La Silicon Valley, azzardando un paragone, è quello che gli ambientalisti potrebbero chiamare un polmone verde. Una fitta foresta che non produce ossigeno, ma tecnologia e innovazione. La culla di start up e la casa delle multinazionali come Google e Facebook. Un posto che colpisce l’immaginario di tutti. Dipinta da alcuni come la nuova Eldorado, il volto dell’America progressista; criticata da altri come uno specchio per le allodole, la vetrina hipster degli Usa. Ma quanto pedalano in quell’angolo della California?
I dati sul bike to work tra il 2011 al 2015 sono incoraggianti per diverse realtà della valle del silicio. A Montain View, città di quasi 80mila abitanti, quest’abitudine giornaliera è crescita dal 3,8% al 6%; all’Università di Stanford si è invece passati dal 35,4% (sul totale dei dipendenti) al 44%; anche Palo Alto, meno di 70mila abitanti, ha visto crescere la propria fetta di bike to work al 9,3% del 2015 (nel 2011 era all’8,4%). Le cifre sono quelle della Silicon Valley Bike Vision, uno studio condotto anche grazie al finanziamento di Google, di Facebook e della Stanford University.
Studio che ha fissato un’istantanea del bike to work nella Silicon Valley. Dove, se è vero che il rischio incidenti viene spesso indicato come il freno principale al bike to work, vengono a galla anche altri motivi per cui le persone non si decidono a rinunciare all’automobile nella spola casa-ufficio. Scout Herhold, in un articolo sul The Mercury News, sostiene infatti che ancora in tanti accostano il bike to work alla stanchezza dovuta agli spostamenti. E non manca certo la scusa valida a ogni latitudine: la camicia sudata ancor prima di timbrare il cartellino.
“Rischio” che le aziende potrebbero evitare ai propri dipendenti allestendo spogliatoi. E dove non può l’impegno e la voglia di cambiare del ciclista, lì può la politica: nella Silicon Valley i comuni dovrebbero investire di più in piste protette, creando una vera rete ciclabile. Spesso non collegate fra loro, con attraversamenti pericolosi su strade anche a tre corsie, e poi la scarsità di ponti che allunga il percorso dei ciclisti. Criticità di quell’angolo della California che lo fanno assomigliare alle nostre realtà, dove non tutti i politici sono convertiti alla bici.