Le biciclette sono presenze gentili nelle città. Ma allora perché ci sono i partiti anti-ciclisti?

Le biciclette sono presenze gentili nelle città. Ma allora perché ci sono i partiti anti-ciclisti?

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“Non sono mai, mai andata in bicicletta in città da adulta o da bambina”. Eppure Madeleine Giey, 37 anni residente a Montreal in Canada dove abita con marito e due figli, ha iniziato a pedalare nel momento in cui il comune ha iniziato a costruire infrastrutture serie per i ciclisti. Accompagna i bambini a scuola pedalando e poi dritta al lavoro, sempre in sella. Questa è una delle testimonianze più istruttive contenute in un lungo approfondimento pubblicato sulla rivista Economist nei giorni scorsi e che ha generato un interessante dibattito nel mondo delle associazioni bike friendly a livello internazionale. “Dimenticate le auto elettriche. La mobilità ciclistica sta rivoluzionando i trasporti”, è il titolo dell’articolo.

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Una casa avanzata nei fatti (manca soltanto la segnaletica orizzontale)

Per avere più biciclette servono più ciclabili

“I sondaggi – si legge nell’articolo dell’Economist – mostrano che il tasso di mobilità ciclistica è più alto nei paesi in cui i ciclisti si sentono più sicuri. E ci sono poche cose che rendono i ciclisti più sicuri delle corsie che li separano dalle auto”. Ciclabili, dunque, torniamo sempre a loro. FIAB da sempre svolge un lavoro costante sui territori e in ambito nazionale per chiedere investimenti sulle infrastrutture. Perché da lì passa la soluzione. Per convincere le persone, meglio, per far sì che le persone abbiamo più voglia di pedalare, ebbene devono sentirsi più sicure quando lo fanno.

Un esempio di ciclabile umana organizzata a Milano

In un documento di qualche anno fa, redatto dal Centro Studi di FIAB, sono stati elencati gli elementi che compongono una buona rete ciclabile ed è bene ribadirli perché la pista ciclabile non ha senso se non è inserita in un network. Ecco perché occorrono le corsie ciclabili, i doppi sensi ciclabili, le case avanzate ai semafori, la possibilità di pedalare nelle corsie preferenziali degli autobus, le zone scolastiche e le strade urbane ciclabili. Nessuna di queste condizioni è sufficiente, ma tutte sono necessarie per cambiare.

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“Le ciclabili ci tolgono spazio”. Ma è proprio così?

Ritorniamo all’articolo dell’Economist, perché c’è un altro dato che sorprende. Sempre a Montreal, la città con i livelli di spostamenti in sella più alti in nord America, i critici potrebbero pensare che le auto non abbiano spazio. Sbagliato: le bici occupano appena il 2%, mentre le auto ne ingombrano l’80%. Sono numeri che dimostrano la presenza gentile di un mezzo tanto antico quanto innovativo.

Troppe-auto
Le bici rubano spazio?!

Perché c’è chi odia i ciclisti?

Eppure, chissà perché, le biciclette e i ciclisti sono spesso i nemici numero 1 nel traffico urbano, colpevoli perché ruberebbero spazio, perché esistono nelle città e pretendono di pedalare in sicurezza senza rischiare la vita. Negli ultimi anni, nel calderone dei populismi, sono emersi veri e propri partiti anticiclisti, come in Repubblica Ceca, dove alle ultime elezioni il partito degli Automobilisti per se stessi  ha raccolto il 6,8% di consensi. Cifre da prendere molto sul serio, perché il consenso contro i ciclisti e contro le politiche ambientali si sta organizzando.

Bimbimbici a Verona 2025

Ci siamo occupati del fenomeno, noto come bikelash. Termine che riassume una certa attitudine all’avversione verso i ciclisti. E a cui – attenzione attenzione – non si risponde usando la stessa retorica populista. Perché la ciclabilità nel momento in cui diventa bene comune riduce automaticamente l’odio irrazionale verso i ciclisti.

Negli anni FIAB ha avuto contatti costanti e proficui con amministratori e politici lungimiranti. Ci sono, in ogni schieramento, e comprendono l’importanza della mobilità attiva. Le ultime occasioni di incontri sono state durante la Bicistaffetta 2025 da Como a Lucca, così come per Bike Link Sud tra Campania, Basilicata e Calabria. Sono numerosi i politici a ogni livello che stanno investendo a favore della mobilità dolce, per il bene comune.

Gli esempi di città che sono cambiate nei decenni grazie alle scelte e alle abitudini dei singoli e al lavoro delle associazioni valgono come best practice. Viviamo in un’epoca in cui i populismi prendono di mira i ciclisti e dove i rischi di passi indietro ci sono. Ma negli ultimi anni, specie dopo la pandemia, l’Economist ha sottolineato che qualcosa si sta muovendo: “A Tokyo il 23% degli uomini d’affari è passato al lavoro in bicicletta per evitare la folla sul treno”; “in un sondaggio americano il 18% degli intervistati ha dichiarato di aver acquistato una bicicletta, molti di loro per la prima volta in assoluto”. Le cose cambiano e molto spesso in meglio. Ed è bene che si sappia.