Parlamento News: notiziario del 18.09.2013
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 Notizie dai ministeri

 

Ambiente. Olanda e Italia al confronto sulla mobilità sostenibile 

“La mobilità sostenibile è una chiave di lettura per ripensare le nostre città”. A pensarlo è il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che ha rilasciato questa dichiarazione nel corso di “Smart mobility per città più vivibili”, appuntamento organizzato a Roma dall’Ambasciata dei Paesi Bassi in Italia e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. Il convegno che ha aperto l’EuropeanMobility week e fa parte delle tappe di avvicinamento agli Stati Generali della Green Economy che si terranno a Rimini nel novembre prossimo, ha visto un confronto tra Italia e Olanda sulla mobilità sostenibile e sulle strategie dei due paesi per sconfiggere traffico e inquinamento. Dal comunicato pubblicato il 18 settembre sul sito del ministero dell’Ambiente si apprende nel corso dell’incontro sono state illustrate le best practices nei due paesi, in modo che l’incontro ha costituito anche un primo momento per sviluppare partnership fra i due paesi in questo settore. In Olanda dove già da tempo si sta sperimentando una mobilità più dolce su 16,6 milioni di abitanti si possono contare 18 milioni di biciclette, e su una superficie di 37 mila Km2 ci sono 35.000 chilometri di piste ciclabili. Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha ringraziato gli ospiti olandesi per l’appoggio dato e ha ricordato che alcuni amministratori locali italiani hanno, con merito, lanciato iniziative promettenti, dai piani per la ciclabilità e di riduzione del traffico veicolare a Roma, al bike sharing e car sharing di Milano fino alla ciclopolitana di Pesaro, a dimostrazione che se si vuole si può migliorare. 

 

Di seguito il link al comunicato:

http://www.minambiente.it/home_it/showitem.html?item=/documenti/comunicati/comunicato_0736.html&lang=it

 

Sport. Bici: i mondiali potenziale volano del Paese I Mondiali di ciclismo in Italia come evento di promozione della bicicletta nel nostro Paese e della cultura italiana e delle città italiane nel mondo. A fare quest’augurio il ministro per gli Affari regionali, le Autonomie e lo Sport Graziano Delrio nel corso della presentazione dei Mondiali di Ciclismo che si terranno dal 22 al 29 settembre in Toscana. Per Delrio si tratta di un evento reso possibile da un grande lavoro collettivo, con pochi mezzi pubblici, realizzato grazie al Coni, a enti nazionali e locali, a privati, interessati a regalare all’Italia questa occasione. “Sono innamorato del ciclismo perché innamorato della bici. – ha affermato Delrio – La bici è il mezzo più democratico, amichevole, sociale che ci sia. Nelle città è il mezzo più competitivo per spostamenti entro i primi quattro chilometri. La “intromissione” delle bici nel tessuto storico di Firenze mi auguro possa esser una promozione dell’uso della bici a tutti i livelli, per i bambini e gli adulti come mezzo di trasporto sostenibile ed economico”. Inoltre, secondo Delrio, questo mondiale che coinvolge diverse città sarà l’occasione per fare vedere al mondo il patrimonio artistico e culturale del nostro Paese.

 

Di seguito il link al comunicato:

http://www.sportgoverno.it/archivio/notizie/mondiali-di-ciclismo-in-toscana-%E2%80%93-delrio-promozione-del-paese-e-della-bici.aspx http://www.sportgoverno.it/archivio/notizie/mondiali-di-ciclismo-in-toscana-%E2%80%93-delrio-promozione-del-paese-e-della-bici.aspx

 

Ambiente. Mobilità sostenibile, una settimana di iniziative Una Settimana Europea della Mobilità Sostenibile: organizzata dalla Commissione Europea, si tiene da lunedì 16 a domenica 22 settembre. La XII edizione della Settimana avrà come  tema “Clean air! It’s your move”, in italiano “Aria pulita! Ora tocca a te”. Attraverso lo slogan scelto si intende sensibilizzare la cittadinanza sul legame tra il traffico motorizzato e l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane, evidenziando il ruolo attivo che ciascun cittadino può avere nel miglioramento della qualità dell’aria attraverso le proprie scelte di mobilità.La Commissione Europea, anche tramite le autorità nazionali di coordinamento, ha sollecitato tutte le autorità locali ad aderire all’evento, ponendo in essere iniziative che possano contribuire ad un cambiamento delle abitudini di mobilità dei cittadini e, così facendo, proteggere l’ambiente, migliorare la qualità dell’aria e rendere la città un posto migliore in cui vivere.

Di seguito il link al comunicato:

http://www.minambiente.it/home_it/showitem.html?lang=&item=/documenti/notizie/notizia_0579.html

 

 

Notizie dal Parlamento

 

Camera.

 

Macchine per invalidi anche su piste ciclabili? Consentire la mobilità funzionale dei soggetti disabili forniti di macchine per uso di invalidi. A chiederlo Riccardo Fraccaro del movimento Cinque stelle in ‘un’interrogazione presentata il 6 settembre e rivolta al ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. le macchine per uso di invalidi che non sono considerate veicoli, possono circolare unicamente nelle aree riservate ai pedoni. Pertanto, spiega Fraccaro nell’atto, “ciò impedisce a tali carrozzine e scooter elettrici ad uso di invalidi di circolare liberamente su strade urbane che non siano dotate di marciapiede in quanto non dotati di targa e assicurazione, nonché sulle piste ciclabili in quanto dotati di motore, così limitando la mobilità dei soggetti disabili”.

