1984 – 1988 Il Codice Stradale non ci difende. Tiriamo un sasso in piccionaia .. e svegliamo Belzebù!

1984 – 1988 Il Codice Stradale non ci difende. Tiriamo un sasso in piccionaia .. e svegliamo Belzebù!

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In questi ultimi anni, come alcuni di voi sapranno, finalmente alcune delle nostre proposte di modifica del Codice della Strada sono state discusse in Parlamento ed inserite nel progetto di riforma.

Viste le lungaggini procedurali e, a vanificare tutti gli sforzi, una possibile interruzione di legislatura, non siamo in grado di fare previsioni sull’approvazione, pur apprezzando il generoso e competente impegno dell’on. Paolo Gandolfi, coordinatore del “Gruppo Interparlamentare Mobilità nuova e ciclistica” e relatore della riforma.

Precisando che le proposte di modifica che apprezziamo non sono soltanto quelle per la mobilità ciclistica ma anche quelle per la moderazione della velocità e del traffico, per la sicurezza stradale, a favore di tutti gli utenti della strada (anche per la nostra storia, come vedrete!)

Non tutti sanno, forse, che queste proposte di riforma non sono precisamente una novità. Il Codice Stradale è sempre stato al centro del dibattito e delle proposte di FIAB anzi, ancor prima, del Coordinamento Nazionale degli Amici della Bicicletta.

Premetto, a scanso di equivoci, che le nostre proposte più recenti di modifica normativa sono state discusse e rielaborate, tenendo conto di valutazioni tecniche e normative dai nostri esperti dell’Area Tecnica Fiab (cito ad es. l’Ing. Chiarini e l’Ing. Galatola).

Negli anni ’80, invece, non disponevano dell’attuale “know-how”. Più semplicemente alcuni giovani volenterosi si documentarono sulla normativa italiana ed esperienze estere, studiarono, discussero animatamente tra di loro ed elaborarono le prime proposte. Non erano esperti ma semplici ciclisti urbani che vivevano quotidianamente, sulla loro pelle, le contraddizioni di un Codice che percepivano “pensato per favorire lo sviluppo del mezzo privato a motore”.

La documentazione rimasta è ben poca ma sufficiente per farci un’idea delle prime elaborazioni e di come, tutto sommato, possano apparire moderne ed anticipatrici di proposte oggi ritenute innovative ma già individuate o intuite da allora.

Il 6 maggio 1984 a Firenze il Cordinamento Nazionale Amici della Bicicletta tenne il suo primo incontro al di fuori di Arcipelago Verde. All’ordine del giorno l’elaborazione di una proposta per la riforma del Codice della Strada.

Tutto sommato, quella fu la prima occasione per confrontarci e chiarire insieme la nostra visione “politica” della bicicletta.

Alcuni di noi avrebbero voluto approfondire meglio le proposte, mentre l’associazione di Firenze premeva per uscire subito pubblicamente. Di quella riunione ricordo la frase ripetuta più volte da un delegato fiorentino (di cui ho dimenticato il nome): “Dobbiamo tirare un sasso in piccionaia”.

Il nostro movimento era ancora a livello “larvale” e, a dir il vero, quel sasso non aveva neppure la forza di alzarlo, figuriamoci tirarlo in piccionaia. Bisognava aspettare ancora qualche anno.

D’altra parte ogni cammino inizia con un primo passo; intanto c’era il documento comune, che credo sia interessante rileggere oggi.

«Il coordinamento dei gruppi ciclo-ecologisti italiani degli Amici della Bicicletta, riunitosi a Firenze il 6 maggio 1984, ha discusso la possibi­lità di modifiche dell’attuale codice della strada, collegata al disegno di legge riguardante la delega al gover­no delle norme concernenti tale di­sciplina.

Tale discussione ha portato da par­te nostra ad una serie di proposte elencate dì seguito da tener presenti nella presentazione di un disegno di nuovo codice stradale.

