di Paolo Pinzuti
Come recita un vecchio adagio se vuoi arrivare primo vai da solo. Se vuoi arrivare lontano, vai in compagnia. Adesso dobbiamo chiederci se vogliamo arrivare primi o vogliamo arrivare lontani. Perché tra andare controvento e lottare coi mulini a vento c’è una bella differenza.
replica all’articolo ControVento di Stefano Gerosa
Chiunque pedali nel nostro piccolo paese a forma di scarpa e abbia il tempo e la voglia di guardare e capire quello che accade intorno a se, sa bene che siamo di fronte a una svolta epocale: le vetrine dei negozi e le pubblicità di qualunque prodotto sono piene di biciclette, la bicicletta è diventata un accessorio di moda e non è più il mezzo di trasporto degli sfigati, il Papa si è pronunciato sulla necessità di modificare le nostre abitudini di mobilità e anche il ministro delle infrastrutture e dei trasporti non perde occasione per pronunciarsi sull’importanza della ciclabilità per il sistema dei trasporti del nostro paese.
Non so a voi, ma a me capita sempre più spesso di non credere alle mie orecchie ogni volta che sento delle dichiarazioni dei vari politici nazionali e locali che sembrano aver capito quello che noi, cicloattivisti di tutta Italia, ripetiamo da sempre. È come se, dopo decenni trascorsi a pedalare in salita, fossimo arrivati alla fine e, con il passo bene in vista, fossimo in procinto di scollinare.
È per questo che con una certa sorpresa ho letto sul sito della nostra associazione un piccolo commento dell’amico Stefano Gerosa sulla ciclabile VenTo che sta destando tante attenzioni sulla stampa nazionale e ai piani alti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Il buon Stefano nel suo pezzo evidenzia i punti deboli del progetto VenTo e fa ben presente che il preventivo di spesa per la realizzazione della ciclovia è eccessivo, che con quel denaro si può fare ben altro, che occorrerebbe valorizzare quello che già esiste invece di puntare su nuove infrastrutture, che ci sono dei tratti che non sono particolarmente interessanti per chi pedala, etc.
Io, in tutta sincerità non posso non dirmi d’accordo con Stefano nel merito: per quanto mi riguarda trovo la piana del Po uno dei luoghi meno piacevoli che abbia mai visto e preferirei spingere per giorni una bicicletta in salita, piuttosto che pedalare anche solo per due giorni in quella zona tra pescegatti e zanzare, ma questa è una mia opinione personale e che non può e non deve influenzare in alcun modo il mio giudizio sulla ciclabile VenTo. Credo che in questa fase storica neppure l’opinione tecnica assuma un particolare rilievo sulla questione VenTo: quello che conta è solamente l’opportunità politica.
Mi spiego: il ministro DelRio ha detto pubblicamente che il progetto VenTo si farà. L’ha detto. Basta. Punto. Finito. È un fatto che non può essere cambiato.
A questo punto la nostra Federazione e tutti i suoi soci sono di fronte a due opzioni possibili:
1. osteggiare il progetto VenTo perché brutto, pensato male, prevede uno sperperio di denari pubblici per tutto ciò che può essere fatto meglio e, magari, dibattere su ogni chilometro, angolo di curvatura, etc.
2. sostenere pubblicamente la realizzazione di VenTo perché rappresenta pur sempre un primo passo e confidare che, dopo questa, si passi all’allocazione di denari per il completamento delle rotte Eurovelo 5, 7 e 8 che attraversano l’Italia.
Tra le due scelte possibili ritengo che la seconda posizione sia quella da preferire e per un semplice motivo: cosa succederebbe se FIAB decidesse di osteggiare pubblicamente la realizzazione di VenTo?
Mentre la stampa di tutta Italia osanna il progetto del prof. Pilieri e il Ministero gli offre supporto e (mi auguro) finanziamenti, FIAB si rifugerebbe in una battaglia di opposizione prestando il fianco a una serie di critiche che potrebbero arrivare da ogni parte: dai comuni attraversati dalla dorsale Venezia-Torino che vedrebbero messi a repentaglio i fondi ministeriali, dagli operatori economici sul territorio che vedrebbero messo in forse il flusso di turisti che VenTo sicuramente porterà alla zona, dagli stessi soci FIAB che hanno ormai sentito da ogni parte che tutta la ciclabile costerebbe quanto un km di autostrada e non capirebbero quindi l’opposizione della Federazione, da parte di coloro che da sempre sono critici nei confronti di FIAB e che vedrebbero l’opposizione come l’atteggiamento di chi “rosica” perché è stato finanziato un progetto esterno a FIAB.