 

Di seguito il testo dell’atto:

FRACCARO, NICOLA BIANCHI, CATALANO e CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: in base all’articolo 46 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), come modificato dall’articolo 8 della legge 29 luglio 2010, n. 120, si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall’uomo, ma da tale nozione sono espressamente escluse «le macchine per uso di invalidi, rientranti tra gli ausili medici secondo le vigenti disposizioni comunitarie, anche se asservite da motore»; l’articolo 196 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento del codice della strada) elenca le caratteristiche costruttive dei veicoli per uso di invalidi. Fissa cioè i limiti al di sopra dei quali le «carrozzine» debbano essere considerate veicoli. Il superamento anche di uno solo dei limiti indicati comporta l’automatica inclusione della macchina per invalidi nella nozione di veicolo rilevante ai fini del codice della strada; il superamento anche di uno solo dei limiti indicati nell’articolo 196 del regolamento del codice della strada determina quindi in capo al disabile non solo la soggezione alle norme del codice della strada relative alla circolazione dei veicoli, ma anche l’insorgenza dell’obbligo di assicurazione della responsabilità civile verso terzi, qualora si tratti di veicoli a motore; le macchine per uso di invalidi che, al contrario, non sono considerate veicoli, possono circolare unicamente nelle aree riservate ai pedoni; ciò impedisce a tali carrozzine e scooter elettrici ad uso di invalidi di circolare liberamente su strade urbane che non siano dotate di marciapiede in quanto non dotati di targa e assicurazione, nonché sulle piste ciclabili in quanto dotati di motore, così limitando la mobilità dei soggetti disabili; inoltre ciò non basta ad escludere la responsabilità per danni materiali arrecati a terzi da parte di chi si trova nella posizione di dovere guidare un mezzo quale può essere una carrozzina elettrica o uno scooter elettrico ancorché questo non rientri nella definizione di veicolo fornita dal codice della strada –: se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa; se il Governo ritenga di intervenire adottando le urgenti iniziative di competenza volte a consentire la mobilità funzionale dei soggetti disabili forniti di macchine per uso di invalidi. (5-00950)

 

Camera. Discarica nei pressi di pista ciclabile, c’è un progetto

Nel comune di Casale sul Sile, in provincia di Treviso, è in corso un procedimento di approvazione di un progetto per la realizzazione di una discarica. Il progetto della discarica prevedrebbe 315 mila tonnellate di materiali in cinque anni, portati da una media di quindici camion al giorno. Non solo. La viabilità di accesso alla discarica per il conferimento dei rifiuti si sovrapporrebbe parzialmente ad alcuni tratti degli itinerari del «GiraSile, la greenway del Parco del Sile», che rappresenta la principale rete di mobilità ciclopedonale del parco, in corso di completamento con fondi europei POR-FESR (Programma operativoregionale – Fondo europeo di sviluppo regionale) asse 4, azione 4.3.1. piste ciclabili in aree di pregio ambientale. A tracciare questo quadro a tinte fosche è Marco Da Villa del movimento Cinque stelle in un’interrogazione presentata il 13 settembre. Quattro giorni dopo Gianni Pietro Girotto, sempre del movimento Cinque stelle, ha presentato un analogo atto al Senato.

 

 

Di seguito il testo dell’atto presentato alla Camera:

