A Cambridge più di un quarto dei disabili si sposta in bicicletta, utilizzando quelle handbike che si “pedalano” con le mani. In un’ottica di diffusione della mobilità ciclistica in città più sicure e vicine a tutti gli utenti attivi della strada, rimane valida la questione delle barriere architettoniche da abbattere per facilitare gli spostamenti e una maggiore autonomia delle persone disabili.

In un articolo del Guardian la città di Cambridge viene presa a modello come sistema urbano adeguato per gli spostamenti in sella delle persone con disabilità. Il 33% di loro, infatti, utilizza quotidianamente una handbike per andare al lavoro. Eppure, secondo una recente ricerca di Transport for London, l’ente dei trasporti della capitale britannica, soltanto il 15% dei disabili utilizza la bicicletta, quando a poterlo fare sarebbe il 78% di loro, in gran parte scoraggiato dai costi dei mezzi e da un livello di sicurezza nel traffico insufficiente.

La diffusione della mobilità ciclistica – già una realtà a Cambridge dove il bike to work complessivo sta al 32% – è comunque legata alle politiche messe in atto a livello locale e nazionale. Motivo per cui sono indispensabili misure come quelle approvate in Italia nella Legge quadro poco prima di Natale. Utili a ogni latitudine sarebbero poi gli incentivi per l’acquisto di handbike, che secondo il Guardian arrivano a costare fino 3mila sterline, ovvero più di 3mila euro. Stesso discorso per le ebike, una conveniente ed ecologica alternativa agli scooter.

In Italia si sono diffusi alcuni esempi di sostegno alla mobilità ciclistica dei disabili. Ci ha provato tra le prime Torino, dove nel 2015 è entrato in funzione To-Handbike Sharing che mette a disposizione biciclette adatte agli spostamenti per chi non può pedalare. Per le prossime elezioni politiche Fiab si è mobilitata pubblicando sul sito un documento che intende presentare a tutte le forze politiche.