Maleducazione sui pedali? No, grazie [3° puntata]
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di Stefano Gerosa

 

Segue da 2° puntata (I ciclisti non sono maleducati (basta campagne denigratorie!)

 

Le accuse di maleducazione ai ciclisti .. arma di distrazione di massa. Parliamo d’altro?

 

Abbiamo parlato, nella 2° puntata, delle campagne denigratorie, irrazionali e “di pancia” scatenate da certa stampa contro chi usa la bicicletta, che non costituiscono certamente una discussione utile e seria sui problemi della mobilità e dell’educazione stradale.

 

Al di là del fastidio che ci possono dare, credo dovremmo lavorare per riportare il dibattito soprattutto sul piano della proposta politica (che è poi quello che i nostri avversari temono di più) ed evitare di cadere nella trappola del litigio sui comportamenti personali della supposta “categoria”.
E, lo ripeto, già è insensato pensare che il ciclista urbano sia una categoria a se, quando invece è un cittadino che in quel momento sta usando una bicicletta e,  in altri momenti, sarà anche pedone, automobilista, utente del mezzo pubblico, ecc.

 

Quando parlo di proposta politica mi riferisco alle scelte che si vogliono fare per la mobilità. Sono scelte che dipendono, in estrema sintesi, da quali città vogliamo. La nostra visione è chiara: incentivazione della mobilità sostenibile (mezzi pubblici, mobilità ciclistica e pedonale), disincentivazione del mezzo privato a motore e  riqualificazione della vivibilità urbana (anche con la moderazione del traffico, velocità 30, zone ambientali, ecc.). In sintesi: città per le persone, non per le auto.
E’ scorretto e strumentale, come dicevo, cercare di eludere queste proposte con argomenti che escono totalmente dal merito, come il comportamento dei ciclisti.
Se si discute sulla proposta di costruire un’autostrada, ad esempio, si ragiona sulla sua necessità, convenienza economica, impatto ambientale, ecc.. Nel dibattito pubblico sull’opportunità o meno di realizzarla non entrerà in gioco il fatto che le statistiche nazionali rappresentino un comportamento scorretto di molti cittadini al volante, causa di incidenti. Questa considerazione inciderà piuttosto su altri provvedimenti di educazione o repressione  o, al limite, su alcuni criteri tecnico-realizzativi dell’autostrada stessa per aumentarne la sicurezza e la vigilanza.

 

Fatte le scelte su “quale mobilità”, hanno certamente rilevanza anche le politiche di educazione stradale ma, anche in questo caso, le campagne denigratorie non ci azzeccano. L’educazione stradale non può essere segmentata per categoria. Ci sono, certo, regole e comportamenti  anche diversi a seconda del mezzo che si usa. Tuttavia è evidente che l’educazione stradale è rivolta al cittadino in quanto tale ed è indubbio che in Italia questa educazione scarseggia, e vada quindi potenziata. Per i giovani e per gli adulti. Nelle scuole, come nelle scuole-guida.  (nota 1)
Lo stesso vale per le politiche di controllo e di sanzione alle violazioni delle regole della strada: i pubblici ufficiali che le rilevano non possono omettere, a seconda della gravità, il richiamo o la sanzione, che si tratti di pedoni, ciclisti, automobilisti o violinisti!

 

All’insopportabile domanda-tormentone “allora voi della FIAB siete d’accordo che il ciclista indisciplinato va multato?” io non rispondo. Questa domanda è  un’offesa al buon senso.  Un pubblico ufficiale, nelle modalità previste dalla legge, constata e contesta la violazione di una norma e quindi applica la relativa sanzione. Così deve essere per tutti. Punto.
Se volete posso contestare una specifica regola, dire che andrebbe cambiata, ma non la sanzione finché la regola c’è. Così com’è sbagliato sostenere che non va sanzionato l’evasore fiscale che non ha pagato un’imposta che si ritiene ingiusta.
Resta fermo che, nei singoli casi concreti, ci si può anche opporre quando si ritiene che la violazione non sussista, non sia avvenuta, o che la sanzione sia spropositata, ecc. Lasciamo pure la materia agli avvocati.

 

Si può e si deve invece contestare ogni stupida “caccia alle streghe”, specialmente se deriva da scelte politiche totalmente irrazionali e demagogiche. Quando, a fronte della scarsità di mezzi e di uomini delle forze dell’ordine, si tratta di fare delle scelte di priorità, credo che la politica seria debba guardare non tanto alle campagne giornalistiche “da bar” ma più seriamente alle statistiche sull’incidentalità, concentrando gli sforzi dove veramente è utile per evitare morti e feriti. Ad es. si controlli maggiormente, sanzionando ove occorre, gli autoveicoli che violano sistematicamente i limiti di velocità (e spesso uccidono). O che, sostando dove non consentito (seconda o terza fila, in curva, su attraversamenti pedonali, scivoli per carrozzelle, corsie ciclabili…) mettono gravemente in pericolo altri utenti della strada.

 

Nota 1:  FIAB, sia attraverso Bimbimbici, sia attraverso tante iniziative delle associazioni locali, entra da anni nelle scuole per iniziare l’educazione stradale sin dai banchi di scuola. Quindi FIAB, spesso purtroppo a differenza delle istituzioni e della stampa, si impegna in una campagna di educazione concreta (e non basata su chiacchiere).

 

 

Scrivo queste mie considerazioni, suddivise in più articoli, come contributo di riflessione per i dirigenti ed attivisti della FIAB, talvolta interrogati sull’argomento da giornalisti, amministratori o cittadini.  Anche se penso possano interessare chiunque segue il nostro sito.
Alcuni dirigenti di associazioni della FIAB mi hanno dato una mano, correggendo ed integrando queste mie considerazioni, aiutandomi a migliorarle. Li ringrazio tutti. Precisando che, nello spirito di questa rubrica, questo e gli articoli che seguiranno non esprimono posizioni ufficiali di FIAB ma soltanto idee personali dell’autore che se ne assume tutte le responsabilità.

 

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