DA VILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: il territorio del comune di Casale sul Sile in provincia di Treviso, nella frazione di Lughignano in via delle Grazie, è attualmente interessato dal procedimento di approvazione del «Progetto per impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e non putrescibili per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle imprese consorziate nei rispettivi impianti produttivi e di recupero» (categoria ex 2B) in area agricola di tipo E2A – ambiti di rilevante integrità territoriale – per una superficie totale di 52.210 metri quadri, come richiesto dall’impresa CO.VE.RI. s.c.a.r.l.; l’area in questione è già stata utilizzata come cava per l’estrazione di argilla e dal 1990 sono in corso vari procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica; il progetto della discarica prevedrebbe 315 mila tonnellate di materiali in cinque anni, portati da una media di quindici camion al giorno. La viabilità di accesso alla discarica per il conferimento dei rifiuti si sovrapporrebbe parzialmente ad alcuni tratti degli itinerari del «GiraSile, la greenway del Parco del Sile», che rappresenta la principale rete di mobilità ciclopedonale del parco, in corso di completamento con fondi europei POR-FESR (Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale) asse 4, azione 4.3.1. «piste ciclabili in aree di pregio ambientale»; la stampa locale e le numerose assemblee pubbliche, organizzate dalla cittadinanza, hanno posto in rilievo che «una montagna di rifiuti» da più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato invece a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso di Treviso IGP, e vitivinicole di qualità; la discarica prevista verrebbe inoltre a trovarsi a brevissima distanza, poche centinaia di metri, dal corso del fiume Sile il quale è interessato da siti ecologici della rete Natura 2000, siti di interesse comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS). Una parte di quel territorio è tutelata poi dall’ente parco regionale del fiume Sile, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, al fine di tutelare i caratteri naturalistici, storici ed ambientali del territorio del fiume Sile. Tra le finalità del parco si annoverano: a) la protezione del suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna e dell’acqua; b) la protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella sua funzione di risorsa idropotabile; c) la tutela delle specifiche particolarità antropologiche, idrogeologiche, geomorfologiche, vegetazionali e zoologiche; il piano ambientale del parco non tutela solamente le aree incluse nel perimetro amministrativo dell’area protetta, ma, «ai fini della tutela paesaggistico-ambientale (…) enuncia gli indirizzi in ordine alla pianificazione territoriale con riferimento alle parti limitrofe all’area del Parco» (articolo 3, comma 4, della citata legge regionale n. 8 del 1991). Infatti, all’articolo 19 delle norme di attuazione del piano ambientale sono definite le aree limitrofe al parco, quali porzioni di territorio non comprese nello stesso, come ad esempio i corpi idrici di prima classe; l’ente di protezione, con una nota del 19 febbraio 2013, ha sottolineato come «il progetto della discarica CO.VE.RI., ipotizzata a poche centinaia di metri dal confine ovest e perimetro amministrativo del parco, non ha mai considerato e valutato le pesanti interferenze ecosistemiche con il parco naturale regionale del fiume Sile, causate sia da carenze progettuali generali che da immissioni dirette della rete idraulica interna alla discarica nella rete idrologica di campagna afferente il fiume Sile». L’iter amministrativo della VIA poi, sempre secondo l’ente, «non ha mai considerato la presenza di un’area fragile e significativa come quella del parco del Sile, disciplinata da un apposito piano ambientale che governa un ampio territorio composto da 11 comuni e 3 province. Le carenze progettuali e le interferenze osservate vengono puntualmente descritte e restituiscono un quadro generale di potenziale e grave alterazione delle principali componenti naturali del parco, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, per tutelare il suolo, il sottosuolo, la flora, la fauna e l’acqua oltre a proteggere e valorizzare il bacino idrografico del Sile nella sua funzione di risorsa idropotabile»; con delibera di indirizzo n. 6, approvata dalla giunta esecutiva del parco il 6 marzo 2013 a titolo di protezione e valorizzazione del bacino idrografico del Sile, successivamente ratificata in data 27 marzo 2013 dal consiglio direttivo, l’Ente parco, in attuazione del piano ambientale, ha: avviato un apposito programma biennale in materia idrologica e idrogeologica esteso a tutto il bacino idrografico, avviato un coordinamento istituzionale per la tutela dell’ecosistema e dei corsi d’acqua tra le autorità competenti in materia di acque e di ambiente a livello statale, regionale, provinciale e locale e deliberato di verificare, mediante i propri uffici, la compatibilità – rispetto al piano ambientale – dei progetti di elevato impatto e incidenza ambientale previsti all’interno del bacino idrografico; anche l’unità di progetto foreste e parchi della regione Veneto ha presentato alla commissione VIA e alla direzione tutela ambiente delle osservazioni (prot. n. 164265 del 17 aprile 2013) in merito al progetto di discarica osservando che esso, «mediante le complesse ed articolate interferenze sull’ambiente analizzate finora, altera in maniera irreversibile l’ecosistema fluviale del Parco – inteso come bene di speciale interesse naturalistico-ambientale ove attuare una rigorosa protezione di suolo, sottosuolo, flora, fauna ed acqua – incidendo significativamente sull’acqua, risorsa idropotabile di primario valore e fondamento dell’ampio bacino idrografico del Sile nonché bene prioritario del parco naturale regionale del fiume Sile. Ravvisa inoltre la totale incompatibilità con l’immissione nei fossati di campagna delle acque provenienti dalla prevista discarica»; i terreni circostanti al fiume Sile, compreso