Incomprensibile decisione della Giunta comunale veneziana che ha vietato, per i non residenti, il transito delle biciclette nella città lagunare, anche se trasportate a mano. Pubblichiamo due articoli, il primo di informazione generale, di Raffaele Di Marcello, il secondo di Stefano Gerosa, residente nel Comune di Venezia, che raccoglie idee e malumori dei ciclisti locali (ma non solo).
Come è triste Venezia… senza bicicletta.
Cantava l’indimenticato Charles Aznavour, “Come è triste Venezia, soltanto un anno dopo…”, e neanche un anno è passato da quando l’amministrazione comunale costruiva la pista ciclabile affiancata al Ponte della Libertà (la cui realizzazione era stata deliberata dalla Giunta veneziana il 21 dicembre 2012), per collegare la laguna con Mestre.
Ponte ciclabile volato via a giugno scorso, forse per un segno del destino, qualche settimana dopo la sua ultimazione, e poi ripristinato, ma che rischia di volatilizzarsi di nuovo, se non fisicamente di certo metaforicamente, se passerà l’incomprensibile proposta, sempre della Giunta comunale veneziana, che dovrà essere ratificata dal Consiglio Comunale, di vietare, per i non residenti, il transito delle biciclette nella città lagunare, anche se trasportate a mano (il divieto di circolazione in sella esiste già). Divieto che, seppur non valevole per i residenti (che potranno portare il mezzo da Piazzale Roma o dalla stazione fino a casa, o ai vaporetti per le isole, seguendo però il percorso più breve, e rimane da capire chi misurerà tali distanze e come…), rende di fatto inutile la realizzazione della pista ciclabile affiancata al ponte e fa restare fuori dai circuiti cicloturistici Europei (rete Eurovelo) e nazionali (Bicitalia) il capoluogo veneto, oltre a complicare la vita di chi volesse, per lavoro o per gli spostamenti quotidiani, utilizzare la bicicletta per recarsi a Venezia o spostarsi dalla laguna verso la terraferma.
E pensare che il 27 luglio scorso veniva firmato un protocollo di intesa tra il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, il Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini, e i rappresentanti delle Regioni coinvolte, tra cui la Regione Veneto, per la realizzazione della pista ciclabile di rilevanza europea (Eurovelo 8), Venezia-Torino, denominata Ven.To., finanziata, insieme ad altre infrastrutture ciclistiche, con ben 91 milioni di euro per il triennio 2016/2018.
Infrastruttura che, leggiamo sul sito del Ministero, consiste in una “ciclovia di 680 chilometri che corre lungo il fiume Po, in parte sugli argini, in parte lungo ciclabili esistenti e in parte su tracciati ancora da attrezzare, che vuole collegare Venezia a Torino attraversando altri 121 comuni, ricchi di beni artistici e architettonici e salendo fino a Milano accanto ai navigli. Sarebbe la più lunga infrastruttura per il cicloturismo in Italia e nel sud Europa, inserendosi nella direttrice Eurovelo 8 in connessione con Eurovelo 5 e Eurovelo 7. Attraversa 4 regioni, 12 province, oltre 120 comuni e 242 località e paesaggi culturali, incrociando lungo il proprio percorso una varietà di bellezze artistiche, monumentali, ambientali e naturali, luoghi di storia, cultura e di produzione lungo il corso del Po.”
Una ciclabile che attirerà centinaia di migliaia di turisti europei e non solo, incrementanto il giro d’affari legato al cicloturismo (che solo nel 2012 ha raggiunto cifre pari a 44 miliardi di euro), turisti che, in sella alle loro bici, vorrebbero visitare le città attraversate dall’itinerario, Venezia compresa.
Ma se il Consiglio Comunale approverà la miope scelta della Giunta veneziana, questo non sarà possibile. Venezia, dove pure le navi da crociera possono attraccare quasi fino dentro a San Marco, è vietata alle biciclette, mezzo notariamente pericoloso, fastidioso, ingombrante e, diciamocelo pure, un po’ da poveracci (e bisognerebbe dirlo a tedeschi, francesi, svizzeri, statunitensi, austrialiani, ecc., che spendono milioni di euro per andare in giro per il mondo sulle due ruote a pedali).
La ciclovia Venezia-Torino, Ven.To., per coerenza, dovrebbe quindi cambiare nome, chiamandosi Mestre-Torino, cioè Mes.To., a sottolineare la tristezza che la scarsissima lungimiranza dell’amministrazione comunale veneziana ha verso una forma di mobilità, e di turismo, sostenibile, a basso impatto, di alta rilevanza economica, che negli ultimi anni sta crescendo sempre più, fino a diventare uno degli indicatori di sostenibilità della carta del turismo sostenibile.
