Ma non è una cosa seria (ovvero le scuse per non andare in bici)
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di Bepo Merlin, già Direttore FIAB
(dalla sua rubrica “el canton del Bepo” su Ruotalibera, rivista di FIAB Verona)

 

Le scuse per non andare in bicicletta, o a piedi o con i mezzi pubblici, sono più numerose e fantasiose di quelle che –si dice- accampano le mogli nei confronti dei mariti per sottrarsi al famoso (un tempo) “dovere coniugale”.

 

E’ un dato di fatto che non tutti possono rinunciare facilmente all’uso dell’auto o della moto, per mancanza di alternative, ma almeno il 50 per cento delle automobili che si vedono in giro per la città a tutte le ore del giorno potrebbero tranquillamente restare a riposare nei garage o non uscire mai dalle concessionarie.

 

“Ho fretta di arrivare” è la scusa tipica di chi usa l’auto come una protesi del suo corpo. Sempre di corsa, a parte quando staziona davanti alla TV o al computer o al bar, non si rende nemmeno più conto di quanto tempo perda andando in auto anziché con mezzi più umani. “Ho fretta di arrivare” è stato la frase che mi ha convinto a usare la bicicletta per andare al lavoro per 25 anni. Avevo scoperto, infatti, che la bicicletta, nelle ore di punta, era il mezzo più veloce di tutti e sempre era il più affidabile. Sorvolo sull’economicità.

 

“Devo portare i bambini a scuola”. Brava o bravo! Così togli loro il piacere di una passeggiata in compagnia di altri bambini, che permetterebbe loro, oltre che di conoscersi meglio e di sentirsi più autonomi, anche di vedere diversamente le strade della loro città, scoprendo particolari che dal finestrino dell’auto scompaiono nella confusione.

 

“Sono anziano e l’auto mi è di grande aiuto”. A volte. Di solito l’auto ti aiuta a scivolare pian piano nella dipendenza assoluta. L’anziano ha estremo bisogno di muoversi con le sue gambe, altroché in auto. Camminare e andare in bicicletta, con costanza, aiuta a tenersi in forma fisica e mentale e favorisce le relazioni umane. Invece le nostre strade, specialmente di mattina, brulicano di “pantere grige” che girano –come si dice da noi- come “ave mate”, spesso senza una meta prestabilita.

 

Ma la scusa più fantasiosa è quella di certi nostri amministratori che sostengono che le nostre città sono medievali, hanno le strade troppo strette. Quindi non si possono costruire le ciclabili. A parte il fatto che noi non chiediamo ciclabili a tutti i costi, bensì ciclabilità, vorrei capire chi ha messo in testa a questi signori che le altre città europee hanno tutte strade molto larghe. Evidentemente hanno in mente i vialoni di Londra, Berlino e Parigi, ma ignorano le centinaia di cittadine splendide e piene di biciclette, le cui strade, medievali come quelle di Verona, proprio perché strette, vengono interdette alle automobili.

Mentre qui da noi la zona trenta è regno incontrastato di SUV, furgoni e auto di ogni tipo.

D’accordo: noi siamo diversi, ma forse, a volte, la diversità non è proprio un pregio.