La medicina contro il coronavirus si chiama bicicletta

La medicina contro il coronavirus si chiama bicicletta

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Anche il settore della mobilità è stato toccato dalla crisi che ha colpito il settore strutturale, produttivo ed economico della nostra società. Autostrade libere, strade statali, provinciali e comunali vuote. Perfino molte piste ciclabili vengono addirittura… chiuse! L’utente ciclista viene additato come potenziale propagatore dell’infezione virale: l’untore, insieme ai runner. Un vero corto circuito comunicativo, con in cima la ciliegina dei codici ATECO delle attività interdette, tra cui “la riparazione di articoli sportivi e attrezzature da campeggio, incluse le biciclette” (codice ATECO 95.29.02).Succede, quando le bici vengono considerate mezzi da svago e tempo libero!

Proviamo ora a considerare il futuro prossimo.

Riprenderanno le attività economiche produttive, commerciali, istituzionali, ma rimarrà per un bel po’ il distanziamento, manifestato soprattutto dalla mascherina. E come potremo muoverci senza stare troppo vicini? Senza ragionare sui grandi vettori: aereo, navi, treni, consideriamo quello che può accadere in città, terra degli spostamenti brevi.

Difficilmente si sceglierà un mezzo pubblico, che nella promiscuità ha la sua ragion d’essere. Il trasporto pubblico di “massa” dovrà presto rivedere le sue regole senza aspettare che la “paura del contagio” passi. La stessa cosa potrebbe anche valere per le auto: l’abitacolo è un ambiente chiuso, con poco ricambio di aria. Già oggi vige la regola che se hai un passeggero, che non sia una persona con cui convivi, deve stare dietro e di fianco, a distanza.

Fa capolino dietro l’angolo la bicicletta, che proprio adesso potrebbe essere una delle soluzioni migliori per rispondere ad una lunga serie di problemi di mobilità urbana. La bicicletta consente di mantenere la distanza, anche stando affiancati; il grado di arieggiamento e quindi di diluizione del droplet (le goccioline di acqua) è il massimo possibile; l’uso delle due ruote favorisce l’attività fisica mantenendo i polmoni di chi pedala più “robusti”, meglio ventilati e capaci di sopportare meglio anche un eventuale “stress” dalla malattia; il movimento è fondamentale per il sistema immunitario che, in questo momento, va mantenuto con grande cura alla massima funzionalità.

E fin qui siamo ai benefici sanitari. Potremmo continuare con quelli urbanistici della città più bella, ambientali di una città più pulita e sana, economici di risparmio di spese per malattie, sociali di recupero dei rapporti umani, commerciali di sostegno ai negozi di prossimità o vicinato, e così via.

Le amministrazioni locali potrebbero approfittare di questa grande prova generale per riflettere sui nuovi scenari di mobilità urbana, considerando la bicicletta come uno degli strumenti di lavoro da adottare per affrontare la crisi che il cambiamento climatico, (già…. non è scomparso!) potrebbe a breve ripresentare sotto chissà quale altra pericolosa forma.

La bicicletta: questa è la migliore forma di prevenzione.