Ne varrebbe la pena?
Beh, dipende. Ne varrebbe la pena se FIAB avesse a disposizione sufficienti forze ed energia per ribattere a ogni critica in modo puntuale e uscirne a testa alta, ma purtroppo la realtà è ben diversa: la nostra Federazione è composta soprattutto da volontari che si devono districare tra lavoro, famiglia e impegni vari per destinare quello che rimane al cicloattivismo.
Credo che a questo punto la scelta migliore sarebbe, pertanto, compiere un passo indietro, evitare di impuntarsi ulteriormente sul progetto VenTo (poiché si farà – Ipse dixit) e destinare le proprie forze ed energie ad altre attività, magari cogliendo l’occasione per fare un po’ di autocritica e chiedersi perché nella lode sperticata della mobilità nuova che DelRio non cessa di fare, vengano sempre portati ad esempio VenTo e il Grab (il Grande Raccordo Anulare delle Biciclette di Roma), entrambi progetti che non hanno nulla a che fare con la nostra gloriosa Federazione che da 25 anni si batte per un’Italia più ciclabile.
Chiedendosi perché VenTo e il Grab sì e Bicitalia no si potrebbe scoprire, per esempio, che i due progetti preferiti di DelRio hanno delle caratteristiche in comune:
1. sono specifici e ben individuabili;
2. hanno saputo includere una miriade di soggetti e di sigle;
3. hanno fatto ricorso a dei grimaldelli di comunicazione che hanno fatto breccia e hanno portato il tema all’attenzione della stampa e dei vertici del Ministero di Porta Pia.
È per questo che mi auguro che Stefano (e con lui molti altri soci) riveda le proprie posizioni e che la presidenza e il consiglio nazionale di FIAB decidano di aderire al progetto VenTo e, magari, proporre una modifica al tracciato originario di Eurovelo 8 per portare la dorsale Venezia-Torino in Europa creando in questo modo un fronte compatto di soggetti che lavorano assieme per la trasformazione dell’Italia nel paradiso del ciclismo urbano e del cicloturismo.
Qualcuno potrebbe vedere questo cambio di posizione come una sconfitta, ma vorrei ricordare che nella grande battaglia di civiltà per la mobilità nuova il nemico non è VenTo ma, al limite, la BreBeMi e la FIAT.
Insomma, capisco l’attaccamento alla propria storia, capisco la difficoltà di dire “abbiamo sbagliato” o anche solo “potevamo fare meglio”, capisco anche l’attaccamento al lavoro svolto dai volontari nel corso degli anni e che deve essere rispettato, ma credo anche che tra l’andare “controVenTo” e lottare contro i mulini a vento la differenza sia sostanziale.
E la differenza sta nel fatto che se DelRio sostiene due progetti sulla ciclabilità nati fuori da FIAB un motivo c’è e che se l’Italia è arretrata di due posizioni nella classifica dell’ECF per la capacità di fare advocacy sui temi della ciclabilità anche qui un motivo c’è.
Personalmente ritengo il motivo sia che l’autoreferenzialità non paga e che si dovrebbe sviluppare alleanze con chi ha obiettivi simili ai nostri, anche se alle volte ci dividono delle sfumature. In questo modo, alle volte si raggiungeranno gli obiettivi degli altri, alle volte si raggiungeranno i nostri, che è sempre meglio che non raggiungerli mai e vivere nell’eterna frustrazione di tutti quanti.
Insomma, come dice quel vecchio adagio africano “se vuoi arrivare primo, vai da solo. Se vuoi arrivare lontano, vai in gruppo”.
Adesso dobbiamo chiederci: “Vogliamo arrivare primi o vogliamo arrivare lontano?”
Paolo Pinzuti (p.pinzuti@bikeitalia.it)
A questo articolo ha risposto Antonio Dalla Venezia: vedi Vento, Fiab ed inesattezze