Parlamento News: notiziario del 02.09.2013
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 Notizie dal Parlamento

Camera/Senato. Risorse non utilizzate destinate a piste

Una ricognizione dello stato di attuazione del 1° e 2° Programma nazionale della sicurezza stradale, prevedendo che le risorse destinate a interventi non ancora avviati siano revocate per essere utilizzate per ulteriori iniziative di miglioramento della sicurezza stradale, concernenti prevalentemente, come specificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, lo sviluppo e la messa in sicurezza di itinerari e percorsi ciclabili e pedonali. La prevede l’articolo 20 del cosiddetto decreto del fare approvato in via definitiva il 9 agosto.

Di seguito il link al testo:

http://www.camera.it/leg17/995?sezione=documenti&tipoDoc=lavori_testo_pdl&idLegislatura=17&codice=17PDL0008950&back_to=http://www.camera.it/leg17/126?tab=2-e-leg=17-e-idDocumento=1248-B-e-sede=-e-tipo=

Camera. Il ministro Giovannini “risponde” alla Fiab

“Nell’ipotesi in cui il lavoratore affronti il traffico veicolare a bordo del mezzo di trasporto privato esponendosi, per sua libera scelta, ad un rischio maggiore rispetto a quello gravante sugli utenti dei mezzi pubblici di trasporto (cosiddetto rischio elettivo), occorrerà, ai fini dell’indennizzabilità dell’evento lesivo, verificare la necessarietà dell’utilizzo del mezzo suddetto”. Questa la risposta scritta data dal ministro del Lavoro Enrico Giovannini, martedì 16 luglio, all’interrogazione di Ermete Realacci del Pd con la quale , anche sulla base della campagna promossa dalla Fiab, si chiedeva di estendere l’applicabilità dell’«indennizzabilità» dell’infortunio in itinere. Nella risposta, Giovannini dichiara che la legislazione vigente in materia non consente di estendere ulteriormente, per via interpretativa, la tutela degli eventi occorsi in itinere. Per il ministro le istanze avanzate dalla Fiab potrebbero quindi “trovare accoglimento solo a condizione di introdurre modifiche normative invero difficilmente compatibili con l’attuale assetto sistematico della materia”.

Di seguito il testo dell’atto e la risposta del ministro:

  REALACCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   sulla spinta di un pesante rincaro dei carburanti ma anche di una crescente sensibilità ai temi dell’ambiente e del progressivo aumento delle piste ciclabili, il ricorso alla bicicletta, la propria o una di quelle disponibili tramite i servizi di bike-sharing, si sta sviluppando anche quale valido mezzo di trasporto per coprire il «tragitto casa-luogo di lavoro»;
   il crescente uso della bicicletta si contrappone poi a strade sempre più caotiche e trafficate con gravi pericoli per i ciclisti;
   a questo proposito, anche attraverso un’efficace azione di sensibilizzazione e di tutela per quanti scelgono la bicicletta per recarsi a lavoro promossa dalla FIAB-Federazione italiana amici della bicicletta, l’Inail si è pronunciato nel senso di ritenere che, ai fini dell’«indennizzabilità» dell’infortunio in itinere, l’indagine sul carattere di necessità d’uso della bici sia valida in mancanza di altro mezzo utile e/o solamente nei casi di evento lesivo avvenuto su strade aperte al traffico di veicoli a motore. Perciò vanno quindi tenuti distinti gli incidenti occorsi su piste ciclabili o zone interdette al traffico o misti;
   la bicicletta è come detto un mezzo di trasporto al quale ricorrono un numero sempre crescente di cittadini per i trasporti urbani anche come proposta di mobilità sostenibile nelle città. Inoltre non si dimentichi come il ciclo turismo stia diventando un tipo di vacanza sempre più diffusa tra gli italiani;
   una rete di piste ciclabili estesa, percorsi davvero protetti, segnaletica ad hoc, ciclo-parcheggi sono peraltro presupposti indispensabili per favorire la mobilità in bicicletta, insieme ad un’adeguata politica di sensibilizzazione all’uso di questo mezzo di trasporto;
   si pensi ad esempio che anche il consiglio comunale di Bologna, città importante e in cui l’uso della bicicletta è ampiamente diffuso, ha approvato più di un anno fa e all’unanimità, il 23 gennaio 2012, un ordine del giorno a sostegno della campagna FIAB per una copertura INAIL completa anche in presenza di possibile utilizzo di altro mezzo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione e non ritenga utile assumere ogni iniziativa di competenza, anche valutando la possibilità di adottare una circolare ministeriale, per dare seguito alla petizione popolare promossa dalla FIAB in cui viene chiesto che l’infortunio occorso al lavoratore che si reca a lavoro in bicicletta sia sempre riconosciuto a prescindere dal luogo in cui esso accade o dalla necessità di utilizzare la bicicletta come solo mezzo di trasporto per recarsi dalla propria abitazione al luogo di lavoro. (4-00018)
  Risposta. — Con riferimento all’interrogazione in esame, con cui si chiede che l’infortunio occorso al lavoratore che si reca al lavoro in bicicletta sia sempre riconosciuto, a prescindere dalla necessità dell’uso del mezzo privato e del luogo in cui esso accade, si rappresenta quanto segue.
  L’attuale disciplina in materia di infortunio in itinere è contenuta nell’articolo 12 del decreto legislativo n. 38/2000 che, recependo i principi interpretativi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, stabilisce i criteri in presenza dei quali opera l’assicurazione infortunistica.
  Al riguardo, elemento necessario è che l’infortunio si sia verificato durante il normale tragitto che collega il luogo di abitazione da quello di lavoro, percorso a piedi o con mezzo pubblico di trasporto. La copertura assicurativa è altresì garantita anche nei casi di utilizzo di un mezzo di trasporto privato purché «necessitato», mentre è esclusa nel caso di deviazioni o interruzioni dal normale tragitto non necessitate.
  Nel silenzio del legislatore, la giurisprudenza recente (da ultimo Consiglio di Stato adunanza generale, parere 22 febbraio 2011, n. 808) ha interpretato il concetto della «necessità» del mezzo privato secondo un criterio di «ragionevolezza», intendendo con ciò far riferimento non solo alle esigenze organizzative dell’attività lavorativa, ma altresì alle esigenze di vita familiare del lavoratore.
  L’articolo 12 del citato decreto, inoltre, pur non facendo espresso riferimento alla bicicletta, non subordina l’indennizzabilità dell’infortunio in itinere all’utilizzo di particolari mezzi di trasporto.
  Sulla base di tali premesse, con riferimento all’indennizzabilità degli infortuni in itinere occorsi utilizzando la bicicletta, l’Inail ha impartito istruzioni nel senso di ritenere che l’uso necessitato della bicicletta, per assenza o insufficienza dei mezzi pubblici di trasporto o per la non percorribilità a piedi del tragitto (considerata la distanza tra l’abitazione e il luogo di lavoro), costituisca discrimine ai fini dell’indennizzabilità soltanto quando l’evento lesivo si verifichi nel percorrere una strada aperta al traffico di veicoli a motore e non invece quando tale evento si verifichi su pista ciclabile o zona interdetta al traffico.
  Infatti, nell’ipotesi in cui il lavoratore affronti il traffico veicolare a bordo del mezzo di trasporto privato esponendosi, per sua libera scelta, ad un rischio maggiore rispetto a quello gravante sugli utenti dei mezzi pubblici di trasporto (cosiddetto rischio elettivo), occorrerà, ai fini dell’indennizzabilità dell’evento lesivo, verificare la necessarietà dell’utilizzo del mezzo suddetto.
  Viceversa, nell’ipotesi in cui il lavoratore non si esponga al suddetto rischio, aggravato dalla scelta del mezzo di trasporto privato, percorrendo una pista ciclabile e/o un percorso protetto ed interdetto al traffico dei veicoli a motore, l’eventuale infortunio occorso su tale tragitto dovrà essere indennizzato a prescindere dalla valutazione della necessarietà del mezzo stesso.
  Sulla base di tali considerazioni, si fa presente che la legislazione vigente in materia non consente, al di fuori dei limiti descritti, di estendere ulteriormente, per via interpretativa, la tutela degli eventi occorsi in itinere.
  Conclusivamente, si osserva che le istanze avanzate dalla Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) potrebbero trovare accoglimento solo a condizione di introdurre modifiche normative invero difficilmente compatibili con l’attuale assetto sistematico della materia.
Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali: Enrico Giovannini.