Premettiamo che la bicicletta de­ve, a nostro avviso, essere conside­rate come un mezzo di trasporto ben diverso dalle altre categorie di veico­li. Di conseguenza venga rivista l’at­tuale definizione di velocipede, con­cependo tale mezzo come un’esten­sione, seppure artificiale, degli arti inferiori dell’uomo, volta a rendere la locomozione umana meno faticosa e al tempo stesso più veloce.

In tale ottica, l’uomo in bicicletta è vulnerabile come il pedone in caso di scontri con autoveicoli e come il pedone necessita ovunque di struttu­re viarie differenziate dal traffico motorizzato.

Per i pedoni tali strutture esistono e sono i marciapiedi che, avendo il bordo rialzato rispetto al manto asfaltato, sono fisicamente poco ac­cessibili al traffico motorizzato.
Deve anche essere definito il ri­morchio per bici non preso in consi­derazione dall’attuale codice della strada italiano.

Per tale rimorchio, di cui esistono molti tipi nei paesi del nord Europa, oltre che in Italia, potrebbero essere fornite le dimensioni massime e la massima sporgenza della tangente verticale esterna alla ruota posterio­re oltre ad eventuali prescrizioni di sicurezza.

In particolare chiediamo che ven­gano introdotte le seguenti varianti alle attuali norme di circolazione dei velocipedi:

  1. Libertà di circolazione per il ci­clista nelle strade a senso unico, in senso inverso a quello prescritto, pur mantenendo la marcia a destra, sal­vo in particolari casi specificati da apposito segnale.
  2. Libertà di svolta a destra con se­maforo rosso per il velocipede.
  3. Libertà per i velocipedi di viaggiare affiancati in due.
  4. Obbligo agli autoveicoli a motore di sorpassare le bici mantenendosi a 1 mt. Di distanza da esse, salvo il caso in cui il ciclista percorra una ciclopista protetta fisicamente da tali veicoli.
  5. Libertà per i velocipedi di sor­passare a destra. Si noti che attualmente il velocipe­de ha grosse difficoltà di sorpasso, poiché deve tenere la destra e il sor­passo a destra è vietato per tutti i vei­coli.
  6. Sia resa obbligatoria ai comuni la costruzione di una striscia ciclabi­le tra il marciapiede e la corsia per autoveicoli, in tutte le strade cittadi­ne di nuova costruzione.
  7. Sia incoraggiata con adatti in­centivi la conversione e l’adegua­mento delle strade cittadine già esi­stenti alla norma precedente.
  8. Le strisce pedonali (zebre) degli attraversamenti non semaforici, sia­no segnalate sempre da appositi car­telli posti a circa 40 mt. da tali attra­versamenti. Ciò perché nonostante la buona volontà (quando c’è) dei servizi co­munali di manutenzione stradale, già a pochi giorni dal rifacimento, le strisce pedonali sono normalmente cancellate e non visibili o poco visi­bili agli automobilisti.
  9. Pur permanendo verso il pedone l’esortazione all’attraversamento della strada sulle apposite strisce, sia considerato comunque colpevole il guidatore che investe il pedone fuori delle strisce pedonali.
  10. Libertà al ciclista di percorrere o no le piste ciclabili laddove esisto­no.
  11. Sia prescritta una sanzione am­ministrativa pari a metà di quella prescritta per attraversamento di se­maforo rosso al guidatore che al se­maforo rosso si arresta oltre la linea bianca corrispondente.
  12. Penalizzazione con sanzione amministrativa equivalente a quella per non arresto a semaforo rosso al guidatore che non si arresta in prossimità delle strisce pedonali nel caso che un pedone segnali di voler attraversare.

L’augurio del coordinamento dei gruppi ciclo-ecologisti italiani degli Amici della Bicicletta è che tali pro­poste vengano appoggiate dall’Ancma, dalle associazioni ciclistiche e cicloturistiche, dalle associazioni eco­logiste.