“Com’è triste Venezia soltanto un anno dopo, com’è triste Venezia se non si ama più, i musei e le chiese si aprono per noi, ma non lo sanno che oramai non ci sei.” Addio bicicletta, Venezia non ti ama, i veneziani forse si.
Un accanimento contro il cicloturismo, contro l’interesse della città (ed il buonsenso)
di Stefano Gerosa
Il Comune di Venezia, negli scorsi 10 anni, limitatamente a Terraferma (Mestre e Marghera), ha lavorato a favore della mobilità ciclistica. E per questo si è meritato dei riconoscimenti. Mestre è stata anche meta di viaggi di studio, sia da parte di Fiab che dell’Università di Verona, per studiare come si realizzano le infrastrutture ciclabili (una volta tanto non all’estero!).
Adesso la musica cambiata. Indietro tutta (almeno di 20 anni). La Giunta che proibisce di portar a Venezia la bicicletta a mano è la stessa che durante la Settimana della Mobilità Sostenibile non ha trovato altro da fare che portare le auto in piazza. La stessa che, mentre tollera la presenza delle grandi navi in laguna, grida poi allo scandalo se un cicloturista tedesco, portandosi la bici a mano o in spalla, va a farsi una foto in Piazza San Marco!
In che modo una bici offenda il decoro di Venezia non si riesce proprio a comprenderlo. Una Venezia flagellata da molti gravi problemi, da un turismo di massa sempre più ingestibile, che invade spesso ogni angolo della città e, in certi momenti, non consente ai cittadini veneziani neppure di camminare.
Oggi ho sentito un ciclista veneziano, l’amico Alberto Fiorin, animatore del team Pedale Veneziano, e molto noto per i suoi viaggi ciclistici in capo al mondo, per le sue belle guide e libri di itinerari.
Anche lui è arrabbiato e perplesso. Mi racconta che il ciclturismo sta esplodendo in tutta Europa e Venezia è diventata una nuova meta, molto ambita, facente parte di itinerari importanti. Non c’è solo il futuro Ven.To, ma c’è già la Venezia-Monaco e la Ciclovia Adriatica e molti altri itinerari della Regione Veneto, già sfruttati dai tanti Ciclo-Tour Operator nati negli ultimi anni. Insomma oltre che tanta passione, grazie alle bici, anche reddito e posti di lavoro per l’Italia e per Venezia.
“Stefano” mi dice “Ma vuoi che il cicloturista che arriva a Venezia dagli USA, dall’Australia o da chissà dove non desideri farsi una foto con la sua bici in Piazza San Marco? Perchè no?”
Già. In tutta Europa ai cicloturisti si stende il tappeto rosso ma evidentemente non è il famoso “rosso venezia”. In laguna accoglienza zero.
E quest’anno, per le note vicende della ciclabile “monca” sul Ponte della Libertà molti cicloturisti stranieri si sono trovati in difficoltà (in “brutte acque” verrebbe da dire).
Il provvedimento del sindaco non è altro che l’apoteosi di una Venezia che chiude gli occhi al mondo che cambia, che non vuole aprire le porte al turismo dolce ed ecologico. Meglio il classico turismo mordi e fuggi.
Alberto Fiorin mi racconta che ieri una sua amica ha ospitato un ragazzo spagnolo. Un cicloturista che da Madrid si sta recando in bici in Tibet. Però non è riuscito a portare la sua bici alla Giudecca, dove abita l’amica (che ovviamente avrebbe ospitato anche il suo mezzo). Sul vaporetto, con la bici, non lo facevano salire!
Ma poi, secondo il sindaco, i cicloturisti arrivano a Venezia con la loro bici “per caso”? Io lavoro di fronte alla stazione e li vedo tutta l’estate sbarcare dai treni, con bici stracariche. Molti si guardano intorno, un po’ stralunati. Già perchè hanno prenotato in qualche Hotel o in qualche B.eB. del centro dove, evidentemente, gli han detto che possono ricoverare la bici. Ma, adesso, come arrivarci? Allora la portano a mano, la sollevano faticosamente per scavalcare i ponti.
Insomma .. dormono e mangiano a Venezia, pagano, sono clienti, turisti che portano “schei”!! Perchè non equipararli ai cittadini veneziani?