Senato. Pista ciclabile o viale alberato?

Nel basso salento, in una zona denominata il Vignale, 22 grandi alberi di pino italico della città di Nociglia rischiano di essere abbattuti per via di una recente delibera comunale, al fine di dare seguito al progetto di una pista ciclabile finanziata dalla Regione Puglia. A segnalare il problema  Barbara Lezzi del Movimento 5 stelle, con un’interrogazione presentata al Senato il 7 agosto. Secondo la parlamentare, la pista ciclabile è stata progettata sul lato della balaustra, mettendo a rischio i pedoni che si affacciano per godere del panorama del Parco dei Paduli, e non invece sul lato, più ampio, posto sul margine strada dove la pista potrebbe essere realizzata invece senza danneggiare gli alberi. Lezzi e gli altri firmatari del testo ritengono in alternativa più utile realizzare un marciapiede da portare in sterrato per allargare le aiuole e per definire una pista che potrebbe  essere ubicata in parte sul marciapiede stesso e in parte sulla carreggiata. Altra ipotesi proposta dagli interroganti quella di ubicare la pista sul lato strada del marciapiede, e spostare una delle due corsie della pista ciclabile, o entrambe, nella parte bassa, ai piedi del terrapieno del Vignale.

Di seguito il testo dell’atto:

