Napoli, Luigi de Magistris non ha avuto paura di affrontare lobby dei commercianti ed oppositori politici “liberando” il lungomare dalle auto promettendo ai ciclisti partenopei 16 km di pista ciclabile (per ora ne ha realizzati 10, e –per la verità – con molte cose da migliorare).
Le grandi città seguono l’esempio dei centri medio-piccoli nei quali il trasporto sostenibile è molto spesso una realtà, specie al Nord (Reggio Emilia ha 34.5 metri di ciclabile per abitante, Mantova e Lodi 26, Verbania 24. Lungo i 10km della ciclabile di Lucca sono comparse colonnine per la ricarica delle bici elettriche. Addirittura Bari si riscopre ciclo-friendly, offrendo ai suoi visitatori un servizio di risciò turistico così ben fatto da essere votato attrazione cittadina numero 1 su TripAdvisor).
È in corso anche un programma di incentivi statali per l’acquisto di bici ed e-bike, rifinanziato annualmente dal Ministero dell’Ambiente.
FIAB: alla testa del cambiamento
La FIAB, l’organizzazione pro-ciclisti nazionale, affiliata alla European Cyclists’ Federation, ha giocato un ruolo centrale nel raggiungimento di questi risultati. Fondata nel 1989, la FIAB conta 16.000 membri divisi in 150 comitati locali. Nel 2012 la FIAB è stata scelta dalla ECF e dallo Sram Cycling Fund per partecipare al programma “Leadership”, aggiudicandosi dei fondi per sviluppare l’attività ciclistica nel proprio paese. La FIAB ha lavorato molto bene e con ottimo tempismo, scatenando il proprio potenziale comunicativo e di coinvolgimento proprio mentre in Italia si svolgeva la campagna elettorale 2013, riuscendo così a sfruttare al massimo la soglia d’attenzione politica e a portare a conoscenza tutti i potenziali policy maker dell’importanza di includere la bicicletta nei propri programmi.
L’attività della FIAB, in effetti, è frenetica. Dall’attività di lobby (fra le numerose proposte di legge portate all’attenzione dei decisori, spiccano quella rivolta all’estensione dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro anche al tragitto casa-lavoro fatto in bicicletta, quella per la conversione in ciclovie delle ferrovie dismesse, e quella a favore di una revisione più favorevole agli utenti deboli – i ciclisti – del Codice della Strada) all’organizzazione di campagne (centinaia gli eventi organizzati), alla promozione e alla cura della rete ciclo-viaria nazionale, quella fatta dalle “autostrade ciclistiche” (20.000 chilometri pianificati, 6.000 già realizzati).
Ogni anno a Maggio la FIAB realizza un censimento del ciclismo urbano, il “Giretto d’Italia”: per quanto non sistematico e condotto da volontari, rappresenta comunque l’unica consistente rilevazione della popolazione ciclistica nei maggiori centri del paese – ed offre numeri crescenti, anno dopo anno.
Tanta è stata la bontà del lavoro della FIAB che il finanziamento del Leadership Program le è stato garantito per un secondo anno. L’obiettivo dell’associazione di portare al 20% entro il 2020 gli spostamenti urbani in bicicletta non sembra fuori portata.
“Organizzando eventi e campagne diamo alla gente la possibilità di provare uno stile di vita diverso”, annota Giulietta Pagliaccio, dallo scorso aprile Presidente FIAB. “Molti se ne innamorano e finiscono per abbracciarlo”. Un duro lavoro, il suo, con criticità tipicamente italiane. “L’instabilità politica del nostro paese è per noi la sfida più grande. Sia a livello nazionale che a quello locale i nostri interlocutori politici cambiano in continuazione, e dobbiamo molto spesso ricominciare da capo ogni volta”.
Le opportunità turistiche
Con il suo numero infinito di mete da sogno, l’Italia ha le potenzialità per sfondare nel settore del cicloturismo. Le ciclovie Eurovelo 5, 7 ed 8 attraversano il paese, ed il network Bicitalia – naturalmente curato dalla FIAB – punta a fornire ai ciclo-escursionisti tutte le informazioni di cui possono avere bisogno (rotte, logistica, alloggi).
L’industria ciclistica nazionale
Italia vuol dire qualità. E riconoscimento internazionale. Nel 2012 nel paese sono state prodotte 2.190.075 biciclette complete, ma i dati più impressionanti arrivano dall’export: sono state vendute all’estero biciclette per un volume di 144 milioni di euro, e componentistica addirittura per 464 milioni (incremento del 15,7% dal 2011). La bilancia commerciale del settore è in attivo di 161 milioni. Il mercato potenziale è enorme e Pietro Nigrelli, direttore del settore ciclo dell’ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori), lo sa. “Dobbiamo guardare alla Germania”, dice. “Lì, sette milioni di cicloturisti spendono una media di 1.200 euro a testa l’anno, generando un fatturato di 9 miliardi di euro”. L’Italia, in effetti, può sembrare un grande mercato ma è ancora considerata una piazza secondaria, specie se paragonata ai colossi Germania, Olanda e Danimarca. Se si svilupperanno le corrette politiche a favore della bicicletta, l’Italia e i suoi 60 milioni di abitanti possono rappresentare la prossima miniera d’oro per l’industria ciclistica.