Facce da Fiab: intervista a Niccolò Panozzo, esperto mobilità di ECF

Facce da Fiab: intervista a Niccolò Panozzo, esperto mobilità di ECF

Condividi!

Li chiamano cervelli in fuga, la “generazione Erasmus” che fa esperienza all’estero e, curriculum in mano, prende un biglietto di sola andata verso le capitali estere. Noi invece vi parliamo di un giovane veronese, classe ’89, che a Bruxelles ha preso sì dimora, ma che dalla capitale delle lobby (attenzione, il termine non è dispregiativo da quelle parti) opera nel settore della mobilità sostenibile a livello europeo. Lo fa dalla scrivania dell’Ecf, l’European Cyclists’ Federation a cui Fiab aderisce come Federazione nazionale. Un’organizzazione, un megafono che amplifica la voce della bicicletta nelle aule e nei corridoi della Commissione Europea e del Parlamento Europeo. Luoghi dove conta avere una voce. Ne abbiamo parlato con Niccolò Panozzo, starter cycling project assistant di Ecf, tesserato Fiab in quel di Verona.

Prima di tutto, cosa fate voi di Ecf? Qual è il vostro ruolo nel mondo della mobilità dolce?
Qui a Bruxelles operiamo come una organizzazione non governativa. Siamo una realtà di circa 25 dipendenti, tutti specializzati, chi in economia e chi nella governance. Riassumendo però il compito di tutti noi, direi che lavoriamo per far sì che la bicicletta e i modelli di spostamento intermodali entrino non soltanto nei palazzi, ma anche nelle normative europee. Purtroppo non sempre si ha una concezione delle due ruote davvero innovativa. C’è ancora chi pensa, e non soltanto in Italia, che la bici sia un mezzo del passato.

Tanta politica quindi…
Altroché. Bruxelles è la capitale europea, la seconda città più cosmopolita al mondo e la casa per eccellenza dei gruppi di interesse che qui operano per fare pressione sulla politica. Perché l’azione di lobbying, che in Italia spesso si associa alla peste nera, è invece azione politica. Fare pressione, ottenere dei risultati influenzando il decisore. Noi non ci vediamo nulla di male se aiutiamo l’Europa a muoversi in maniera più efficiente e sostenibile. Anche in Ecf abbiamo dei lobbisti, quelli che in centinaia di pagine di documenti scovano la nota dove magari c’è una definizione errata di quello che noi intendiamo per smart mobility.

Proprio un altro mondo. Ma non è che così perdete di vista i ciclisti? Quelli che si spostano in bici ogni giorno e che Fiab mette in primo piano?
Rispetto a Fiab che coi ciclisti ha un rapporto più diretto e quotidiano, noi a Ecf dialoghiamo con la politica e con gli oltre 80 membri europei della federazione. Con loro manteniamo i contatti, ci scambiamo informazioni per aggiornare dati e cifre della ciclabilità nei vari paesi. Certo, non organizziamo gite o eventi coma da anni fa Fiab con le sue associazioni locali. Ma credo che il nostro e il vostro siano sforzi che si integrino l’un l’altro. Noi a Ecf cerchiamo di convincere i parlamentari europei, ad esempio, ad approvare una legge che imponga a tutti i nuovi edifici costruiti in Europa stazioni di ricarica per le ebike. Fiab invece lavora perché sempre più persone escano dall’abitacolo. L’una senza l’altra rischia, per assurdo, o che ci siano le leggi più bike friendly del mondo, ma nessun ciclista; oppure, se a monte è mancato il lavoro politico, che i ciclisti diventino automobilisti perché tutti i fondi per la mobilità vanno alle auto.

Tu che hai meno di trent’anni cosa pensi possa fare Fiab per attrarre i più giovani?
Premettiamo che se un giovane va in bici, ma non è iscritto a Fiab, non indebolisce la Federazione. Con questo non voglio dire che le nuove generazioni siano disilluse rispetto a qualsiasi impegno associativo o politico. Anzi, credo che tra noi giovani ci sia una grande voglia di comunità, di appartenenza a un gruppo. Purtroppo non si attraggono i ventenni con le gite della domenica. Serve un progetto anche su di loro. Mi spiego meglio: se un ragazzo si avvicina a Fiab bisogna dargli un motivo per restarci, coinvolgendolo non soltanto con le uscite in bici. Anche perché se gli piace già pedalare in città e in vacanza è ovvio che, con o senza tessera Fiab, non smetterà.

Da Ecf qual è l’opinione sulla mobilità sostenibile in Europa? 
L’Europa della bicicletta io la dividerei in Nord e Sud. Ci sono i paesi come la Germania che con l’ADFC, un’associazione gemella di Fiab, fa qualcosa come oltre 140mila iscritti. Poi ci sono le classiche Danimarca e Olanda su cui non mi dilungo. Interessante anche il caso britannico: là, ad esempio, la fetta della bici negli spostamenti di tutti i giorni non è altissima. L’associazione Cycling Uk, 40mila soci all’incirca, ha un’impostazione simile alla Fiab, perché organizzano tantissime uscite. Paesi invece come Grecia e Portogallo non danno ancora segnali in questo senso.

Parlavi prima di ebike. Un recente articolo sul nostro sito ha sollevato una discussione, anche accesa, sulla pedalata assistita. Ecf è pro o contro?
Siamo assolutamente a favore della pedalata assistita. Anche perché i nostri dati ci parlano di un mercato della biciclette che in alcuni paesi è trainato dall’elettrica. Nel 2015 in Olanda si sono vendute 16 ebike ogni mille abitanti, un primato europeo. In Italia lo stesso anno se ne vendeva una soltanto ogni mille abitanti. Certo, sulla questione della velocità c’è un dibattito ancora aperto, ed è giusto che ci sia per via della sicurezza sulle ciclabili. Però non capisco questa diffidenza nei confronti della pedalata assistita.

Ultima domanda, Niccolò: come vive un ciclista a Bruxelles?
Ecco, non è proprio il paradiso della bicicletta. La città non è piatta come Milano, ma io pedalo tutti i giorni per andare al lavoro. Una nota positiva di Bruxelles è che in bici vai ovunque in pochissimo tempo. Quasi tutte le strade hanno il doppio senso ciclabile.