La sicurezza in bicicletta – Intervista ad Edoardo Galatola

La sicurezza in bicicletta – Intervista ad Edoardo Galatola

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Di seguito la terza intervista nell’ambito dell’iniziativa #ChiediloaFiab, a Edoardo Galatola, sulla tesi n° 6 “La sicurezza in bicicletta“, la sesta delle 11 tesi congressuali discusse al Congresso Nazionale di Arezzo.

Come anticipato, anche per la quarta intervista, la settimana prossima, è possibile inviare le domande per mail all’indirizzo chiediloafiab@fiab-onlus.it, oppure attraverso Facebook e Twitter. L’argomento della tesi numero 5 è “BICITALIA“, relatore Claudio Pedroni. [Si prega di inviare domande attinenti all’argomento].

Il nodo della tesi n°6, rispetto all’argomento sicurezza, sembra essere: più bici = meno incidenti, e viceversa. In sintesi: incentivare gli spostamenti in bici è già di per sé un modo per renderli più sicuri.

Nella tesi si fa riferimento alla Carta di Bruxelles, il cui obiettivo delle città aderenti (Milano e Reggio Emilia le italiane) è raggiungere il 15% degli spostamenti totali in bicicletta entro il 2020. Che risultati hanno raggiunto le due città? Chi ne monitora gli eventuali progressi?

Alla base di qualsiasi decisione servono dati. Ciò vale naturalmente anche per le politiche sulla mobilità. Bene, non esiste alcuna rilevazione sistematica e continuativa della mobilità ciclistica in Italia. L’unico istituto attivo è l’ISFORT che però fa una rilevazione annuale su scala nazionale basata su un campione di interviste telefoniche esiguo per  essere valido su scala locale. Peraltro la Carta di Bruxelles è stata firmata da circa 50 amministrazioni locali (su 18 paesi): di queste quasi il 40% sono italiane! Come faranno a raggiungere l’obiettivo se non ne monitorano l’andamento? Con riferimento a Milano e Reggio Emilia i dati pubblicati da “Bici in Città” – Numeri e buone pratiche sulla ciclabilità urbana in Italia – Bologna 3 marzo 2012 danno un modal split rispettivamente del 4% (dati 2009!) e del 15% (dati 2005!). Per contro il dato di Reggio Emilia (non aggiornato) è deludente per quanto concerne il TPL. Da queste brevi osservazioni risulta evidente come una rilevazione sistematica sia fondamentale, come emerso nel corso degli Stati Generali dell’ottobre scorso.

La proposta di legge FIAB per il risarcimento in caso di infortunio in itinere in bicicletta ha avuto centinaia di adesioni (Comuni, Province, Regioni). Cosa si dovrà aspettare ancora per la sua entrata in vigore? Quali i prossimi passi?

La campagna per l’equiparazione dello spostamento in bicicletta al TPL per l’infortunio in itinere ha avuto grande eco e forti adesioni, per la sua valenza sia pratica che simbolica. La proposta di legge è semplice ed è stata presentata in più di un’occasione, ma l’ultima legislatura è stata un vero buco nero per l’assenza di progettualità, l’abuso dei decreti legge rispetto al corretto iter parlamentare e i vincoli di spesa fino ai centesimi; infatti anche la nostra proposta non può definirsi, a rigore, del tutto a costo zero. È evidente che la battaglia è spostata alla prossima legislatura, nella quale sarà uno dei primi provvedimenti di cui chiederemo l’attuazione, nell’ambito, naturalmente, di un progetto organico di provvedimenti per la mobilità sostenibile.

La legge 366/98 per ora è l’unica che regola il finanziamento di interventi in favore della mobilità ciclistica, grazie ad un fondo del Ministero dei Trasporti. Ma è veramente applicata?

Da quando la legge, grazie a FIAB, è stata promulgata, ci siamo sempre mobilitati per la sua attuazione. È da rilevare che la sua applicazione è però ben lungi dall’essere sistematica. Occorrerebbe pertanto promuovere un Osservatorio per verificarne l’attuazione. Occorre infine promuovere l’accesso ai fondi dell’Unione Europea per gli interventi in favore della mobilità ciclistica, con l’ausilio tecnico di ECF che ha sottolineato come l’Italia sia tra i Paesi che li sfruttano di meno.

