Dati ISTAT: più ciclabili e zone 30 ma poca pianificazione

Dati ISTAT: più ciclabili e zone 30 ma poca pianificazione

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Pubblicati il 28 giugno scorso i dati ISTAT relativi alla mobilità urbana, anno 2014.

Con il rapporto, che si può leggere nella versione completa qui, l’ISTAT completa la diffusione dei dati sulla mobilità urbana raccolti, nel 2015, dall’indagine “Dati ambientali nelle città nei 116 capoluoghi di Provincia”.

L’indagine evidenzia come, nelle nostre città, salga a 36,5 mq ogni 100 abitanti la dotazione di aree pedonali e a 19,4 km ogni 100 kmq la densità delle piste ciclabili.

Si estende anche la superficie delle Zone a Traffico Limitato (+ 9,7%) e si diffondono le Zone 30, a traffico pedonale privilegiato, che sono presenti in 66 comuni capoluoghi di provincia. Si assiste anche ad una forte crescita dei servizi di mobilità condivisa, con il bike sharing presente in 60 città con più di 11.000 biciclette a disposizione (il doppio del 2011).

Il rapporto dell’ISTAT evidenzia anche che molte grandi città non hanno ancora un Piano Urbano della Mobilità.

Se i Piani Urbani del Traffico (PUT), obbligatori per legge per i comuni con più di 30.000 abitanti e per i comuni individuati in appositi elenchi, alla fine del 2014 sono stati approvati da 92 dei 106 capoluoghi con più di 30 mila abitanti, i comuni capoluogo ancora sprovvisti di Put adottato o approvato rappresentano, in termini di popolazione, il 4,6 % del totale, ma la loro quota sale al 7,9% nel Mezzogiorno (contro l’1,8% del Centro e il 4,2% del Nord).

Inoltre, considerato che la normativa ne prevede l’aggiornamento biennale, l’età media dei PUT vigenti è piuttosto alta (10 anni). L’adozione o approvazione dello strumento vigente è successiva al 2010 soltanto in 11 comuni (tra cui Trieste, Roma, Palermo e Catania), mentre in 24 (tra cui Verona e Messina) è anteriore al 2000.
Quindi ci troviamo in presenza di strumenti, seppure approvati dalle amministrazioni, obsoleti e, il più delle volte (ma questo l’ISTAT non lo rileva), orientati più a disciplinare il traffico automobilistico o motorizzato in genere, che a tutelare le utenze “deboli” della strada (come ciclisti e pedoni), come invece imporrebbero le “Direttive per la redazione adozione ed attuazione dei piani urbani di traffico”, emesse dal Ministero dei Lavori Pubblici nell’aprile del 1995.

Altro strumento, questa volta facoltativo, utile per pianificare gli spostamenti in ambito cittadino, è il Piano Urbano della Mobilità (PUM), istituito con la Legge n. 340 del 2000, e riservato a Comuni o aggregazioni di Comuni con più di 100mila abitanti.
Il PUM è un piano strutturale di medio periodo, che delinea una strategia organica di gestione della mobilità urbana e del sistema dei trasporti. Si tratta dunque di uno strumento più ampio e complesso del PUT, che definisce non soltanto un insieme di interventi infrastrutturali e di limitazione del traffico, ma anche un quadro coordinato di misure per l’incentivazione della mobilità sostenibile.

Nei capoluoghi di provincia risultano approvati 41 PUM, di cui 27 nelle 45 città con più di 100 mila abitanti e gli altri 14 in città più piccole, associate a comuni dell’hinterland.
Sebbene la diffusione di questo strumento – evidenzia l’ISTAT – abbia avuto un significativo incremento negli ultimi anni (nel 2008 i piani approvati erano 28), il PUM è ancora poco utilizzato dai grandi comuni, che lo hanno approvato in dieci su 18 (ne sono privi, fra gli altri, Roma, Napoli, Palermo, Bologna e Firenze).

Nonostante il migliorare dei dati rispetto alla realizzazione di infrastrutture per pedoni e ciclisti si conferma la tendenza a non pianificare gli interventi all’interno di piani di settore, come i PUT e i PUM, e, da quanto ci è dato conoscere, anche al di fuori dei dati ISTAT, all’interno della pianificazione ordinaria (piani regolatori comunali).

Una tendenza che non sembra essere cambiata neppure nel corso degli ultimi due anni, con il risultato che, spesso, anche le migliori opere riservate alla mobilità pedonale e ciclistica, senza il sostegno di una pianificazione generale, che tenga conto di tutti gli aspetti del vivere la città, perdono di efficacia fino a dimostrarsi, nei casi più estremi, addirittura inutili.