A ben guardare, già da allora, vengono fuori molte delle attuali proposte e discussioni.

In primis il cosiddetto senso unico eccetto bici (che, all’opposto di oggi, si proponeva come regola generale salvo possibili eccezioni), la libertà di svolta a destra con semaforo rosso (introdotta recentemente in Francia) la questione dell’affiancamento di due ciclisti (sul quale il Codice è tutt’oggi ambiguo, visto l’interpretabile“in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano”), l’obbligo di sorpasso ad 1 mt..

Seguono anche delle proposte a favore dei pedoni, che noi di FIAB abbiamo sempre considerato utenti “fragili” della strada da difendere tanto quanto i ciclisti.

La proposta n. 5 invece è legata ad un “nonsense” della nostra normativa: quante volte il ciclista, restando a destra (come prescritto), supera le colonne d’auto ferme (perché imbottigliate dal traffico)? La questione non è stata più sollevata, per quanto ne so. Mi sfugge se risolta in seguito a qualche interpretazione, o se semplicemente dimenticata o considerata irrilevante.

La proposta n. 6 testimonia che noi lo dicevamo già da allora: bisogna disegnare corsie ciclabili ovunque (senza aspettare le più costose piste ciclabili)!

Il punto 10, ricordo, fu il più discusso negli anni seguenti. Alcune associazioni sostennero che, se si proponeva piste ciclabili, non si poteva nel contempo sostenerne la non obbligatorietà. Altri invece affermavano che le piste ciclabili non sono adatte a tutti i ciclisti. Per questo, nella proposta definitiva del 1988, la non obbligatorietà è prevista solo per le ciclabili in cattive condizioni, impercorribili o “facoltative” perché di larghezza minima che non consente il sorpasso tra bici.

Questa prima bozza verrà poi discussa, ripresa, corretta e modificata più volte negli anni successivi, già a partire dal 2° incontro del Coordinamento a Verona il 18 novembre del 1984.

Nel 1988 il Coordinamento Nazionale, che soltanto pochi mesi dopo diverrà FIAB, lanciò finalmente una Campagna.

La proposta era diventata un documento corposo (documento Pdf allegato) che introduceva anche la moderazione del traffico. Il moderatore di velocità a sbalzo, ad esempio, che vedremo nelle strade solo anni dopo (forse anche per nostro merito). Per non parlare poi della patente a punti, un’idea che a qualcuno forse sembrò bizzarra ma anche questa anticipatrice.

Per la Campagna vennero predisposte delle cartoline da inviare al Presidente della Repubblica (esenti da affrancatura) oppure ai propri parlamentari deputati e senatori (da affrancare).

Pubblico l’immagine del retro con il testo rivolto al Presidente e ai Parlamentari, presa dal giornalino di Fiab Verona, mentre purtroppo non ricordo quale fosse l’immagine del frontespizio (se qualcuno ne ritrova una copia mandatemi la scansione, grazie!).

Il testo cambiava leggermente tra quella per il Presidente e quelle per i parlamentari. Si chiedeva “ogni possibile iniziativa (..) per favorire l’uso normale e sicuro della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano. La bicicletta è silenziosa, non inquina, non ingombra, fa bene alla salute, migliora la città. STRADA ALLA BICI!”

Sotto allo spazio per la sottoscrizione un rettangolo bianco che ogni associazione locale personalizzava apponendo il proprio timbro (non dimentichiamo che ai tempi del Coordinamento e nei primi anni di FIAB ogni associazione era gelosissima della propria autonomia ed identità).

Le associazioni quindi le distribuirono ai propri soci, alle proprie iniziative, fecero banchetti per le strade e così via.
Insieme alla campagna “Treno+bici” questa fu la prima iniziativa pubblica importante del nostro movimento in Italia.

