Uscire dalla nicchia
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di Valerio Parigi Valerio a senso unico

 

Fiab è all’opera da 20 anni per promuovere la bici come mezzo di trasporto quotidiano. Alcune città pilota in Italia mettono in mostra già da anni una ciclabilità abbastanza vicina a quella del resto d’Europa. Una grande visibilità mediatica è arrivata alla bicicletta in tempi recenti, per esempio con la campagna #salvaiciclisti e sui temi della sicurezza stradale.

Eppure l’Italia nel suo complesso non si è avvicinata alla mobilità europea, anzi: considerando i progressi fatti dai paesi all’avanguardia e da quelli che li inseguono (in pratica tutta l’Europa eccetto noi e pochi altri) la distanza è aumentata. Purtroppo Reggio Emilia, nonostante il suo potenziale di modello virtuoso, non ha fatto scuola, o solo in pochi casi ed isole quasi felici. 

 

sicurezza

Quando portiamo negli enti locali o a livello governativo le necessità di sviluppo della ciclabilità urbana, semplicemente indicando modelli esistenti, conosciuti e sperimentati sia in Europa che nelle più avanzate città italiane, non è raro essere considerati marziani, o magari liquidati con un sorrisetto di compiacenza.  

 

Aspettiamo tempi migliori? Speriamo che l’Europa ci dia la linea e spinga sviluppi che per impulso proprio da noi non ci sono? Oppure ci rifugiamo in gite in bici fra vecchi amici, “fuoriporta” o arrampicandoci sul Monte Bianco?

Invece di aspettare “tempi di maturazione” eterni, o continuare a scontrarci con amministratori felloni ed impermeabili, dirigenti ministeriali e comunali incompetenti, tecnici impegnati a trovare motivi per “non fare”, potremmo imboccare una strada diversa: uscire dalla nicchia.

 

Essere presi sul serio è la vera sfida, e questo risulterà difficile, anche per cancrene culturali del nostro paese, finchè appariremo come portatori della sola bicicletta quale alternativa all’immobilità autocentrica delle nostre città. Il gap informativo e di sensibilità è troppo grosso, per superarlo sarebbero necessarie per es. campagne istituzionali, come avviene in altri paesi: il cane si morde la coda, chi non muove un dito per la ciclabilità, si guarderà bene da impegnarsi (ed investire) su informazione, educazione stradale etc.

 

Abbiamo però un fattore a nostro vantaggio: la percezione di paralisi, costi esorbitanti, dannosità dell’attuale modello autocentrico di mobilità è abbastanza diffusa in vastissimi strati di popolazione. E su questo possiamo fare leva. Porre a chi ci sta di fronte la domanda: “ma non vorresti muoverti ogni giorno per andare per es. al lavoro, senza rimanere incastrato per ore, spendere un sacco di soldi etc etc?” Ed ecco le due alternative all’immobilità, ben legate fra loro: trasporto pubblico + bicicletta. Metro, tram, treni, bus per le grandi distanza, bicicletta per “chiudere” il buco fra portone di casa e fermata o stazione. E fra queste ultime e l’ufficio, la fabbrica, la scuola … Ovviamente non dimenticheremo di indicare che in molti casi il percorso da A a B, a certe condizioni, può essere tranquillamente fatto tutto in bicicletta.

treno danese

 

Il resto di Europa sta sviluppando fortemente l’intermodalità dopo aver (ri)scoperto la bicicletta, ed in tal modo vuole sottrarre quote davvero decisive all’automobile. Noi potremmo seguire una strada un po’ diversa: arrivare “dopo” alla bici,  necessaria per rendere competitivo il trasporto pubblico rispetto all’auto ed allo scooter, che prospettano un (illusorio) spostamento da porta a porta.

Per imboccare questa strada occorre però guardarsi intorno. Servono alleanze, in parte già sperimentate, in parte del tutto nuove. Alleanze che fanno base sul mondo ambientalista, ma che si spingono oltre, andando a toccare per es. le organizzazioni dei consumatori, di chi si occupa di  salute, di qualità della vita, di trasporti pubblici, per finire con  forze politiche, sindacali, culturali.