Trasimeno nel fango. Ovvero cicloturismo … come non si deve fare.
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Sul primo canale tedesco ARD il 5 luglio 2014 è apparso un servizio denuncia sulla pista ciclabile del Trasimeno. Pista in condizioni pietose, a tratti inesistente o sommersa dal lago, soprattutto uno scandaloso spreco di fondi.

 

Così ci scrive un dirigente FIAB residente in Umbria. “Il servizio della televisione germanica, anche se con qualche imprecisione, non ha fatto altro che render a tutti noto quello che molti da noi già sapevano, al punto da evitare da tempo di utilizzare la “Sistemazione ciclabile” del Lago Trasimeno (almeno si ebbe il pudore di non chiamarla “Pista”). Una grande incompiuta, finanziata (almeno inizialmente), con i fondi della 366, pensata male e realizzata peggio senza alcuna procedura comparativa nè per la progettazione, nè per la esecuzione delle opere affidate alla Comunità Montana del Trasimeno, in un “In-house” inammissibile e un inammissibile gioco al ribasso. Nessun piano per la gestione (che non significa solo manutenzione, ma che è soprattutto manutenzione), che individuasse competenze e dislocazione delle risorse, ma tanti denari per promuoverne nei siti internet istituzionali e no, la fruizione (dell’inesistente!).

Si faccia almeno tesoro dell’accaduto, e non ci si nasconda più dietro l’icona dell”Umbria cuore Verde d’Italia”, perchè dietro quell’icona questo accade.”

 

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Questo episodio la dice lunga sulla gestione del cicloturismo nel nostro Paese, che potrebbe essere una risorsa economica importante come dimostrano i primi flussi in alcune Regioni e confermano vari studi economici.

 

Da noi, a differenza di quanto accade altrove, non è un’ente governativo ma  un’organizzazione di volontari come la FIAB a studiare una rete ciclabile nazionale (Bicitalia) che si  allaccia a quella europea (Eurovelo).

Quest’anno, una decina di Regioni hanno aderito a Bicitalia e all’idea di coordinarsi per realizzarla, ma si va a rilento e, nel frattempo , arrivano pessimi “biglietti da visita” come questa faccenda del Trasimeno. Certo, a voler pensar male, dietro ci sarà anche l’interesse economico, deviare altrove i cicloturisti che finalmente cominciano a pedalare in Italia; d’altronde ogni Paese gioca la sua partita e se l’Italia segna poco e fa “autogol” come questi …

 

Un episodio come questo però è l’ennesima conferma della bontà di quanto, e molto diverso, propone invece FIAB, non isolati (e sconosciuti) interventi “spot” come questo ma una rete di ciclovie che copra veramente tutto il territorio nazionale, con crteri di “economicità”, cioè utilizzando il più possibile le strade esistenti a bassa densità di traffico e, quando indispensabili, concentrando i fondi disponibili solo in pochi tratti di collegamento. Un discorso a parte meritano percorsi molto qualificati, ad es. argini di fiumi e canali, ferrovie dismesse, ecc., dove è possibile ricavare greenway di alta qualità; la ciclabile qui diventa occasione di recupero, tutela e valorizzazione di emergenze ambientali, storico-architettoniche e paesaggistiche.  Comunque da mettere in rete.

Niente sprechi e niente mega-opere ciclabili, inutili o impossibili, grazie!

Ne riparleremo.