LEZZI, DONNO, BUCCARELLA, MORONESE, NUGNES – Ai Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle infrastrutture e dei trasporti – Premesso che:
nel basso Salento da diversi mesi è in corso una mobilitazione popolare pacifista crescente in difesa degli alberi di pino italico della città di Nociglia, in provincia di Lecce, che sta coinvolgendo sempre più cittadini, comitati ed associazioni, locali e non;
ben 22 grandi alberi di pino italico in perfetta salute oggi rischiano di essere abbattuti per una contestatissima recente delibera comunale, al fine di dare seguito al progetto di una pista ciclabile finanziata dalla Regione Puglia;
si tratta dei pini della specie “Pinus pinea” (anche detti pini domestici, o da pinoli, per i commestibili pinoli che producono, o ad ombrello, o italici, o d’Italia), che impreziosiscono uno scorcio incantevole e pittoresco della città, il corso di via Onorevole Manfredi, che borda il borgo sul lato occidentale della sua periferia, e che dai locali viene chiamato il “Vignale”, o anche impropriamente il “lungomare” nocigliese, sebbene guardi in posizione panoramica, non sul mare, ma nell’entroterra, sul mare argenteo di ulivi di quello che è divenuto recentemente, tra la gioia della gente del luogo, il regionale “parco naturale dei Paduli e della antica foresta Belvedere”, nel cuore del basso Salento, del quale Nociglia e diversi comuni dell’entroterra apulo-salentino tra Otranto e Gallipoli fanno parte. Questi pini poi schermano alla vista le più recenti abitazioni di periferia, di minor pregio artistico architettonico, per chi osserva Nociglia dal cuore del parco dei Paduli, facendo apparire la città, con gli altri suoi pini che bordano le strade di accesso al paese, un borgo incantevole caratteristicamente abbracciato da una cintura verde pittoresca di pini italici;
questi alberi son particolarmente distanti dalle abitazioni più prossime, poste sul versante opposto della strada, e le loro radici svolgono anche una palese funzione di prevenzione contro il dissesto idrogeologico, dato che l’intero corso del “Vignale” poggia su un terrapieno addossato al declivio della collina, detta localmente la “serra”, su cui sorge la città di Nociglia;
detti pini fanno parte di un prezioso contesto periurbano progettato con valori architettonico-urbanistici di rilievo. Il filare è diviso in due gruppi di 11 alberi ciascuno, equidistanziati, e con ai due bordi ed al centro delle strutture ad esedra corrispondenti a simil-torrioni in pietra. Tutto il muro di contenimento del terrapieno è rivestito in pietra ed è progettato a modo di simil-struttura difensiva medioevale. Un muraglione a pareti inclinate, e con persino la riproduzione della tipica cornice marcapiano a toro delle antiche fortificazioni locali. Una soluzione urbanistica di alto pregio, resa ancor più esteticamente gradevole da balaustre con colonnine in pietra locale tornite, e da lampioni in ferro artistico. Un “organismo” unico, il Vignale, come è stato definito anche dai funzionari della stessa Regione, con i suoi pini e i suoi elementi architettonici e decori artistici;
considerato che:
è stata addotta la pericolosità degli alberi per giustificarne l’abbattimento, cosa a giudizio degli interroganti non accettabile, a meno di non volere considerare pericoloso qualsiasi albero solo perché un tifone può abbatterlo;
i danni arrecati da alcune radici sono irrisori all’asfalto e alla strada, e sono facilmente aggiustabili, come avvenuto in tantissime realtà in contesti simili anche prossimi, e per pini anche più grandi (ad esempio nella vicina città di Poggiardo, Lecce). Esempi positivi ben documentati con relazioni tecniche dai dottori agronomi, forestali e paesaggisti delle associazioni ambientaliste e dei comitati locali alla Regione e al Comune di Nociglia;
nel marciapiede del Vignale talune mattonelle in cemento sono state sollevate in prossimità dei tronchi degli alberi poiché per questi non son state previste adeguate aiuole, ma sono stati soffocati erroneamente dal cemento. Le mattonelle dovrebbero essere rimosse al più presto per fare respirare maggiormente gli alberi e migliorare la pedonabilità garantendo la sicurezza del luogo in quanto ad oggi sono causa di inciampo per i passanti;
sebbene si adducano infondate e indimostrate ragioni di pericolosità, come ragioni di danno ai marciapiedi, per giustificare l’eccidio dei grandi pini, questi son invece forti, ben eretti e godono di ottima salute. Nel progetto contestato, inoltre, si prevede di piantare al posto dei bei pini autoctoni mediterranei oggi presenti, e che offrono tanta gradevole ombra anche per i futuri ciclisti fruitori della pista ciclabile, ben 40 alberi di canfora, pianta alloctona della quale si conosce l’effetto arrecato a strade e marciapiedi, notoriamente ben più aggressivo dei pini. Un aspetto questo altamente contraddittorio che a giudizio degli interroganti smentisce, se ve ne fosse ancora bisogno, ogni ragione con cui oggi si vorrebbe tentare di giustificare l’abbattimento di quegli alberi;
l’insegna civica del Comune, in cui dovrebbe esser effigiato secondo alcuni un albero di noce, riporta invece un inconfondibile albero di pino italico al suo centro, svettante sul suo alto dritto tronco, e con la chioma inconfondibilmente ad ombrello, non a caso il miglior albero utilizzato sin da epoca romana, per bordare le strade, al fine di farvi ombra e non intralciare il transito con la sua chioma. Un albero diffusissimo nel Salento da secoli e secoli, anche tra le specie presenti nella locale antica foresta Belvedere;
il progetto della pista ciclabile rientra nell’intervento infrastrutturale “realizzazione di pista ciclabile nell’Unione dei Comuni Terre di Mezzo”, di cui fa parte Nociglia, un’opera finanziata dalla Regione Puglia con ben 2.707.500 euro. I fondi rivengono dalla linea 5.2 del Programma operativo Fondo europeo di sviluppo regionale, di competenza dell’assessorato ai Trasporti, Servizio Reti ed Infrastrutture per la Mobilità, Organismo responsabile per la ricezione dei pagamenti (5.2.2. FESR 2007-2013) della Regione Puglia. Un intervento che ha nella sua ratio il godimento lento in bici di borghi e natura, e che a Nociglia si vorrebbe realizzare, paradossalmente, distruggendo la natura e gli alberi fornitori di importante ombra vitale per i ciclisti e pedoni nei caldi mesi estivi;