quello da adibire a discarica, sono soggetti poi ad elevato rischio idrogeologico: infatti, anche di recente, con le abbondanti precipitazioni di fine maggio, il territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del relativo fiume il quale ha allagato campi e aree golenali; è proprio in ragione di quegli eventi meteorologici, il presidente della regione, Luca Zaia, ha dichiarato, con decreto n. 68 del 29 maggio 2013, «lo “stato di crisi” per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi dal 16 al 24 maggio 2013 per l’intero territorio regionale». Nel decreto si legge, ad esempio, che «Nel Trevigiano l’innalzamento dei livelli dei fiumi e torrenti sopra il livello di guardia, quali il Sile, Piave, Livenza, Monticano, Muson e Brenton, hanno portato, in alcune zone, a tracimazioni ed esondazioni, allagando campagne, coinvolgendo i piani terra di edifici abitativi, comportando la chiusura di strade e sottopassi. Anche a Casale sul Sile l’esondazione del fiume Bigonzo e del Canal Serva hanno provocato allagamenti diffusi investendo strade e abitazioni. Nel comune di Silea l’esondazione del fiume Nerbon e del fiume Sile hanno causato allagamenti nella zona artigianale con gravi danni alle attività produttive, alle colture, investendo altresì le abitazioni della zona»; la discarica della CO.VE.RI., essendo una discarica di rifiuti non pericolosi (ex 2B), ossia che tratta rifiuti costituiti da residui del trattamento di rifiuti, materiali provenienti dalla bonifica di siti contaminati e fanghi di depurazione, produce biogas, ovvero una miscela di gas, per la maggior parte metano (CH4, dal 50 all’80 per cento), prodotta dalla fermentazione anaerobica batterica dei residui organici di varia provenienza (da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione, scarti agro-industriali). Non è chiaro se, tra le specie e i ceppi batterici, necessariamente presenti in situ poiché direttamente responsabili del processo di produzione del biogas, vi siano anche o meno agenti patogeni per l’uomo e/o altre componenti ambientali. Ne consegue dunque, per il principio di precauzione e data la connessione dimostrata tra il sito della discarica e il fiume Sile, un serio pericolo in ordine alla possibile diffusione di malattie a flora e fauna, nonché alla contaminazione delle falde acquifere e di tutta la catena alimentare connessa al fiume; gli abitanti della zona evidenziano infine che, a valle del punto di immissione delle acque provenienti dalla discarica, è ubicato un punto di prelievo idrico per uso potabile (impianto di VERITAS S.p.A. – Servizio idrico integrato a Quarto d’Altino), collegato in rete diretta a Cà Solaro (comune di Venezia, località Favaro Veneto) e successivamente connesso alla rete acquedottistica della terraferma veneziana, la cui sicurezza idrica potrebbe essere messa dunque in pericolo dal progetto in esame; nel medesimo territorio comunale di Casale sul Sile esiste già una discarica, riferibile all’ex Dinamica Costruzioni, con un deposito temporaneo di rifiuti protrattosi per ben oltre l’anno previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 36 del 2003. Essa è giuridicamente ancora in attività ai sensi dell’articolo 32, comma 4, lettera b), della legge regionale Veneto n. 3 del 2000 perché non è stato mai ultimato l’intervento di copertura finale, ex pronuncia TAR Veneto, III sezione, 17 marzo 2006, n. 608 e Consiglio di Stato, V sezione, 15 febbraio 2007, n. 572; l’articolo 32 comma 3, della legge regionale Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 «Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti» stabilisce che «Non possono essere approvati progetti di nuove discariche per rifiuti speciali, con esclusione delle discariche di seconda categoria tipo A, di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, nel territorio dei comuni in cui sono in attività altre discariche per rifiuti speciali o rifiuti urbani, salvo espresso parere favorevole del comune. Detto parere, in assenza di diversa previsione statutaria, è di competenza del consiglio comunale». Ebbene tale parere, ad oggi, non è mai stato concesso; nel corso del 2012 il comune di Casale sul Sile e la provincia di Treviso si sono espressi negativamente rispetto al progetto qui trattato; tutto ciò nonostante la commissione VIA regionale ha espresso parere favorevole al progetto di discarica in data 24 aprile 2013 e contro tale parere il comune interessato ha subito opposto ricorso dinnanzi al giudice amministrativo; nel consorzio CO.VE.RI. figura pure la Mestrinaro spa, attualmente al centro di un’inchiesta della magistratura su un traffico illecito di rifiuti «secondo le accuse che gli muovono i due pubblici ministeri veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe – hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile (…) 4.145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della nuova terza corsia dell’A4, all’altezza del casello di Roncade di Treviso» – La Tribuna di Treviso, 2 giugno 2013. Sussistendo dunque un procedimento penale in corso ogni decisione dell’autorità regionale avrebbe forse dovuto, per precauzione, essere assunta solo dopo la fine delle indagini. Quest’atteggiamento cautelativo pare ancor più necessario se si considera che, nel mese di giugno 2007, uno dei titolari della Mestrinaro ha patteggiato una pena per reati simili a quelli dell’attuale indagine –: quali strumenti di controllo intenda porre in essere il Governo per verificare la compatibilità o meno della discarica con la tutela preminente degli habitat protetti della rete Natura 2000 (siti SIC nn. IT3240028, IT3240031 e ZPS nn. IT3240011, IT3240019) presenti in quel territorio, specie alla luce delle molteplici procedure di infrazione in materia ambientale aperte nei confronti del nostro Paese; se si intendano acquisire elementi circa la più totale assenza di pericoli e/o interferenze da parte della progettata discarica rispetto al patrimonio idrico esistente (utilizzato, come descritto, anche per uso potabile) nonché, in generale, alla salute di flora, fauna e persone. (5-01008)

