Casco obbligatorio. Uno studio rivela: scarsa protezione ma ottimo deterrente
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Ennesima conferma che il casco obbligatorio crea problemi e complicazioni senza risolvere quello per cui la norma è nata: ridurre le ferite alla testa dei ciclisti.
 
 

Eterogenesi dei fini, si dice così per descrivere le conseguenze non intenzionali (spesso dannose) di un’azione compiuta pensando di fare bene e di ottenere tutt’altro risultato.
Eterogenesi dei fini è ciò che ha ottenuto la Svezia, che ha introdotto nel 2005 il casco obbligatorio per i ragazzi ed ha visto ridurre il numero di giovani ciclisti, ma non quello delle ferite alla testa come da obiettivo iniziale.
 
 
Uno studio approfondito (la versione originale in svedese la si scarica qui) ha misurato l’efficacia della legge sul casco obbligatorio semplicemente verificando se le lesioni alla testa dei ciclisti si fossero ridotte più velocemente di altre lesioni. E in effetti questo succede, le lesioni alla testa si riducono; ma come si può vedere dal grafico 1 la medesima riduzione si ha per pedoni e automobilisti che però il casco non lo indossano (anche se farebbero bene, leggete più avanti).
 
 
Quindi, non è il casco che riduce l’incidenza delle ferite alla testa dei ciclisti, quanto piuttosto tutti gli altri provvedimenti presi per incrementare la sicurezza generale. Osservando bene il grafico si nota che non ci sono differenze particolari nell’andamento delle curve, ognuna delle quali si riferisce ad una categoria di utenti della strada. La riduzione del numero di lesioni alla testa è collegata dunque all’effetto di altri provvedimenti che valgono per tutti gli utenti, in bici a piedi o motorizzati.
 
Quanto sopra detto è stato recentemente pubblicato su Reflexen, rivista specializzata della Associazione Svedese Pianificatori Trasporti, e conferma, casomai ce ne fosse bisogno, i risultati osservati in altri paesi e pubblicati in analoghe e rigorose riviste, che sottopongono gli articoli a revisione di esperti prima di pubblicarli.
 
 

trauma cranico grafico 1
 
Andando avanti, il secondo grafico è ancora più illuminante. Riporta la percentuale di ciclisti che indossano l’elmetto e la confronta con il numero di ferite alla testa che ciclisti subiscono come quota di infortuni complessivi. La percentuale di lesioni alla testa tra i ciclisti (linea rossa fissa) rimane su una lenta tendenza al ribasso, come nel primo grafico, ma la percentuale di bambini che indossano caschi (linee spezzate) si innalza fin dall’inizio della legge nel 2005. Se l’uso del casco fosse efficace contro le lesioni alla testa ci si aspetterebbe un calo brusco e non un incremento!

 

trauma cranico bambini 0-15 grafico 2 

  
Erik Sandblom, l’autore dell’articolo, espone un punto di vista interessante: gli incidenti in bici avvengono a velocità ridotta per cui i ciclisti sono in grado di mettere le mani avanti e ripararsi la testa. Insomma, non si feriscono seriamente perché, casco o non casco, la testa non la battono. Per gli urti a velocità più elevata, i caschi sono superflui perché non abbastanza resistenti.
Ma lo studio conferma anche un altro effetto negativo della legge sul casco obbligatorio, vale a dire il calo dell’uso della bicicletta tra gli scolari. Nel 1983 il 57% dei bambini di età compresa tra 7-9 avuto il permesso dai loro genitori di andare a bici a scuola senza essere accompagnato da un adulto (eh, gli svedesi!) e per la fascia di età 10-12, il 94% ha avuto tale permesso. Nel 2007 le percentuali erano scese al 25% e 79%, rispettivamente. Non solo, i dati sulla quota di spostamenti scolastici in bicicletta mostrano una caduta dal 33% del 2006, un anno dopo l’entrata in vigore della legge, al 29% del 2012. L’evidenza suggerisce che l’effetto dell’introduzione per legge del casco è in primo luogo negativo: meno bambini che vanno in bicicletta a scuola.
 
 
Non bastasse, un rapporto danese ha mostrato lo stesso legame tra declino dell’uso della bicicletta a scuola e la promozione del casco e delle campagne di sicurezza incentrate sullo spaventare i potenziali utenti: la metà del calo dei ciclisti è stata causata da queste campagne, il resto è dovuto ad un insieme di altri fattori, come più traffico auto e lunghe distanze da percorrere per arrivare a scuola.
 
Questo ci fa capire come sia importante comunicare che andare in bici è semplice, non serve l’armatura ma solo attenzione e prudenza.
Ma se proprio il casco lo vogliamo mettere a qualcuno, mettiamolo a chi serve davvero, non ai ciclisti.
 
 
campagna ironica sull'uso del casco per automobilisti 

 
 
Proprio in Italia si è raccolto un dato interessante e poco conosciuto che varrebbe la pena di sottolineare. I numeri sono italiani al 100%, perchè vengono dall’ISTAT e dicono che i ciclisti con ferite gravi alla testa sono l’8% del totale, mentre automobilisti e pedoni subiscono ferite di questo tipo nel 40 e 39% dei casi rispettivamente.
Forse è meglio mettersi il casco prima di prendere l’auto…
 
 
La posizione di Fiab
 
 
Quelli sopra citati sono dati e studi. Fiab il casco lo consiglia, ma ovviamente ognuno è libero di fare come preferisce.
Certamente non va reso obbligatorio perché i ciclisti sono più sicuri se sono di più. Safety in numbers dicono in inglese, ovvero più ciclisti più sicuri. E’ necessario aumentare il numero dei ciclisti e per farlo servono provvedimenti di diversa natura e non caschi obbligatori e campagne che facciano percepire come pericoloso l’uso della bici.
Andare in bici è facile, veloce e anche sicuro! Non è complicato, basta un minimo di attenzione.
 
 
Francesco Baroncini