lungo il Vignale, sull’ampio marciapiede alberato del corso, la pista ciclabile è stata progettata sul lato della balaustra, mettendo a rischio i pedoni che si affacciano per godere del panorama del Parco dei Paduli, e non invece sul lato, più ampio, posto sul margine strada dove la pista potrebbe essere realizzata invece senza danneggiare gli alberi;
a giudizio degli interroganti sarebbe utile realizzare, alternativamente al progetto, un marciapiede da portare in sterrato per allargare le aiuole, e una pista che potrebbe così essere ubicata in parte sul marciapiede stesso e in parte sulla carreggiata; oppure la suddetta pista potrebbe essere ubicata sul lato strada del marciapiede, e spostando una delle due corsie della pista ciclabile, o entrambe, nella parte bassa, ai piedi del terrapieno del Vignale, adiacente alla struttura simil-fortificata in pietra del muro di contenimento del terrapieno. Una soluzione ubicativa intelligente quest’ultima, anche per valorizzare il luogo olivetato in basso, e la struttura in pietra del Vignale, con in alto le balaustre e i pini;
la recente legge n. 10 del 2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”, pubblicata sullaGazzetta Ufficiale del 1° febbraio 2013, stabilisce all’art. 7 le “disposizioni per la tutela e la salvaguardia dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani”. Entro sei mesi dall’entrata in vigore, i Comuni devono identificare principi e criteri per il censimento degli alberi ed alberature di pregio nel proprio territorio, quali appunto proprio i pini della città di Nociglia, tra cui quelli del suo Vignale, e fornire questa informazione alla rispettiva Regione, la quale, a sua volta, entro i successivi sei mesi (quindi più o meno entro febbraio del prossimo anno), deve redigere l’elenco regionale e trasmetterlo al Corpo forestale dello Stato. È il Corpo che ha il compito di gestire l’elenco nazionale, che deve essere reso pubblico e disponibile a tutti sui siti internet delle competenti istituzioni. Per le Regioni afflitte da “persistente inerzia” il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali attiva i poteri sostitutivi;
a parere degli interroganti bisogna impiegare i fondi pubblici per rimboschire, non per demolire gli alberi che ci sono e per sostituirli con virgulti pertanto se nel progetto della pista ciclabile si è previsto di acquistare anche 40 piante di canfora, si ritiene che sia più utile prevedere alberi autoctoni, ad esempio gli stessi pini domestici, al fine di piantumarli intorno ad altri tratti spogli della pista ciclabile a Nociglia o in uno degli altri paesi in cui si snoda la pista stessa, ma non certo sul Vignale e al posto dei pini presenti;
nel Salento, si assiste da alcuni anni ad un disdicevole diffuso sterminio di centinaia di pini mediterranei, delle specie autoctone in Puglia da millenni, e di grande pregio naturalistico, quali i pini di Aleppo (Pinus halepensis) e i pini domestici (Pinus pinea): pini mal potati, a produzione di legno, mentre i pini non sopportano eccessive potature, o del tutto tagliati, con autorizzazioni, a parere degli interroganti, fondate su discutibilissime perizie tecniche che adducono strumentalmente a infondatezze scientifiche che tentano di farli passare per piante alloctone paventando, in maniera mistificatoria, pericolosità e danneggiamenti d’ogni sorta;
a giudizio degli interroganti le eventuali pericolosità sarebbero prevenibili con saggi interventi minimali anche in relazione agli eventuali danni da radici a manufatti e marciapiedi e strade. Tutto questo sembra favorire appalti pubblici d’ogni tipo, di cosiddetta “rigenerazione urbana”, tra cui gli appalti per la paradossale ripiantumazione in loco di altri alberi, anche alti diversi metri con grande spreco di denaro pubblico. Inoltre il legno ricavato dalla potatura degli alberi, che viene fatto passare come rifiuto e di cui si perde la tracciabilità, arricchisce invece il sottobosco del lucroso mercato delle biomasse legnose per la produzione solitamente di energia elettrica e di cippato alimentando il rischio che beni pubblici, quali sono le alberature urbane e stradali, finiscono nei circuiti fumosi del mercato poco trasparente delle biomasse e delle energie iper-incentivate e falso-verdi, anzi “verdicide” in tal caso;
la crescente mobilitazione civica a difesa dei pini di Nociglia, in un momento storico in cui in tutto il Mediterraneo si alza una voce civica unica e forte a difesa della natura e degli spazi verdi urbani, come testimonia il caso emblematico del Gezi Park di Istanbul, è volta anche nel verso della coerenza burocratica-amministrativa, del buon governo e gestione del territorio a sua vera tutela, e nel verso della riaffermazione della spesso mancante saggezza, contro inutili sprechi e non-sensi meramente speculativi. Una mobilitazione pacifista, ma non per questo meno ferma e decisa, che sta vedendo la partecipazione on line, nelle petizioni, di centinaia di persone, che stanno scrivendo a tutti gli organi competenti per sollecitare la salvezza degli alberi. Una mobilitazione seguita da tv e giornali locali, ma anche da siti on line nazionali, come quello del giornale “la Repubblica”, con l’articolo pubblicato il 27 giugno 2013, dal titolo “in lotta per salvare i pini di Nociglia”,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa ed in particolare della realizzazione della pista ciclabile progettata a danno di un tale filare di alberi e di un paesaggio di notevole pregio nonché in palese contraddizione dei principi che ispirano la realizzazione stessa, specie quella in questione che mira a collegare i borghi attraversando il Parco dei Paduli nella massima valorizzazione e fruizione dei luoghi rurali e naturali e dei centri storici interessati;
se non intendano attivarsi, per quanto di competenza, presso la Regione Puglia affinché tutti gli organi tecnici e amministrativi di riferimento al progetto si impegnino a garantire la salvaguardia dei pini e dell’intero paesaggio del Vignale;
se non ritengano opportuno adoperarsi, per quanto di competenza, affinché l’area dell’intero Vignale di Nociglia sia sottoposta a vincolo ambientale, architettonico e paesaggistico, anche alla luce della suddetta legge n. 10 del 2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”.
(4-00745)