 

Di seguito il testo dell’atto presentato al Senato:

GIROTTO, MORONESE, GAETTI, CIOFFI, DONNO, FUCKSIA, TAVERNA – Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare – Premesso che: il territorio del Comune di Casale sul Sile (Treviso), nella frazione di Lughignano, in via delle Grazie, è attualmente interessato dal procedimento di approvazione del “Progetto per impianto di discarica per rifiuti non pericolosi e non putrescibili per lo smaltimento dei rifiuti prodotti dalle imprese consorziate nei rispettivi impianti produttivi e di recupero” (categoria ex 2B) in area agricola di tipo E2A (ambiti di rilevante integrità territoriale) per una superficie totale di 52.210 metri quadri, come richiesto dall’impresa CO.VE.RI. Scarl; l’area è già stata utilizzata come cava per l’estrazione di argilla e dal 1990 sono in corso vari procedimenti amministrativi, prima di autorizzazione di attività di ripristino ambientale e poi di coltivazione a discarica; il progetto della discarica prevedrebbe 315.000 tonnellate di materiali in 5 anni, portati da una media di 15 camion al giorno. La viabilità di accesso alla discarica per il conferimento dei rifiuti si sovrapporrebbe parzialmente ad alcuni tratti degli itinerari del “GiraSile, la greenway del Parco del Sile”, che rappresenta la principale rete di mobilità ciclopedonale del parco, in corso di completamento con fondi europei POR-FESR (Programma operativo regionale – Fondo europeo di sviluppo regionale) asse 4, azione 4.3.1. “piste ciclabili in aree di pregio ambientale”; la stampa locale e le numerose assemblee pubbliche, organizzate dalla cittadinanza, hanno posto in rilievo che “una montagna di rifiuti” di più di una decina di metri si staglierebbe su un territorio destinato invece a produzioni ortofrutticole di pregio, quali il radicchio rosso di Treviso IGP, e vitivinicole di qualità; la discarica prevista verrebbe inoltre a trovarsi a brevissima distanza, poche centinaia di metri, dal corso del fiume Sile, il quale è interessato da siti ecologici della rete Natura 2000, siti di interesse comunitario (SIC) e zone di protezione speciale (ZPS). Una parte di quel territorio è tutelata poi dall’ente parco regionale del fiume Sile, istituito con legge regionale 28 gennaio 1991, n. 8, al fine di tutelare i caratteri naturalistici, storici ed ambientali del territorio del fiume Sile. Tra le finalità del parco si annoverano: a) la protezione del suolo e del sottosuolo, della flora, della fauna e dell’acqua; b) la protezione e la valorizzazione del bacino idrografico nella sua funzione di risorsa idropotabile; c) la tutela delle specifiche particolarità antropologiche, idrogeologiche, geomorfologiche, vegetazionali e zoologiche; il piano ambientale del parco non tutela solamente le aree incluse nel perimetro amministrativo dell’area protetta, ma, “Ai fini della tutela paesaggistico-ambientale (…) enuncia gli indirizzi in ordine alla pianificazione territoriale con riferimento alle parti limitrofe all’area del Parco” (art. 3, comma 4, della citata legge regionale n. 8 del 1991). Infatti, all’art. 19 delle norme di attuazione del piano ambientale sono definite le aree limitrofe al parco, quali porzioni di territorio non comprese nello stesso, come ad esempio i corpi idrici di prima classe; a quanto risulta agli interroganti, l’ente parco naturale regionale del fiume Sile, con una nota del 19 febbraio 2013, ha sottolineato come “il progetto della discarica CO.VE.RI, ipotizzata a poche centinaia di metri dal confine ovest e perimetro amministrativo del Parco, non ha mai considerato e valutato le pesanti interferenze ecosistemiche con il Parco Naturale Regionale del fiume Sile, causate sia da carenze progettuali generali che da immissioni dirette della rete idraulica interna alla discarica nella rete idrologica di campagna afferente il fiume Sile”. L’iter amministrativo della VIA poi, sempre secondo l’ente, “non ha mai considerato la presenza di un’area fragile e significativa come quella del Parco del Sile, disciplinata da un apposito Piano Ambientale che governa un ampio territorio composto da 11 Comuni e 3 Province. Le carenze progettuali e le interferenze osservate vengono puntualmente descritte e restituiscono un quadro generale di potenziale e grave alterazione delle principali componenti naturali del Parco, istituito con legge Regionale 28 gennaio 1991, numero 8, per tutelare il suolo, il sottosuolo, la flora, la fauna e l’acqua oltre a proteggere e valorizzare il bacino idrografico del Sile nella sua funzione di risorsa idropotabile”; risulta che con delibera di indirizzo n. 6, approvata dalla giunta esecutiva del parco il 6 marzo 2013 a titolo di protezione e valorizzazione del bacino idrografico del Sile, successivamente ratificata in data 27 marzo 2013 dal consiglio direttivo, l’ente parco, in attuazione del piano ambientale, ha avviato un apposito programma biennale in materia idrologica e idrogeologica esteso a tutto il bacino idrografico nonché un coordinamento istituzionale per la tutela dell’ecosistema e dei corsi d’acqua tra le autorità competenti in materia di acque e di ambiente a livello statale, regionale, provinciale e locale e deliberato di verificare, mediante i propri uffici, la compatibilità, rispetto al piano ambientale, dei progetti di elevato impatto e incidenza ambientale previsti all’interno del bacino idrografico; per quanto risulta, anche l’unità di progetto foreste e parchi della Regione Veneto ha presentato, in data 17 aprile 2013 (prot. n. 164265), alla commissione VIA e alla Direzione per la tutela dell’ambiente, delle osservazioni in merito al progetto di discarica, osservando che esso, mediante le complesse ed articolate interferenze sull’ambiente analizzate finora, altera in maniera irreversibile l’ecosistema fluviale del parco (inteso come bene di speciale interesse naturalistico-ambientale ove attuare una rigorosa protezione di suolo, sottosuolo, flora, fauna ed acqua), incidendo significativamente sull’acqua, risorsa idropotabile di primario valore e fondamento dell’ampio bacino idrografico del Sile nonché bene prioritario del parco stesso. Ravvisa inoltre la totale incompatibilità con l’immissione nei fossati di campagna delle acque provenienti dalla prevista discarica; i terreni circostanti al fiume Sile, compreso quello da adibire a discarica, sono soggetti poi ad elevato rischio idrogeologico: infatti, anche di recente, con le abbondanti precipitazioni di fine maggio, il territorio di Casale sul Sile è stato interessato dalla piena del relativo fiume il quale ha allagato campi e aree golenali. E, proprio in ragione di quegli eventi meteorologici, il Presidente della Regione, Luca Zaia, ha dichiarato, con decreto n. 68 del 