Impossibile, allora, che le nostre proposte sortissero risultati importanti, eravamo ancora in pochi e sconosciuti ed, inoltre, la cultura dominante dell’automobile sembrava indiscutibile. Tuttavia intanto si cominciò a farci sentire, alcuni deputati e senatori ci conobbero, qualche giornale ci diede spazio, insomma era stato lanciato un primo sasso in piccionaia.

Non ricordo bene quanti e quali contatti fruttò questa Campagna, credo ben pochi, però ho trovato sul notiziario veronese un piccolo “reperto” curioso.

Il senatore Giulio Andreotti, detto il Divo o Belzebù (come preferite), nel giugno del 1989 raccontò sull’Europeo di aver ricevuto un buon numero di queste cartoline.

STRADA ALLA BICI
Sto ricevendo, per impulso veronese di «Amici della bicicletta», un buon numero di eleganti cartoline regolarmente firmate, con la seguente scritta stampata: «Le chiedo, per favore, di prendere ogni possibile iniziativa – e in particolare di adeguamento del codice della strada – per favorire l’uso normale e sicuro della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano. La bicicletta è silenziosa, non inquina, non ingombra, fa bene alla salute, migliora la città. Strada alla bici! Grazie».

I ricorsi storici giungono inaspettati. Quando il segretario del Partito comunista cinese venne in visita a Roma, si guardò attorno stupito perché non vedeva biciclette. Gli spiegai che i sette colli cittadini non favoriscono questo mezzo di locomozione, assicurandolo – con qualche forzatura – che nell’Italia di pianura la tradizione era rispettata.

Ancora una volta constatiamo che quel che è ritenuto progresso non è sempre tale. La motorizzazióne inquina a vista d’occhio.

Per rendere omaggio alla bicicletta oggi non pochi ne hanno un simulatore domestico, con il quale fanno decine di immaginari chilometri. Confesso che ho anche io la cyclette. Ma mi limito a guardarla, ritenendo – erroneamente – che l’effetto sia identico.

Giulio Andreotti
(in “Europeo” n. 24 del 16 giugno 1989)

Così che il sottoscritto, prese in mano carta e penna e scrisse all’On. Andreotti, che nel frattempo era diventato Presidente del Consiglio. Una lettera di ringraziamento, con spunti d’approfondimento e materiale informativo sull’attività dell’associazione.

Andreotti rispose con questa lettera (immagino redatta da qualche suo gentile collaboratore).

Roma, 18 agosto 1989

Caro Gerosa, in riferimento al problema della Bicicletta, Le assicuro di aver segnalato la questione concernente la riforma del codice della strada al Ministero dei Lavori Pubblici. Non appena avrò notizie in merito, non mancherò di informarLa.

Con i migliori saluti

Giulio Andreotti

Altre notizie però non arrivarono. Nel frattempo la campagna nazionale fu rilanciata da parte della neonata FIAB, con nuove cartoline sempre indirizzate a senatori, deputati e Presidente della Repubblica. Vi si chiedeva, oltre che la riforma del codice, anche di approvare velocemente il d.d.l. n.1572: “Interventi per la realizzazione di itinerari ciclabili e ciclopedonali nelle aree urbane”, presentato dal Ministro delle Aree Urbane Tognoli.

La cartolina fu realizzata da Ciclobby di Milano con una bella immagine: un ciclista che lascia una scia colorata in una città grigia.

La storia non finisce qui, perché FIAB da allora ha continuato ad insistere, ad inventare nuove iniziative, soprattutto però è cresciuta la qualità delle proposte, la competenza e la credibilità della nostra associazione, tanto da qualificarci a partecipare ad apposite audizioni parlamentari.

Rimangono tuttavia ancora molti ostacoli, visto che molte delle nostre proposte, finalmente ascoltate e inserite nei progetti di legge, corrono oggi il rischio di perdersi nelle lungaggini e nel marasma parlamentare. Noi non ci scoraggiamo e siamo pronti, se occorre, a gettare ancora un bel po’ di sassi in piccionaia!

Stefano Gerosa