Camera. Piste ciclabili nell’ipotesi alternativa al Passante Nord bolognese

Il Comitato per l’Alternativa al Passante Nord propone di realizzare una soluzione alternativa alla congestione del nodo bolognese, ma più rispondente ai criteri di rispetto del territorio e realmente sostenibile, validata tecnicamente, nel corso di un convegno universitario alla facoltà di ingegneria di Bologna, organizzato da Italia Nostra, nel dicembre 2004. La proposta alternativa interviene in sede di tracciato attuale e agisce sulle scarpate laterali, senza esproprio di terreni, creando con la tecnica dei diaframmi l’allargamento della Tangenziale/Autostrada a 3+3 corsie e relative corsie di emergenza. Nello spazio sottostante si ricavano così due tunnel che si possono utilizzare in vari modi (trasporto in sede propria, piste ciclabili, eccetera). Lo ricorda Michele Dell’Orco del Movimento 5 stella in un’interrogazione del 16 luglio in riferimento ad un accordo procedimentale tra il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, la regione Emilia-Romagna, la provincia di Bologna e il Comune di Bologna per la realizzazione del «Passante autostradale nord». L’opera, inserita tra le infrastrutture strategiche a livello nazionale e attualmente ancora in fase di progetto preliminare, può essere sinteticamente descritta come un semianello autostradale di collegamento con le autostrade A1, A13 e A14 da costruirsi a nord della città di Bologna per oltrepassarla senza immettersi nel contesto di viabilità cittadina della tangenziale.

Di seguito il testo dell’atto:

