Si allunga sempre più la lista dei Comuni, alcuni molto importanti, oltre a Provincie e Regioni, che hanno aderito alla petizione FIAB per il riconoscimento dell’infortunio in itinere per i ciclisti.
Nonostante le numerose ed autorevoli adesioni la proposta di legge della FIAB, depositata da alcuni parlamentari, giace ancora nel cassetto.
Chiediamo a Guglielmo Corsalini, coordinatore dell’Avvocatura regionale dell’INAIL per le Marche e docente a contratto presso l’Università di Macerata, di spiegarci qual è lo stato attuale e se, in attesa dell’approvazione di una modifica normativa, è possibile un’interpretazione di quella vigente più favorevole al lavoratore ciclista.
Avvocato Corsalini, chi va al lavoro in bicicletta è tutelato o no dall’INAIL?
I lavoratori vengono indennizzati dall’INAIL non solo quando subiscono un infortunio in occasione di lavoro o quando contraggono una malattia professionale, ma anche quando incorrono in un sinistro durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro (v. art. 12 del decreto n. 38 del 2000). Questo evento, noto come infortunio in itinere, viene garantito a prescindere dal mezzo di locomozione utilizzato e dalle modalità di spostamento. La protezione viene però esclusa nel caso di uso del mezzo di trasporto privato, come la moto o l’auto, quando tale uso non sia ‘necessitato’ (“L’assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato”), ossia quando, per la brevità della distanza da coprire (per la giurisprudenza un chilometro circa), si possa effettuare il percorso a piedi senza disagi o quando il tragitto sia adeguatamente coperto da servizio pubblico di trasporto.
Quindi, in sostanza, quando esiste un “mezzo pubblico”, se mi reco al lavoro in bici, non sono tutelato?
Come ha voluto ribadire di recente la Corte di Cassazione (n. 7970/12 e n. 15059/12), anche l’utilizzo della bicicletta, essendo essa mezzo di trasporto privato, non merita tutela quando, appunto, non sia ‘necessitato’.
Parlando a titolo personale, mi sentirei di ritenere questo orientamento non in linea con il principio costituzionale di ampia tutela di chi lavora. In effetti, sebbene la bicicletta sia sicuramente un mezzo privato di locomozione, va tuttavia sottolineato che tale mezzo, assolutamente economico e competitivo sulle brevi distanze, può costituire una risorsa importante per decongestionare il traffico, rendere più efficiente la mobilità, migliorare la salute dei cittadini, salvaguardare l’ambiente.
Proprio per queste ragioni la FIAB ha presentato una proposta di legge volta ad estendere la tutela dell’infortunio in itinere in bicicletta anche in ipotesi in cui tale uso non sia ‘necessitato’. In tal senso qual è stato l’orientamento dell’INAIL?
L’INAIL non è rimasto insensibile alle istanze di maggior tutela del lavoratore ‘ciclista’ e ha fornito in merito nuove istruzioni operative, chiarendo che l’uso della bicicletta va sempre tutelato quando per recarsi al lavoro si percorrano piste ciclabili o zone interdette al traffico; ciò nondimeno l’Istituto, considerato il dettato della norma tuttora in vigore, ha dovuto confermare l’esclusione della tutela nei casi in cui l’uso della bici non sia ‘necessitato’, anche quando si tratti di mezzo messo a disposizione dei cittadini da parte di una pubblica amministrazione (servizio di bike-sharing).
A questo punto, quindi, a parte rare eccezioni (vista, tra l’altro la “scarsità” di ciclabili e zone interdette al traffico), la situazione per i ciclisti cambia ben poco. Cosa fare?
A questo punto, per il più esteso riconoscimento di tale tipo di infortunio, non resta che attendere l’intervento del legislatore, magari con l’accoglimento della proposta di legge presentata dalla FIAB o, addirittura, con una risoluzione più coraggiosa, da me auspicata in diversi scritti e convegni (naturalmente a titolo personale e senza alcun coinvolgimento dell’Ente che mi onoro di difendere), che comporti l’abrogazione di quella parte dell’articolo 12 citato nella quale si condiziona la protezione del viaggio per recarsi o tornare dal lavoro a un uso ‘necessitato’ del mezzo privato; in altre parole, dovrebbe contare soltanto il fatto che si sta percorrendo il tragitto lavorativo e non come ci si sta spostando: “Dimmi dove vai (non come vai) e ti dirò se sei assicurato”!
Nell’attesa fiduciosa di una modifica normativa, null’altro da fare?
Forse si può intanto giungere a un’interpretazione della norma e delle stesse istruzioni INAIL più favorevole al lavoratore. In effetti, come sostiene la Suprema Corte, la legittimità dell’uso del mezzo privato va individuata in relazione ad un criterio di ‘normalità-razionalità’ che tenga conto degli standards comportamentali esistenti nella società civile, rispondenti a valori guida dell’ordinamento, e, se è vero che l’impiego di una moto e, ancor più, dell’auto, può non essere giustificato per percorrere tratti di strada brevi o coperti da mezzi pubblici, la stessa cosa non può forse dirsi nel caso di uso della bici. In particolare, si potrebbe giungere a ritenere che, a differenza di quanto avviene nel caso di uso degli altri mezzi privati di locomozione, quando il lavoratore usi la bicicletta, anche per percorrere poche centinaia di metri, tale utilizzo sia “necessitato”, nel senso appunto di “giustificato” secondo il criterio di ragionevolezza; lo stesso dicasi nel caso in cui il tratto di strada, non eccessivamente lungo, sia altrimenti percorribile con mezzi pubblici che comportino un qualche disagio o comunque una perdita di tempo relativamente importante. In conclusione, nel dubbio è certamente preferibile proteggere il lavoratore (art. 38 Cost): questo è Diritto!
Guglielmo Corsalini, è avvocato abilitato a difendere dinanzi alle più alte magistrature e coordinatore dell’Avvocatura regionale dell’INAIL per le Marche. È inoltre professore a contratto presso l’Università di Macerata, dove ha insegnato “Disciplina dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali” e “Diritto Civile”. È relatore in convegni, seminari e corsi di aggiornamento. È autore di numerosi articoli, saggi e di due libri “Gli infortuni sulle vie del lavoro”, Cedam, 2005; “Gli infortuni in itinere. Estensione della tutela e risarcimento del danno”, IPSOA, 2009. Le opinioni riportate in questa intervista sono espresse a titolo personale e non impegnano in alcun modo l’INAIL.