Nell’ultimo anno ci sono stati diversi episodi di cronaca che hanno portato all’attenzione il problema della sicurezza dei ciclisti. Come siamo messi da questo punto di vista?

Il problema della sicurezza dei ciclisti va affrontato da diversi aspetti. Complessivamente il fenomeno, nonostante la percezione mediatica, è in riduzione. Negli ultimi 10 anni i morti si sono ridotti del 13%, a fronte di una percezione consolidata di aumento della mobilità ciclistica. Nello stesso periodo, però i morti in auto sono calati del 56%. È evidente pertanto l’urgenza, come richiesto dall’Unione Europea (4° programma quadro 2011-2020), di attuare provvedimenti per la protezione dell’utenza debole e per una profonda rivisitazione del sistema mobilità dei nostri centri urbani, partendo da campagne come quella salvaiciclisti o quella sulla diffusione delle zone30. È anche urgente una modifica al Codice della Strada, per il quale abbiamo presentato un pacchetto organico di proposte.

Ma cosa deve fare un ciclista per aumentare la sua sicurezza, reale e percepita? E le associazioni territoriali?

Come detto l’aumento del numero dei ciclisti migliora anche la sicurezza. I ciclisti però devono avere anche un comportamento responsabile. È indispensabile la conoscenza del Codice della strada, anche nei suoi aspetti più controversi, sia per tutelarsi che per far valere i propri diritti. Soprattutto i ciclisti devono essere e rendersi visibili, sia nei comportamenti (segnalazione spostamenti, posizione nella carreggiata) che nelle dotazioni della bici e negli indumenti. Non è infatti ammissibile che oltre la metà delle biciclette in circolazione siano ancora sprovviste di sistemi di illuminazione efficaci. Le associazioni devono promuovere inoltre l’informazione (brochure, corsi, iniziative pubbliche), la gestione di specifici Osservatori (su mobilità, incidentalità, applicazione 366) oltre ad una costante pressione sulle amministrazioni locali.

Le amministrazioni non intervengono in favore della mobilità ciclistica o intervengono male: mancanza di competenza o cattiva fede? Eppure nella tesi si fa riferimento a studi che dimostrerebbero come la situazione attuale porti più costi che benefici (100 miliardi di euro all’anno tra spese sanitarie, emissioni, ecc). A chi fa comodo che le cose restino così?

Quello che paghiamo oggi sia su scala nazionale che locale è l’assenza di progettualità, di una visione e della capacità di comunicarla. Il consenso viene cercato nel contingente, si risparmia con tagli lineari alla spesa e non si contabilizzano i costi indiretti delle attuali politiche della mobilità . In questo contesto la mobilità ciclistica, non costituendo un’emergenza, ma un progetto ed una visione del bene comune spesso finisce in secondo piano. Il timore è che questa situazione non faccia comodo a nessuno, ma che manchi proprio intelligenza politica. È quindi necessario lavorare sempre di più sui nostri amministratori.

Tra meno di un mese ci sono le elezioni. In che modo FIAB può imporre ai partiti, prima e dopo, il tema della mobilità nuova (bici, pedonalità, trasporto pubblico)?

Al momento è stringente vincolare con patti ferrei i referenti politici locali che ci rappresenteranno su scala nazionale. Immediatamente dopo dobbiamo procedere con la formazione di un intergruppo parlamentare con un programma e un’agenda ben precisi e dobbiamo dare evidenza dei lavori in modo costante ed a stretto contatto con i media. Da questo punto di vista quanto prodotto a Reggio Emilia nel corso degli Stati Generali della ciclabilità e della mobilità nuova costituisce un insieme di azioni già ben delineato. Nell’ultima legislatura abbiamo fatto prove tecniche che hanno rodato la macchina, ma i risultati dobbiamo ottenerli nella legislatura che sta per incominciare.

Edoardo Galatola, lodigiano, è il responsabile sicurezza FIAB. Ingegnere, esperto di sicurezza e analisi rischi, ha promosso e seguito la costituzione dell’Intergruppo parlamentare Amici della Bicicletta nella passata legislatura ed ha coordinato il Comitato Scientifico degli Stati Generali della Bicicletta di Reggio Emilia (vedi anche nel sito Area Tecnica).