DELL’ORCO, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, CRISTIAN IANNUZZI, LIUZZI e CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 27 luglio del 2005 fu sottoscritto un accordo procedimentale tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Emilia-Romagna, la provincia di Bologna e il Comune di Bologna per la realizzazione del «Passante autostradale nord». L’opera, inserita tra le infrastrutture strategiche a livello nazionale e attualmente ancora in fase di progetto preliminare, può essere sinteticamente descritta come un semianello autostradale di collegamento con le autostrade A1, A13 e A14 da costruirsi a nord della città di Bologna per oltrepassarla senza immettersi nel contesto di viabilità cittadina della tangenziale;
   l’idea di quest’opera nacque già nel 2002 e maturò nell’ambito del Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) della provincia di Bologna con l’intento di alleggerire e ammodernare il sistema territoriale felsineo. Lo studio di fattibilità per la riorganizzazione del sistema autostradale-tangenziale bolognese risale al 2003 e fu aggiornato nel 2004. Si descriveva il sistema viario territoriale come caratterizzato da una confluenza di flussi di traffico urbani ed extraurbani dovuta ad un tracciato complanare tra tangenziale cittadina e autostrada A14, con conseguente eccessiva congestione e inquinamento ambientale gravante sul nucleo urbano e una inadeguata strozzatura per i flussi di traffico in attraversamento. Il 19 dicembre 2003 fu così sottoscritta presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l’intesa generale che individuava il passante autostradale Nord come opera di preminente interesse strategico a livello nazionale inserita nel Programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 (cosiddetta «legge obiettivo»);
   il progetto, inserito nel Piano territoriale di coordinamento provinciale e presentato al Ministero, prevedeva la costruzione di un passante autostradale di oltre 40 chilometri all’interno di un corridoio tracciato a semianello nella pianura nord, avente per estremi, a ovest, Lavino di Mezzo (frazione di Anzola Emilia), a est, Ponte Rizzoli (frazione di Ozzano Emilia). Si prevedeva inoltre la cosiddetta «banalizzazione» del tratto autostradale complanare alla tangenziale, ossia la sua trasformazione in un sistema viario locale al fine di realizzare un unico asse-tangenziale più largo. Per spostare i flussi di traffico extraurbani sul sistema autostradale esterno si prevedeva l’introduzione di pedaggio aggiuntivo per l’accesso al nuovo sistema tangenziale. Il progetto puntava inoltre allo sviluppo delle attività produttive andando a rafforzare la tangenziale non solo a servizio dell’area urbana centrale ma anche per lo sviluppo dei poli funzionali localizzati lungo il tracciato quali l’aeroporto e la fiera, mentre il nuovo passante avrebbe servito direttamente i principali poli logistici (interporto, centergross), le aree produttive sovracomunali di cui si sarebbe previsto lo sviluppo, intercettando una quota rilevante del trasporto merci. Si trattava di un progetto del costo complessivo di 980 milioni di euro da realizzare in project financing (ex articolo 37-bis della legge Merloni) con copertura del 50 per cento pubblica e del 50 per cento a carico di un soggetto promotore;
   il progetto, sebbene avesse messo d’accordo tutti gli enti locali, aveva alcuni punti deboli quali, in primis, la ricerca delle risorse e soprattutto la banalizzazione del tratto autostradale. Quest’ultima operazione avrebbe infatti richiesto l’esborso di 312 milioni di euro alla società Autostrade per l’Italia (ASPI) a titolo di indennizzo per la rinuncia all’esercizio della concessione fino alla sua naturale scadenza. Pertanto, dopo un tentativo fallito di realizzazione attraverso un finanziamento totalmente o parzialmente pubblico e con l’intendimento di richiedere un apposito capitolo di bilancio da inserire nella finanziaria, si ipotizzò di affidare direttamente ad Aspi la gestione e la realizzazione dell’opera senza contributi pubblici. La Società, sebbene si dichiari non interessata, si rende disponibile alla realizzazione dell’opera. Il costo come risulta nell’allegato 1 al DPEF del 2 luglio 2007 e relativo agli anni 2008-2011, è però stranamente salito a 1.450 milioni di euro che possono essere coperti «attraverso il ricorso al project financing, verificando l’importo dell’investimento e l’ipotesi di una sua totale copertura, in assenza di contributo pubblico»;
   con questa soluzione trovata per le risorse vengono però a configurarsi i presupposti per una infrazione di normativa comunitaria: come risulterà anche dal vaglio europeo, il progetto così come concepito è una nuova infrastruttura destinata allo sviluppo di nuove aree produttive. In tal caso però la normativa nazionale ed europea non prevedono un affidamento diretto ma richiedono un bando di gara. Si tentò pertanto di classificare il progetto come una variante del tracciato e non di una nuova opera autostradale: con nota del 3 dicembre 2007, indirizzata alla Direzione generale mercato interno e servizi della Commissione europea, il Ministro delle infrastrutture ha formalmente chiesto il parere preventivo sulla possibilità di realizzare lo spostamento di un tratto dell’infrastruttura autostradale (A14) gestita da ASPI, declassando al contempo quest’ultimo a sistema viario locale di scorrimento, con affidamento della relativa costruzione e gestione direttamente all’ASPI;
   il 15 luglio 2010 la Commissione europea con nota 463387 rende infine parere favorevole all’affidamento diretto ad Aspi a condizione che la realizzazione dell’infrastruttura sia oggetto di procedure di aggiudicazione di appalti pubblici conformi alle regole europee e che il nuovo progetto si configuri come strumento ausiliario dell’autostrada A14, la cui sede e la cui natura debbono rimanere immutate prevedendo su entrambe le tratte la stessa tariffa;
   in definitiva non rimane nulla dell’idea originaria del Piano territoriale di coordinamento provinciale, il nuovo tracciato deve essere solo sussidiario e non sostitutivo rispetto all’esistente. Non risulta neppure chiaro quale sia stato il progetto effettivamente sottoposto al vaglio della Commissione. Subito dopo l’approvazione, il Ministro rilascia infatti alla stampa alcune dichiarazioni in cui non si parla più di un tracciato di oltre 40 chilometri, come previsto dal Piano territoriale di coordinamento provinciale ma sostiene che, secondo le indicazioni della Commissione, dovrà essere rivisto il tracciato di 38 chilometri con uno più breve di 36 chilometri. Come rivelato successivamente dall’amministratore delegato di Autostrade in occasione dell’assemblea di Ance Bologna a luglio 2010, dopo la bocciatura del tracciato previsto dal Piano territoriale di coordinamento provinciale, che non aveva le caratteristiche per essere classificato come una variante di progetto. Aspi su richiesta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, presentò un’ipotesi di potenziamento fuori sede dell’attuale tracciato, «compatibile con le prescrizioni dell’Europa»;