29 maggio 2013, lo stato di crisi per le eccezionali avversità atmosferiche verificatesi dal 16 al 24 maggio 2013 per l’intero territorio regionale. Nel decreto si legge, ad esempio, che “Nel Trevigiano l’innalzamento dei livelli dei fiumi e torrenti, sopra il livello di guardia, quali il Sile, Piave, Livenza, Monticano, Muson e Brenton, hanno portato, in alcune zone, a tracimazioni ed esondazioni, allagando campagne, coinvolgendo i piani terra di edifici abitativi, comportando la chiusura di strade e sottopassi (…) Anche a Casale sul Sile l’esondazione del fiume Bigonzo e del Canal Serva hanno provocato allagamenti diffusi investendo strade e abitazioni. Nel Comune di Silea l’esondazione del fiume Nerbon e del fiume Sile hanno causato allagamenti nella zona artigianale con gravi danni alle attività produttive, alle colture, investendo altresì le abitazioni della zona”; la discarica della CO.VE.RI., essendo una discarica di rifiuti non pericolosi (ex 2B), ossia che tratta rifiuti costituiti da residui del trattamento di rifiuti, materiali provenienti dalla bonifica di siti contaminati e fanghi di depurazione, produce biogas, ovvero una miscela di gas, per la maggior parte metano (dal 50 all’80 per cento), prodotta dalla fermentazione anaerobica batterica dei residui organici di varia provenienza (da rifiuti, vegetali in decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di depurazione, scarti agro-industriali). Non è chiaro se, tra le specie e i ceppi batterici, necessariamente presenti in situ poiché direttamente responsabili del processo di produzione del biogas, vi siano anche o meno agenti patogeni per l’uomo e/o altre componenti ambientali. Ne consegue dunque, per il principio di precauzione e data la connessione dimostrata tra il sito della discarica e il fiume Sile, un serio pericolo in ordine alla possibile diffusione di malattie a flora e fauna, nonché alla contaminazione delle falde acquifere e di tutta la catena alimentare connessa al fiume; gli abitanti della zona evidenziano infine che, a valle del punto di immissione delle acque provenienti dalla discarica, è ubicato un punto di prelievo idrico per uso potabile (impianto di Veritas SpA, servizio idrico integrato a Quarto d’Altino), collegato in rete diretta a Cà Solaro (comune di Venezia, località Favaro veneto) e successivamente connesso alla rete degli acquedotti della terraferma veneziana, la cui sicurezza idrica potrebbe essere messa dunque in pericolo dal progetto; nel medesimo territorio comunale di Casale sul Sile esiste già una discarica, riferibile all’ex Dinamica costruzioni, con un deposito temporaneo di rifiuti protrattosi ben oltre l’anno previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto legislativo n. 36 del 2003. Essa è, giuridicamente, ancora in attività ai sensi dell’articolo 32, comma 4, lettera b), della legge regionale Veneto n. 3 del 2000, perché non è stato mai ultimato l’intervento di copertura finale, ex pronuncia TAR Veneto, III sez., 17 marzo 2006, n. 608, e Consiglio di Stato, V sez., 15 febbraio 2007, n. 572; l’articolo 32, comma 3, della legge regionale Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, recante “Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti”, stabilisce che “Non possono essere approvati progetti di nuove discariche per rifiuti speciali, con esclusione delle discariche di seconda categoria tipo A, di cui alla deliberazione del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, nel territorio dei comuni in cui sono in attività altre discariche per rifiuti speciali o rifiuti urbani, salvo espresso parere favorevole del Comune. Detto parere, in assenza di diversa previsione statutaria, è di competenza del Consiglio comunale”; il parere, ad oggi, non è ancora stato concesso; nel corso del 2012 il Comune di Casale sul Sile e la Provincia di Treviso si sono espresse negativamente rispetto al progetto in questione; tutto ciò nonostante la commissione VIA regionale ha espresso parere favorevole al progetto di discarica in data 24 aprile 2013 e contro tale parere il Comune interessato ha subito opposto ricorso dinanzi al giudice amministrativo; nel consorzio CO.VE.RI figura pure la Mestrinaro SpA, attualmente al centro di un’inchiesta della magistratura su un traffico illecito di rifiuti; si legge su un articolo pubblicato su “La Nuova Venezia” del 2 giugno 2013 “secondo le accuse che gli muovono i due pubblici ministeri veneziani, sulla base di due anni di indagini dei carabinieri del Noe – hanno impiegato un vecchio, reiterato, lucrosissimo maneggio: invece di trattare (a caro prezzo, 45 euro a tonnellata) i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano per renderli inerti, li miscelavano tali e quali a calce e cemento, per poi venderli a 39 euro a tonnellata a questo o quel cantiere edile…4145 tonnellate di Rilcem contaminato sono state utilizzate per realizzare il parcheggio dell’aeroporto Marco Polo di Venezia; 34.157 tonnellate sono finite nel tratto della nuova terza corsia dell’A4, all’altezza del casello di Roncade di Treviso”; sussistendo, dunque, un procedimento penale in corso, a parere degli interroganti, ogni decisione dell’autorità regionale avrebbe forse dovuto, per precauzione, essere assunta solo dopo la fine delle indagini. Quest’atteggiamento cautelativo pare ancor più necessario se si considera che, nel mese di giugno 2007, uno dei titolari della Mestrinaro ha patteggiato una pena per reati simili a quelli dell’attuale indagine, si chiede di sapere: se sia a conoscenza dei fatti illustrati; quali iniziative intenda assumere il Governo, fatte salve le competenze regionali in materia di risorse idriche, di parchi regionali e di autorizzazioni ambientali, VIA e AIA, al fine di tutelare e difendere l’intero bacino idrografico del fiume Sile nonché la campagna trevigiana interessati dalla nuova, e a giudizio degli interroganti pericolosa, discarica di rifiuti; quali strumenti di controllo, nei confronti della procedura di VIA, vorrà porre in essere il Governo per verificare la compatibilità o meno della discarica con la tutela preminente degli habitat protetti della rete Natura 2000 (siti SIC n. IT3240028, IT3240031 e ZPS n. IT3240011, IT3240019) presenti in quel territorio, soprattutto alla luce delle molteplici procedure di infrazione in materia ambientale aperte nei confronti del nostro Paese; quali iniziative voglia intraprendere al fine di accertare la più totale assenza di pericoli e/o interferenze da parte della progettata discarica rispetto al patrimonio idrico esistente (utilizzato anche per uso potabile) nonché rispetto alle coltivazioni agrarie e vitivinicole esistenti e, in generale, alla salute di flora, fauna e persone. (4-00858)

