di Stefano Gerosa
Contromano? Nessuno si è mai sognato di proporlo. Si chiede il “SENSO UNICO ECCETTO BICI”, esistente in mezza Europa. Non un provvedimento “generalizzato” ma una possibilità per i Comuni, da segnalare solo in alcune vie, in funzione di esigenze di traffico locale. Sulla maggioranza delle strade a senso unico i ciclisti continuerebbero a doverlo osservare.
Recentemente un emendamento ha eliminato la proposta di introduzione nel Codice del “senso unico eccetto bici”, ovvero la possibilità per i ciclisti di procedere nel senso inverso a quello prescritto su vie a senso unico, solo in strade specifiche o aree 30 km/h, sempre a discrezione del Comune e in funzione alle esigenze del traffico locale.
La FIAB ha deplorato l’accaduto, ricordando che è un provvedimento applicato da anni in molti Paesi europei. Sono intervenuti a sostegno della proposta anche gli assessori alla mobilità di tre città importanti come Milano, Torino e Bologna.
L’uso del termine “contromano”, la semplificazione giornalistica e la lettura superficiale sono tra le cause che hanno portato all’eliminazione della proposta senza serie motivazioni (se non appunto le solite “banalità”).
E, a seguito della “bocciatura”, continua ad essere sollevato un fastidioso e dannoso “polverone”, che distorce i contenuti della proposta, creando confusione e sconcerto (contribuiscono anche i commenti in rete, spesso rozzi e disinformati anche quando a favore dei ciclisti). Molti si chiedono “Contromano? Ma sono matti questi ciclisti?”.
Sarebbe necessario pertanto fare chiarezza ed invitare gli interlocutori a leggere bene la proposta.
Forse potrebbero aiutare alcune precisazioni:
- Nessuno chiede il contromano ma, come già spiegato, i “sensi unici eccetto bici” (si è provato anche a chiamarli “controsensi ciclabili”, prendendo dal termine inglese “bicycle contraflow”, ma da noi suona male ed è sinonimo di “insensato”).
- Il termine “contromano”, se l’italiano non è un’opinione, significa andare “dalla parte della strada opposta alla corsia normale o regolare per il traffico in un determinato senso”. Insomma contromano significa andare a sinistra e nessuno l’ha mai proposto! Nei “sensi unici eccetto bici” bisogna stare comunque a destra, anche se è permesso andare nel senso inverso a quello prescritto per gli altri veicoli.
- Non è un provvedimento “generalizzato” ma una possibilità per i Comuni, da segnalare solo in alcune vie in funzione di esigenze di traffico locale (continuità delle reti di percorsi ciclabili urbane, zone 30 a traffico limitato, ecc.)
- Quindi i ciclisti potranno usufruire di questa “eccezione” solo sulle strade o zone dove appositamente previsto e segnalato. Salvo questa eccezione, sulla stragrande maggioranza delle strade, i ciclisti dovranno continuare ad osservare la regola vigente per tutti i veicoli.
- Non ha senso dire “prima bisogna fare le ciclabili” perché questo provvedimento è finalizzato anche a questo, cioè alla realizzazione di alcune ciclabili oggi possibili solo se l’Amministrazione interpreta coraggiosamente il Codice esistente (che in realtà non nega l’eccetto bici ma lo lascia nel limbo delle molteplici interpretazioni).
- Qualcuno ha scritto un po’ scandalizzato “No. Le regole devono valer per tutti, anche per i ciclisti!”. Giustissimo, in altri casi però … in questo che ci azzecca? Questo provvedimento non è un permesso generalizzato a violare le regole ma una nuova regola (o, forse meglio, la precisazione di una già possibile ma ambigua nell’applicazione e che pertanto spesso ci viene negata). Regole che stabiliscono delle eccezioni per alcune categorie di veicoli già ce ne sono, si pensi ad es. che alle automobili è consentito di circolare in strade precluse a veicoli pesanti. Insomma sancire delle differenze non è una cosa che va fuori da ogni logica, tutt’altro.Sul comportamento dei ciclisti, secondo alcuni poco rispettosi delle regole, ne riparleremo: la questione è complessa, spesso una “montatura” della stampa, in alcuni casi evidenzia tuttavia dei problemi reali. Certamente però non è un argomento che può ricondursi a questo provvedimento; per chi lo usa (che poi, a ben vedere, lo usa sempre, qualunque sia la proposta pro-bici), è un semplice espediente per parlare d’altro, per non affrontare la questione, per certi aspetti troppo “tecnica” (e, si sa, approfondire costa fatica e sudore) o, più spesso, per “mascherare” quella che è di fatto una negazione “politica”: il problema non sono i ciclisti, ma che per interessi politici o economici non si vuole cambiare la mobilità, si vuole mantenere lo status quo, con il suo inquinamento, città invivibili e caotiche, i suoi morti, ecc. Avessero perlomeno il coraggio di dirlo!
- Stiamo parlando di un provvedimento per permettere ad un mezzo particolare, senza motore, percorsi più diretti e più sicuri. Più diretti perché solo così se ne incentiva l’uso, anche prendendo atto che chi pedala si rifiuta di allungare i propri percorsi. Più sicuri perché spesso l’alternativa al contro-senso è una strada pericolosa a scorrimento veloce.
- A tutto questo si aggiunga il fatto che è un provvedimento che da anni funziona bene in molti Paesi europei, in alcuni introdotto più recentemente dopo un’adeguata sperimentazione che ne ha dimostrato la sicurezza e l’efficacia. Ma di questo han già parlato bene ed ampiamente altri articoli “tecnici” (*).
nel sito FIAB-Area Tecnica: sezione Sensi Unici
nel sito Bikeitalia.it: Sensi unici eccetto bici: governare la mobilità non è un’opinione (Arch. Matteo Dondè)