   a livello locale riprendono a questo punto le trattative e nuovamente la discussione si concentra sul tracciato e sulla banalizzazione della tratta autostradale e complanare sottesa al Passante. Il dibattito sul tracciato alternativo si fa acceso: un tracciato più breve passerà inevitabilmente a ridosso dell’abitato cittadino e attraverserà un territorio fortemente urbanizzato. Sebbene per lungo tempo il tracciato previsto da Autostrade non venga diffuso ufficialmente, il progetto trova opposizione da parte degli amministratori locali e il sindaco di Castelmaggiore definisce il caso passante nord la «nostra Valsusa». Secondo quanto dichiarato il 24 aprile 2012 dall’assessore regionale ai trasporti e infrastrutture in risposta ad interrogazione, Società Autostrade avrebbe effettuato un autonomo studio di fattibilità che non è stato fornito alla Regione e agli enti locali, ma che costituisce il presupposto sulla base del quale la concedente Anas potrà dare mandato alla concessionaria di sviluppare i successivi livelli progettuali;
   nonostante le perplessità espresse da tutte le parti coinvolte, il progetto viene portato avanti e, a luglio 2012, si arriva alla firma di un nuovo verbale d’intesa tra ANAS, regione Emilia-Romagna, provincia di Bologna, comune di Bologna e società Autostrade per l’Italia che garantisce che i lavori saranno finanziati interamente con capitali privati da Autostrade per l’Italia per un importo complessivo di 1,3 miliardi di euro, che la proposta di tracciato definitivo e gli interventi di banalizzazione sul tracciato esistente dovranno essere condivisi e definiti entro il 30 novembre 2012, pena la perdita dei finanziamenti oggi vincolati nominalmente alla realizzazione del Passante Nord e, soprattutto, che ci sia rispetto per i principi tecnici, progettuali, realizzativi e di inserimento ambientale e territoriale già indicati nei lavori istruttori attraverso la definizione di un’ipotesi di tracciato condivisa e coerente con i principi di pianificazione ed organizzazione del territorio già adottati dagli stessi;
   ad agosto 2012 finalmente la società Autostrade invia ufficialmente a comune, provincia e regione lo studio di fattibilità dell’opera. Il tracciato di Autostrade, che finalmente cessa di essere solo un’ipotesi, non riesce però a mettere d’accordo gli enti locali. Il cosiddetto Passantino, di 32,7 chilometri da Borgo Panigale a San Lazzaro (non più da Lavino a Ponte Rizzoli) non solo sarebbe più corto rispetto all’originale finendo a ridosso dei centri abitati di Castenaso, Granarolo e Castelmaggiore, ma avrebbe solo due corsie per senso di marcia e non avrebbe previsto la banalizzazione;
   il 21 dicembre 2012 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si è tenuto un ulteriore incontro tra regione Emilia-Romagna, provincia di Bologna, comune di Bologna, ASPI (Autostrade per l’Italia) e ANAS. Il vice ministro Ciaccia ha dichiarato che in tale sede sia stata raggiunta l’intesa sul tracciato e sul progetto e ha richiesto una rapidissima conclusione dell’accordo per la realizzazione dell’opera e che, a seguito della richiesta di un ulteriore approfondimento da parte di ASPI, si è convenuto di concludere il percorso di verifica con relativa decisione positiva entro il 20 gennaio 2013; secondo fonti stampa si sarebbe giunti in pratica ad un’ulteriore soluzione di tragitto di poco inferiore a quella prevista dal progetto originario del Piano territoriale di coordinamento provinciale;
   il 2 aprile 2013 nel corso di un incontro che si è tenuto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si raggiunge una nuova intesa tra il viceministro, Mario Ciaccia, il presidente della regione Emilia Romagna Vasco Errani, l’assessore regionale per la mobilità e trasporti Alfredo Peri, il presidente della provincia di Bologna Beatrice Braghetti, l’assessore provinciale ai Trasporti Giacomo Venturi, il sindaco di Bologna Virginio Merola, l’ad di Autostrade per l’Italia Giovanni Castellucci e l’architetto Mauro Coletta, direttore dell’ispettorato vigilanza concessionarie autostradali. La validità della convenzione sottoscritta a luglio 2012 è stata, infatti, prorogata al 31 dicembre 2013: i fondi, 1,3 miliardi, rimangono pertanto a disposizione fino alla fine dell’anno. Inoltre la società Autostrade per l’Italia si è impegnata a presentare entro il prossimo mese di luglio il progetto preliminare dell’opera assumendo come riferimento il tracciato autostradale indicato dagli enti locali sulla base del quale verranno fatti tutti gli approfondimenti trasportistici e analizzate le possibili ottimizzazioni. Di questo incontro e accordo non esiste però nessun verbale come dichiarato dalla regione Emilia Romagna in risposta ad una richiesta del Comitato di cittadini con il Passante Autostradale Nord (PG 2013.0119039 del 15 maggio 2013);
   mentre una parte degli amministratori accelera i passaggi verso l’avvio dei lavori crescono però le voci di dissenso sulla validità di un’opera di vecchia concezione e a servizio di un’idea di sviluppo non sostenibile, da realizzare fuori dei criteri di trasparenza previsti dalla comunità europea e soprattutto che non porterà nessun beneficio concreto per i cittadini. A gennaio 2013 Legambiente è ricorsa infatti nuovamente a una denuncia formale alla Commissione europea, a cui spetterà la decisione sulla legittimità della procedura di realizzazione dell’opera in quanto non si tratterebbe di un «adeguamento della viabilità esistente», ma di una vera e propria nuova infrastruttura autostradale e per la realizzazione della quale non si può procedere ad affidamento diretto sarebbe necessaria una gara di appalto;
   oltre che subire i disagi derivanti dai cantieri, che si protrarranno per almeno 10 anni prima di poter usufruire degli eventuali benefici della nuova infrastruttura, i cittadini saranno vessati da un nuovo pedaggio sul sistema tangenziale, come discusso il 31 ottobre 2011 in un incontro al Ministero con la regione e la provincia e come riportato nel verbale dell’accordo del luglio 2012 sopra menzionato in cui si sarebbe parlato di un sistema di esazione di tipo aperto. Secondo quanto rivelato dal consigliere regionale Giuseppe Paruolo, con dichiarazioni pubblicate nel mese di marzo 2013 sul suo blog, esisterebbe anche uno studio sul passante nord prodotto da Autostrade a fine 2012 che prevede che «anche la tangenziale debba diventare a pagamento», tramite un sistema Free Flow Multilane con portali installati su ogni tratta elementare»;
   al progetto Passante Nord sia nella versione prevista dal piano territoriale di coordinamento provinciale sia nell’ipotizzata versione breve di Autostrade si oppone da anni anche un Comitato di cittadini «Comitato per l’Alternativa al Passante Nord» che sostiene che la versione breve è troppo impattante sul sistema urbano e dunque non risolutiva mentre la versione del Piano territoriale di coordinamento provinciale comporta un consumo di suolo agricolo di circa 750 ettari e il declassamento qualitativo di circa 8000 ettari di terreno perché ad essi non verrà riconosciuta la coltivazione di prodotti agricoli di pregio e favorirebbe nuove speculazioni edilizie rendendo edificabili le aree attraversate. Questo dato va analizzato anche alla luce dell’ultimo rapporto del Centro ricerche sul consumo del suolo che ha rivelato che tra il 2003-2008 in Emilia Romagna si sono persi 19.822 ettari di suolo agricolo e si sono urbanizzati 15.445 ettari di suolo ad un ritmo di 84.000 mq al giorno. Bologna in particolare ha visto 2.865 ettari cementati ad una velocità di 15.000 metri quadrati al giorno e ha sottratto 3.322 ettari all’agricoltura;
