Rimettiamo insieme la banda
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di Paolo Pinzuti.

 

Luca è una delle 10 persone morte sulle strade italiane il 12 settembre, quello che lo rende speciale è che che Luca era amico di molti di noi ed era colui che all’inizio della campagna #salvaiciclisti si inventò quel marchio arancione che ha saputo riunire i sognatori di tutta Italia.

 

Luca di Ancona o Luca Bicycle, se preferite, era uno di quelli che nella propria città cercava di far capire ai propri concittadini che la velocità uccide. Adesso lo ha dimostrato con il proprio corpo (suo malgrado) a beneficio di tutti coloro che ne avessero mai dubitato.

 

Il suo corpo parla a tutti noi e ci dice che sì, è vero, sempre più decisori politici stanno capendo le dinamiche della Mobilità Nuova, ma anche che sulle strade le cose vanno sempre peggio (+80% di pedoni morti nel mese di Luglio) e che a colpi di convegni e tavole rotonde ci vorranno forse altri 20 anni per cambiare le cose.

Lo shock per la sua morte ha riempito tutti noi di rabbia e di incredulità, ci ha fatto suonare dentro un campanello di allarme che dice chiaramente che non possiamo più starcene con le mani in mano ad aspettare che le cose cambino da sole e che, forse, il periodo dei distinguo, delle lotte interne, degli individualismi, dei piccoli cesari e dei battitori liberi deve essere lasciato alle spalle al più presto.

Luca ci ha lasciato una bandiera, un simbolo che non può essere solamente una spilletta da appendere al bavero della giacca o da lasciare su una mensola in memoria della manifestazione che portò 50.000 persone in piazza il 28 aprile del 2012: quel simbolo rappresenta il sogno di città che si muovono secondo logiche diverse da quelle attuali, rappresenta la visione zero, quella di una società in cui nessuno muore più sulla strada per un uso sconsiderato delle quattro ruote.

 

Credo che il compito di tutti noi in questo momento sia quello di stringerci attorno a Luca e portare avanti tutti assieme la sua battaglia, la nostra battaglia, perché solamente tutti assieme possiamo maturare la speranza di cambiare le strade dove noi e i nostri cari ci muoviamo. Facciamolo con operazioni tattiche, atti dimostrativi anche eclatanti, lanciamo il guanto di sfida a chi ha la possibilità di mettere fine alla mattanza ma che fino a questo momento se ne è fregato bellamente

 

Il 1 ottobre FIAB lancerà una campagna di portata nazionale per chiedere e ottenere quello che rappresenta il cuore della campagna #salvaiciclisti: l’introduzione del limite di 30 km/h nelle aree urbane all’interno del codice della strada. La scelta del momento non è casuale: proprio in queste settimane si sta discutendo in Parlamento delle modifiche al codice della strada e non possiamo permetterci di far sfumare l’occasione per trasformare l’Italia in un paese civile. Le chance di riuscita non sono mai state tanto alte.

 

Serve il contributo di tutti: delle associazioni che hanno partecipato a #salvaiciclisti, prima, e a Rete Mobilità Nuova, poi; di tutte quelle aziende che possono beneficiare di una modifica della mobilità nel nostro paese e di tutti quei cittadini che ogni mattina sono costretti a raccomandarsi a Dio prima di immettersi nel traffico motorizzato.

 

La campagna #salvaiciclisti è stata dirompente, ha scardinato alcuni meccanismi logorati dal tempo e talvolta ha creato incomprensioni e attriti anche all’interno del mondo dell’associazionismo, a partire dalla stessa FIAB che di questo mondo fa parte da decenni. Oggi però occorre uno sforzo di straordinaria generosità da parte di tutti e di ciascuno per lasciarsi alle spalle le piccole o grandi questioni personali in nome di un obiettivo molto più grande: fare in modo che Luca sia l’ultimo martire di questa sporca guerra.   

 

A questo punto tutti noi siamo chiamati a prendere una decisione: dobbiamo chiederci se la priorità sia limitare la velocità sulle strade o continuare a farci sgambetti tra alleati per solleticare il nostro ego.

 

Per chi ritiene che l’obiettivo ultimo debba essere ancora la tutela della vita di chi si sposta (sia esso un pedone, un ciclista, un bambino o un anziano), faccio presente che la fase di preparazione della campagna #30eLode è già cominciata e che tutti possono contribuire (leggi qui: La prossima campagna FIAB).

 

Nel corso delle prossime settimane ci saranno altre attività di coinvolgimento dei cicloattivisti, ma questo non toglie che chiunque possa organizzare azioni collaterali organizzate dal basso da chiunque, sotto qualunque cappello e che spingano nella stessa direzione.

 

Se c’è qualcosa che gli ultimi millenni di storia ci ha insegnato è che il devide et impera non passa mai di moda e che un popolo diviso è sempre facilmente raggirabile.

Tutti noi abbiamo un debito nei confronti di Luca Canonici che possiamo saldare solamente se, unendoci, daremo vita a un fronte compatto che imponga la mobilità nuova nell’agenda politica del nostro paese.

 

Non possiamo più aspettare.