Almeno da 30 anni i mezzi di comunicazione ci passano un mieloso “refrain”, un’immagine della bicicletta edulcorata e romantica. Ciclisti simpatici, bicicletta ecologica, uccellini che cinguettano a primavera (..).
Così simpatici che, a suo tempo, l’assessore di turno ci riservava splendide accoglienze e smaglianti sorrisi, ma le nostre proposte gli entravano da un orecchio per uscire dall’altro.
Questo capitava fino a quando si era un’infima minoranza. Ora i ciclisti sono aumentati, rivendicano spazi e diritti e hanno un certo “peso”. Così qualcuno ci dice “Dai non dite certe cose! Vi rendete antipatici!”. Eh già, per diventare antipatici basta uscire dalla parte assegnata, dai comodi stereotipi dell’italiano medio.
Se diciamo “pista ciclabile” va ancora bene, l’idea è stata metabolizzata. Perlomeno fino a quando resta un concetto astratto, utile per promesse elettorali o chiacchiere da bar. Poi quando le pretendi davvero, e magari tocchi qualche spazio di sosta, allora son dolori. Siamo antipatici.
Altre proposte appaiono invece più scioccanti ed eretiche, giudicate in base a pregiudizi, non a parametri tecnici o sulla base di buone pratiche (estere o nostrane).
Secondo alcuni non dovremmo promuovere quelli che sono normali ingredienti della mobilità ciclistica in mezza Europa (sensi unici eccetto bici, zone 30, segnale di svolta a destra con semaforo rosso, ecc.), e neppure opporci alle proposte controproducenti, quelle che ammazzano la mobilità ciclistica, considerate “boiate pazzesche” nei Paesi ad alta densità ciclistica e “geniali” da noi (casco obbligatorio, targa per la bici, altri obblighi inutili, vessazioni dei ciclisti, ecc.).
E perché? “ Vi rendete antipatici agli italiani!”. “Ma mi faccia il piacere!” direbbe Totò!!
Sta di fatto che oggi qualcosa cominciamo ad ottenere. Si vedano ad es. i recenti provvedimenti del Parlamento (di cui abbiamo già parlato). Ci sono persino sindaci, deputati e qualche ministro che ci ascoltano e ci danno credito. Discutono nel merito i provvedimenti che proponiamo, perché capiscono che possono essere utili per i cittadini (non solo ai ciclisti). E questo accade perchè riconoscono la nostra competenza e preparazione in materia. La simpatia poi se c’è va bene, ma tecnicamente non è un requisito (anzi, come detto, può essere un handicap se ti trattano come il “simpatico pazzerellone” di turno).
Si discuta quindi sulla base di dati, elementi tecnici, esperienze concrete effettuate in altri Paesi. Non per pregiudizi, o con l’incivile “da noi non si può”. Perché per la mobilità ciclistica si dovrebbero applicare criteri diversi, “naif” rispetto a quelli utilizzati per una qualsiasi infrastruttura o provvedimento sulla mobilità?
Si progetta un’autostrada perché la si ritiene utile alla collettività (nota 1), non per “simpatia della mobilità automobilistica”. Nel realizzarla non si applica il criterio “ehi! Dai, siamo simpatici!”. Proprio no, si espropriano aree ed edifici da abbattere, si creano barriere, ecc. Ogni decisione politica, ogni infrastruttura comporta costi/benefici e così anche una ciclabile, con i suoi notevoli benefici (nota 2), ha i suoi costi, ad es. può togliere posti auto e costringere a parcheggiare qualche metro più in là.
La presenza di più ciclisti nelle strade, educati o maleducati che siano (nota 3), rompe le scatole agli automobilisti che non possono più permettersi partenze sgommanti, devono guidare un po’ più piano e con più attenzione.
Per queste cose, ritengo, molti cittadini oggi considerano antipatici i ciclisti.
A questo punto non ci resta che rivendicare la nostra antipatia e farne punto d’orgoglio? Perché, di fatto, secondo lor signori, simpatici possiamo esserlo solo a condizione di non esistere o di restare un’infima minoranza silenziosa, un “fastidio” occasionale ed irrilevante sulle strade.
Invece continueremo a pedalare, non per essere simpatici a qualcuno, non ci interessa proprio, ma per conquistare una città migliore per tutti, una città possibile.
(nota 1) E’ un esempio, non entro nella questione se fare un’autostrada sia utile alla collettività (e all’ambiente), cosa di cui personalmente spesso dubito (perlomeno, a finanziamenti limitati, quando il confronto avviene con altre infrastrutture, tipo ferrovie e trasporto pubblico, molto più necessarie).
(nota 2) Una strada amica della bici porta vantaggi per tutti, non solo a chi la usa in bici: minore inquinamento, meno ingorghi, meno rumore, più spazio davanti alle vetrine che non sono coperte dalle auto. Se diventa facile muoversi in città in bici, una percentuale di cittadini sceglierà liberamente la bici liberando le strade per chi deve necessariamente usarle con l’auto (più piano e con più attenzione, però!). Se più cittadini risparmiano soldi della benzina o dei mezzi pubblici avranno da spendere nei negozi o per piacevoli “extra” come ristoranti, cinema, divertimenti. Se una città è piacevole da girare in bici diventa bello viverci e anche i politici alla fine hanno il loro tornaconto, quando le polemiche si acquietano e le persone ritornano ad impossessarsi delle strade.
(nota 3) In media lo sono tanto quanto gli automobilisti. Forse quelli neofiti possono sembrarlo, in quanto più inesperti ed in serie difficoltà nel nostro traffico “selvaggio” (ancora regolamentato solo per le auto). Sulla questione si veda anche la serie di articoli Maleducazione sui pedali? No, grazie