   il «Comitato per l’Alternativa al Passante Nord» mette in discussione anche la sostenibilità trasportistica dell’intervento sostenendo che sia stato progettato prevedendo un aumento esponenziale del traffico sul nodo di Bologna che non è verificato: il traffico del «nodo» bolognese è passato da 180mila vetture al giorno del 2003 a 150mila del 2011, cifra del 20 per cento inferiore ai dati di traffico 2003, anno di progettazione del Passante;
   la validità del progetto in termini di sostenibilità trasportistica sembra essere messa in discussione anche dalla stessa società Autostrade in un suo studio di Autostrade del 2012 diffuso dal consigliere Paruolo che, citandolo sul suo blog, scrive: «dal nuovo documento di Autostrade emergerebbe inoltre che “gli studi di traffico dimostrerebbero che con quel Passante il beneficio per l’intasamento della tangenziale sarebbe comunque molto ridotto: sia al 2018 sia al 2035 non si evidenzia un netto miglioramento dei livelli di servizio delle complanari che si mantengono diffusamente su un LOS E. LOSE è il livello di servizio, espresso su una scala che va dal migliore A al peggiore F»;
   lo stesso «Comitato per l’Alternativa al Passante Nord» propone di realizzare una soluzione alternativa alla congestione del nodo bolognese, ma più rispondente ai criteri di rispetto del territorio e realmente sostenibile, validata tecnicamente, nel corso di un convegno universitario alla facoltà di ingegneria di Bologna, organizzato da Italia Nostra, nel dicembre 2004. La proposta alternativa interviene in sede di tracciato attuale e agisce sulle scarpate laterali, senza esproprio di terreni, creando con la tecnica dei diaframmi l’allargamento della Tangenziale/Autostrada a 3+3 corsie e relative corsie di emergenza. Nello spazio sottostante si ricavano così due tunnel che si possono utilizzare in vari modi (trasporto in sede propria, piste ciclabili, eccetera). Il progetto alternativo avrebbe un costo stimato intorno ai 600 milioni e i tempi di realizzazione sarebbero notevolmente inferiori e consentirebbero l’uso parziale dell’opera a breve, contro l’impossibilità di utilizzare il Passante Nord fin tanto che quest’ultimo non sarà terminato nella sua intera estensione –:
   se sia vero che i progetti di banalizzazione allo studio prevedano l’introduzione di un pedaggio sull’asse tangenziale;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell’esistenza di uno studio sul passante nord prodotto da Autostrade a fine 2012 in cui si mette in discussione l’utilità e validità del progetto in termini di benefici per l’intasamento della tangenziale;
   se l’incontro previsto per l’8 maggio 2013 si sia effettivamente svolto e, in tal caso, quali siano le posizioni emerse nel medesimo considerato che i rappresentanti della regione Emilia Romagna avevano manifestato l’intenzione di chiedere un impegno sulle opere emiliano-romagnole di interesse nazionale ed in particolare sul passante nord;
   se esista un verbale dell’incontro tenutosi il 21 dicembre 2012 presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in cui, contrariamente alle previsioni, secondo dichiarazioni stampa si è raggiunto un accordo tra le parti sulla realizzazione del passante Nord e se non si ritenga quanto meno inopportuno in termini di trasparenza che, come dichiarato dalla Regione Emilia-Romagna con nota al PG 2013.0119039 del 15 maggio 2013, non esista un verbale dell’incontro tenutosi il 2 aprile 2013 sempre presso il suddetto Ministero considerato anche il valore economico degli accordi verbali presi che impegnano Autostrade per 1,3 miliardi di euro;
   quale sia l’intendimento del Ministro in merito alla realizzazione del passante nord considerato che lo stesso, nel corso di un audizione tenutasi il 21 maggio 2013 in Commissione ambiente alla Camera, ha espresso l’intenzione di aggiornare la legge obiettivo del 2001 individuando solo pochi nodi veramente strategici per il Paese;
   se il Ministro non ritenga di voler approfondire lo studio del progetto alternativo «Comitato per l’Alternativa al Passante Nord» in funzione di dare allo sviluppo una linea maggiormente sostenibile;
   considerando anche i passati pareri espressi dalla Commissione europea, se non si ritenga che il progetto, dato in affidamento diretto alla Società Autostrade e realizzato nelle forme e nei modi voluti dagli enti locali, si palesi come un vera e propria nuova infrastruttura destinata a sviluppare una nuova fascia di urbanizzazione e che pertanto sia a rischio di infrazione comunitaria considerato tra l’altro che tale posizione era stata espressa anche dalla stessa Società autostrade nello relazione allegata allo studio di fattibilità del progetto di Passantino in cui a proposito del progetto originario proposto dagli enti locali si sosteneva che: «La soluzione prospettata allora discende da scelte di carattere urbanistico piuttosto che rappresentare un’efficace alternativa all’uso dell’esistente sistema autostradale»;
   se, come dimostra la lottizzazione di 22 ettari agricoli decisa dall’amministrazione di Granarolo, su cui sorgeranno nuovi insediamenti residenziali e il nuovo centro sportivo del Bologna calcio, il progetto del passante nord abbia poco a che fare con la razionalizzazione dei flussi di traffico e la riqualificazione urbana e rischia di smuovere interessi che poco hanno a che fare con la pubblica utilità. (5-00694)

Camera. Campagne di prevenzione sulla sicurezza stradale

Prevenzione ed educazione per garantire la sicurezza stradale. Il sottosegretario per la Giustizia Cosimo Maria Ferri, ha risposto così in Aula il 19 luglio ad una specifica interrogazione di Giancarlo Giorgetti della Lega, nata sulla base dell’uccisione di una giovane ciclista da parte di un pirata della strada. Il sottosegretario ha dichiarato che occorre puntare innanzitutto su questi fattori  per ottenere un miglioramento in tema di sicurezza stradale. Sul punto cardine dell’interrogazione e cioè l’introduzione del cosiddetto reato di omicidio stradale, l’esponente del governo ha segnalato problemi tecnico-giuridici. Ferri ha comunque annunciato che il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca ha prenotato degli spazi televisivi su MTV, definito lo strumento mediatico più utilizzato dai giovani, per iniziare delle campagne pubblicitarie di prevenzione e di educazione che riguarderanno anche la sicurezza stradale.
    
Di seguito il link al resoconto del question time in Aula:

http://www.camera.it/leg17/410?idSeduta=0056&tipo=stenografico#sed0056.stenografico.tit00030.sub00050