 

Senato.

 

Cultura come percorso, da fare anche in bici

In linea con l’abolizione del sistema territoriale delle Province, occorre ripartire in macro-aree la struttura organizzativa dei dipartimenti dei beni culturali delle varie regioni italiane dovrebbe essere ripartita in macro-aree o distretti culturali. Lo sostiene Francesco Campanella del movimento Cinque stelle in una mozione presentata il 12 settembre. Secondo il parlamentare da tale razionalizzazione economica e gestionale delle strutture amministrative, si identificherebbero i “servizi parchi”, servizi che consentirebbero una comprensione unitaria e una fruizione più immediata dei vari aspetti della cultura del nostro Paese, vista non più come somma di reperti storici, ma come un itinerario attraverso il tempo e lo spazio, le emigrazioni, i commerci, le risorse naturali, le tradizioni alimentari e i riti religiosi, fruibili grazie alla rifunzionalizzazione delle antiche reti viarie, armentizie e ferroviarie, da percorrere in bicicletta, a piedi, o a cavallo, sostando ai bivieri, pernottando in mulini, frantoi e grotte.

 

Di seguito il testo della mozione: CAMPANELLA, CASTALDI, SIMEONI, CIOFFI, MORONESE, LEZZI, BERTOROTTA, PEPE, VACCIANO,SCIBONA, AIROLA, FUCKSIA, LUCIDI, CRIMI, MORRA, PUGLIA, GIARRUSSO, SANTANGELO, BLUNDO,GAETTI, SERRA, CASALETTO, CATALFO, ORELLANA, BATTISTA, BOCCHINO – Il Senato, premesso che: il nostro Paese vanta uno dei patrimoni artistici, architettonici e culturali più estesi e belli al mondo. Purtroppo spesso tanta ricchezza non viene valorizzata né tantomeno tutelata nella giusta maniera; il 2 luglio 2013, “Il Sole-24 ore” riportava questa notizia: “Pompei sprofonda a Pompei per risorgere a Londra. Il paradosso di un’emigrazione culturale con pochi, o forse nessun precedente, non può essere più evidente, e per certi versi straziante, di quello che emerge dalle lettura comparata delle cronache italiane e del più aggiornato report del British Museum. Mentre il ministro Massimo Bray replica al monito Unesco riaffermando la volontà di difendere il più straordinario sito archeologico minacciato dall’incuria di un Paese viziato dalla sua bellezza, Neil Mac Gregor, direttore del palazzo di Great Russell street, esulta per i successi britannici di un tesoro d’Italia. Pompei, a queste latitudini, è un granbusiness. Sbanca. La mostra Vita e Morte a Pompei ed Ercolano s’avvia ad essere il terzo maggior evento nei 250 anni di storia del British alle spalle dei Tesori di Tutankhamen (1972) e dell’Esercito di Terracotta cinese (2007). (…) nell’amara constatazione che ormai non solo i giovani emigrano a caccia di miglior fortuna, ma sembra andarsene, seppure in cartolina, anche il patrimonio culturale, alla ricerca di una gloria che se non è ancora perduta è quanto mai minacciata”; questa notizia conferma che i patrimoni artistici, architettonici, culturali e storici italiani sono messi in serio pericolo dalla rinuncia politica alla corretta ed adeguata azione di tutela, nonché alla programmazione di adeguati interventi di salvaguardia e valorizzazione, ponendo così il nostro Paese in un grave e lesivo atteggiamento di rinuncia alla propria vocazione artistica e culturale sulla quale si è fondata l’identità e lo sviluppo della comunità nazionale; considerato che: è necessario adottare una strategia prima che sia troppo tardi e il declino si abbatta anche sulle nostre eccellenze e su uno dei settori cardine per la tenuta sociale ed economica del Paese; la gravissima crisi in atto coinvolge ogni ambito dell’economia e della società fino a mettere in discussione la tenuta dell’intero sistema e del nostro modello di sviluppo. La recessione scuote le fondamenta stesse del Paese e la nostra identità culturale, della quale si stanno perdendo saperi, competenze, creatività, rischiando di pagare per anni un conto salato, nonché indeterminabile nella sua esatta entità, in termini d’indebolimento della diffusione delle conoscenze, dell’innovazione e della competitività della base produttiva; i patrimoni artistici, architettonici e culturali sono gli autentici riferimenti del bene comune e della coscienza collettiva, dell’educazione, del merito e dei talenti, della nostra cultura; ritenuto che: il declino del patrimonio culturale, ambientale, paesaggistico, rurale e geologico della Sicilia rappresenta un esempio reale del degrado del nostro Paese il quale, nonostante la sua straordinaria ricchezza ed eccezionale varietà e gli ingenti fondi europei che vi sono stati riversati negli scorsi decenni rappresentano oggi un onere difficile da sostenere, verso un patrimonio sovente mal gestito, poco fruibile, abbandonato al degrado e ai furti, aggredito dall’abusivismo e da interessi speculativi spesso criminali; l’incuria del patrimonio risulta essere una delle maggiori cause della crisi del settore turistico, laddove la cura adeguata rappresenterebbe uno stimolo per l’economia e fonte primaria di occupazione; la recente notizia che gli incassi di musei e siti archeologici sono diminuiti di un milione di euro in un anno e coprono appena un quinto delle sole spese per il personale preoccupa ancora di più; in linea con l’abolizione del sistema territoriale delle Province e con la necessità di armonizzare e promuovere le identità che costituiscono l’ossatura storica ed originale dei vari luoghi della cultura nazionale, la struttura organizzativa dei dipartimenti dei beni culturali delle varie regioni italiane dovrebbe essere ripartita in macro-aree o distretti culturali, all’interno dei quali dovrebbero operare servizi come soprintendenze, musei e gallerie, parchi archeologici paesaggistici. La denominazione di tali distretti richiamerebbe volutamente quella degli omologhi “distretti turistici”, sostenendo la razionalità e la congruenza di un approccio integrato fra patrimonio culturale e turismo, corrispondendo ciascuno di loro ad aree culturali omogenee, frutto di una storia plurisecolare sviluppatasi su determinati ambiti geomorfologici; l’individuazione delle macro-aree e la creazione dei distretti determinerebbe importanti conseguenze ai diversi livelli richiamati, innovando