FIAB sulla sicurezza stradale: «Chi progetta le strade deve sempre considerare ciclisti e pedoni»

FIAB sulla sicurezza stradale: «Chi progetta le strade deve sempre considerare ciclisti e pedoni»

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Nel 2018 sono state 25.100 le morti per incidenti stradali in Europa secondo i calcoli della Commissione Europea. Il dato è in calo, seppur minimo (1%) rispetto all’anno precedente e lascia ancora irrisolto un problema urgente a un mese dalle Elezioni Europee. Quanto la politica pensa realmente alla sicurezza dei cittadini sule strade? In questo scenario il lavoro di advocacy della EuropeanCyclists’ Federation (ECF) ha permesso notevoli passi avanti, soprattutto perché è servito a focalizzare l’attenzione sui rischi per gli utenti attivi del traffico, pedoni e ciclisti, trascurati dal testo originario della direttiva RISM che si concentrava piuttosto sulla sicurezza degli automobilisti. In questi anni gli sforzi di advocacy dell’ECF si sono rivolti anche verso l’industria automobilistica per rendere obbligatorie le tecnologie di controllo della velocità, necessarie per l’incolumità di pedoni e ciclisti.

ECF ha fatto in modo che nella direttiva sopracitata venissero inseriti alcuni dettami per gli Stati membri dell’UE e la Commissione Europea. Le cosiddetta trans-European road infrastructure è la rete di infrastrutture su cui i Paesi dovranno prevedere interventi e misure anche per i ciclisti e i pedoni. Ogni Stato, questo è l’obiettivo di tutte le federazioni bike friendly che aderiscono ad ECF, deve tenere sempre in considerazione la mobilità attiva quando progetta nuove infrastrutture (non scordandosi magari di quelle già esistenti).

È la Commissione stessa a stimare il risultato, in termini di vite salvate, se queste misure venissero applicate: 3.200 tra il 2020 e il 2030.

Sulla sicurezza stradale interviene anche il Presidente FIAB e vicepresidente di ECF, Alessandro Tursi. «In Italia manca del tutto l’istituzionalizzazione di Safety Adit e Safety Inspection, ossia della verifica di sicurezza sia delle infrastrutture in progettazione sia di quelle esistenti da migliorare, e mancano pertanto anche le specifiche professionalità.  Queste figure sono specialistiche e chiaramente distinte da quelle dei progettisti, e il loro apporto risulta estremamente prezioso per la valutazione del grado di sicurezza di un intervento dal punto di vista di tutte le utenze, inclusi pedoni e ciclisti, prima della sua  attuazione».

La European Cyclists’ Federation ha verificato infine che, da sole, le pur indispensabili campagne culturali rivolte agli automobilisti non bastano più. «Ormai è evidente che serve anche un approccio tecnologico – spiega Tursi – con sistemi di sicurezza simili a quelli previsti negli impianti industriali o nell’aviazione civile, in grado di intervenire direttamente per evitare incidenti, tra i quali il più noto è il controllo automatico della velocità. Ma oltre a questi sistemi, e in attesa che diventino obbligatori e si diffondano negli anni, il messaggio chiaro è che la mobilità in bici non è parte del problema sicurezza stradale, ma al contrario rappresenta un pilastro della soluzione».  La strada indicata da FIAB infatti sta nella cosiddetta Safety in numbers: la statistica internazionale dimostra chiaramente che più sono numerosi i ciclisti, più aumenta la sicurezza stradale per tutte le categorie di utenti, automobilisti inclusi.