Ho ospitato a casa mia, a Mestre, molti cicloturisti, da tutto il mondo (americani, francesi, tedeschi, greci, ecc.). A tutti ho dovuto spiegare che Venezia non è Amsterdam o Copenhagen, dove ci sono canali ma anche delle strade. No, qui non puoi usare la bici per visitarla!! Li ho consigliati pertanto di lasciare le bici nel mio cortile e di andare a Venezia con i mezzi.
Potrebbe essere una soluzione, caro Brugnaro, i cicloturisti li lasciamo a Mestre. Ma chi glielo spiega? Quando ignari prenotano un Hotel a Venezia, chiedendo un posto bici? Pensate che gli albergatori gli diranno “no caro, dai, non pernottare da noi, vai a Mestre”. Già me li immagino proprio!
E quale sarà, allora, l’accoglienza? Un cicloturista che vuole raggiungere l’albergo .. lo multiamo? Gli sequestriamo il mezzo? Insomma Venezia da vacanza di sogno ad incubo. Che bella pubblicità!!
Questo provvedimento non ha ne capo ne coda. Non esiste in Stazione o in Piazzale Roma un posto sicuro dove parcheggiare la bicicletta. Chi arriva, allora, se non può portarsela in albergo, dove dovrebbe lasciarla? Prima, almeno, si realizzi un cicloparcheggio, a prezzi decenti.
Intanto, purtroppo, Venezia si è già fatta una cattiva fama tra i ciclisti. Perchè arrivarci non è facile, visto che tra Mestre e il capoluogo lagunare esiste solo una pericolosa superstrada, compreso il Ponte della Libertà. FIAB Mestre, insieme ad un vasto comitato di una decina di associazioni, si batte da anni per una ciclabile.
Questo collegamento, salvo ulteriori brutte sorprese, verrà realizzato nei prossimi anni. Anche se, per la verità, era stato già programmato per il 2014 (dalla scorsa Giunta, poi caduta per i noti scandali).
La situazione quest’anno è precipitata, mettendo in serio pericolo la vita dei sempre più numerosi ma ignari cicloturisti da tutto il mondo. Visto che della ciclopista sul ponte se n’era realizzato solo un pezzo, chiuso poi a metà strada senza nessun segnale di avviso (come al solito, chissenefrega dei ciclisti).
Grosse difficoltà sia per chi proveniva dalla terraferma che, dopo aver affrontato i pericoli della superstrada, ignaro del fatto che la ciclabile si interrompeva, doveva fare il salto del muro per rientrare in strada, di nuovo tra le auto a velocità sostenuta (si veda in nota la lettera giunta a FIAB da cicloturisti tedeschi, con relativa foto). Lo stesso se provenivano da Venezia, ignari del fatto che la ciclabile li avrebbe portati sul lato contromano della superstrada, con impossibilità di proseguire, visto che il collegamento Mestre – Ponte della Libertà ancora non esiste (se non a livello progettuale) e, al momento, non esiste un servizio aviotrasportato per portarti dal lato giusto della strada (nota per la Giunta veneziana: non dico sul serio, non chiedo un elicottero, non sia mai, questa è solo una battuta ironica).
Insomma, fino a che la ciclabile non verrà terminata e resa sicura, non resterà che raccomandare ai cicloturisti di arrivare a (o partire da) Venezia in treno, rinunciando all’ultimo o primo tratto del loro viaggio.
Sempre che qualcuno glielo dica, un qualcosa, a questi ciclisti.
Naturalmente, per le solite “passerelle politiche”, anche questa Giunta aderisce poi a tutte le idee di ciclovie che portino ciclo-turisti nel capoluogo lagunare. Salvo far di tutto perchè questa diventi l’esperienza ciclistica peggiore della loro vita.
Lettera pervenuta questa estate a FIAB da cicloturisti stranieri (nella foto quel che erano costretti a fare)
Ponte della Liberta Venezia – Danger!
Please inform your members that cycling to Venice is dangerous and only possible when you are two people that can help each other. The beginning of the Bike Lane is not easy to find and leads you partly along side auf heavy traffic before you reach the bridge. Shortly before Venice Bike Lane stops and you have to lift your bicycle over to the half finished bicycle path or on a wall where can lead it by hand. Both possibilities are dangerous because you can easily lose your balance and in between the lane and the old bridge is a gap where you can see into the water.
This seems to be existing since longer time and I have the impression that the authorities do not have the will to finish the bike lane. The whole bike lane should either be closed or finished! But as long as it looks now there should be signs warning cyclists.