profondamente l’aspetto organizzativo del dipartimento dei beni culturali e dell’identità nazionale e in prospettiva l’organizzazione dei territori regionali. Il ripristino delle soprintendenze tematiche, rispettivamente archeologiche, architettonico-paesaggistiche, dei beni culturali mobili (storico-artistici, etnoantropologici, librari ed archivistici), consentirà di armonizzare le funzioni nei confronti degli organi statali ministeriali equivalenti e di meglio valorizzare le specifiche competenze tecnico-scientifiche, dalle quali dipendono il livello di qualità nell’esercizio dei compiti istituzionali assegnati e dei servizi erogati. Unitamente alle soprintendenze tematiche, sopra richiamate, importanti segmenti del sistema di gestione pubblica del settore sono rappresentati dai servizi in essere nei musei e nelle gallerie; da tale razionalizzazione economica e gestionale delle strutture amministrative, si identificherebbero i “servizi parchi”, derivanti dall’accorpamento organico e integrato dei siti e delle strutture museali del territorio, servizi che consentirebbero una comprensione unitaria e una fruizione più immediata dei vari aspetti della cultura del nostro Paese, vista non più come somma di reperti storici, ma come un itinerario attraverso il tempo e lo spazio, le emigrazioni, i commerci, le risorse naturali, le tradizioni alimentari e i riti religiosi, fruibili grazie alla rifunzionalizzazione delle antiche reti viarie, armentizie e ferroviarie, da percorrere in bicicletta, a piedi, o a cavallo, sostando ai bivieri, pernottando in mulini, frantoi e grotte; a sviluppare sempre più queste forme di fruizione saranno gli ecomusei, iniziativa partecipata a gestione autonoma da parte delle comunità locali che si riconoscono, riappropriandosene, nei valori della cultura materiale e immateriale tipica e originale per ciascun ambito territoriale, oggi diffusamente praticata in Europa ma priva in Italia di una regolamentazione normativa; risulta essenziale il coinvolgimento dei privati, le cui architetture rurali e case museo inserite nel più ampio circuito delle varie identità territoriali consentiranno di far scoprire gli aspetti meno conosciuti e magari più esaltanti del paese Italia, come l’interazione fra mondo contadino e dimore storiche, fra regge medievali e collezioni liberty, tutelandone la conservazione e favorendone la fruizione grazie a innovative forme di sinergia anche con le scuole. In tal senso un ”osservatorio per la qualità del paesaggio” potrebbe diventare punto di interazione fra le comunità locali, le associazioni, i singoli cittadini e le istituzioni, per arricchire le proposte, la documentazione e le azioni di valorizzazione del paesaggio; rilevato che: l’art. 114, rubricato “Livelli di qualità della valorizzazione”, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche e integrazioni, così prescrive: «1. il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, anche con il concorso delle università, fissano i livelli minimi uniformi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica e ne curano l’aggiornamento periodico; 2. I livelli di cui al comma 1 sono adottati con decreto del Ministro previa intesa in sede di Conferenza unificata; 3. I soggetti che, ai sensi dell’articolo 115, hanno la gestione delle attività di valorizzazione sono tenuti ad assicurare il rispetto dei livelli adottati»; il Ministro per i beni e le attività culturali pro tempore, dopo aver costituito con decreto ministeriale del 18 maggio 2010 il gruppo di lavoro paritetico con le autonomie territoriali per l’esame e l’approfondimento delle tematiche connesse alla costituzione ed alla gestione dei parchi archeologici, ha approvato, con decreto del 18 aprile 2012 (Gazzetta Ufficiale 2 agosto 2012, n. 179, Serie Ordinaria n.165), le linee guida per la costituzione e la valorizzazione dei parchi archeologici; occorrono alcune misure correttive utili a sostenere i servizi musei e i servizi parchi e la loro azione di promozione e valorizzazione culturale in funzione, oltre che del consolidamento identitario delle comunità insediate nei territori, anche dello sviluppo dell’indotto che ne deve derivare sotto i profili economico e turistico, impegna il Governo: 1) ad attivarsi affinché si possa realizzare un sistema integrato in cui, per la prima volta, il patrimonio culturale di proprietà pubblica e quello di proprietà privata vengano considerati come un insieme unitario e interdipendente, prevedendo nuove forme di partecipazione e nuovi soggetti titolari di attività di valorizzazione con formule di collaborazione innovative a costo zero (ecomusei, case-museo, architetture rurali tradizionali, istituti scolastici, geositi, viabilità storica); 2) a rafforzare la normativa nazionale vigente e, conseguentemente, le normative regionali, al fine di poter attualizzare un sistema organico di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale considerato nella sua interezza come un preciso asset strategico, atto a favorire investimenti, a creare nuovi posti di lavoro, a far fronte in maniera concreta nonché risolutiva all’emergenza dei lavoratori precari e a fornire un canale per la formazione diversificata del personale; 3) ad attribuire la giusta autonomia finanziaria alle varie realtà locali e regionali derivante dall’assunzione degli introiti della vendita dei biglietti di ingresso e dei canoni di concessione e di riproduzione, attuando una previsione legislativa già normata, ma finora mai resa efficace, dall’art. 110 del codice dei beni culturali e del paesaggio; 4) a riordinare complessivamente la materia dei beni culturali, ambientali e paesaggistici, intervenendo sull’organizzazione generale delle strutture, sulle competenze, sulla modalità di gestione e sulle misure finanziarie; 5) ad attuare profonde riforme, a partire dall’apparato pubblico, uscendo dai criteri di straordinarietà ed emergenza, avviando nuovi processi di programmazione e realizzando interventi, attesi da anni, che restituiscano al Paese e ai cittadini una prospettiva di lungo periodo, la fiducia nel futuro e la speranza di una qualità di una vita migliore. (1-00142)