Di seguito la prima intervista nell’ambito dell’iniziativa #ChiediloaFiab, ad Antonio Dalla Venezia, presidente della Federazione Italiana Amici della Bicicletta, sulla Mission della Fiab, la prima delle 11 tesi congressuali discusse al Congresso Nazionale di Arezzo.
Come anticipato, anche per la seconda intervista, lunedì prossimo, potete inviare le domande per mail all’indirizzo chiediloafiab@fiab-onlus.it, oppure attraverso Facebook e Twitter. L’argomento della tesi numero 2 è “Per una mobilità ciclistica diffusa“, relatore Marco Passigato.
(Domanda proposta anche da Donatella Miotto e Alberica Di Carpegna) Nella Mission della Fiab si parla di obiettivi (sviluppo della ciclabilità per ambiente e città a misura di persona, riduzione del traffico motorizzato, sicurezza stradale) ma non si dice come si fa. Quali sono le principali strategie per il raggiungimento della mission?
Premesso che alcune delle strategie in particolare sono espresse nelle tesi successive, le strade da percorrere per il raggiungimento della mission Fiab sono essenzialmente due. Formazione e pressione politica. Per formazione si intenda educazione a livello scolastico, amministrativo, e naturalmente interno alla Federazione stessa. Tutte le iniziative di ambito scolastico sono raccolte nel sito Fiab Scuola, in particolare si tratta di organizzazione di Bicibus, concorsi fotografici legati alla bicicletta, seminari, lezioni, o eventi, come Bimbimbici.
Per la formazione degli amministratori pubblici, invece, Fiab ha organizzato nel tempo diversi viaggi studio, in Italia (Bolzano) ma anche in Francia, Germania e Svizzera. Siamo noi a contattare direttamente le amministrazioni, in genere per la partecipazione a convegni, seminari e workshop. Ovviamente ci sono amministrazioni interessate (quasi sempre le stesse) e altre meno.
Sul piano della pressione politica la questione è più complicata, perché gli interventi principali in favore della ciclabilità sono realizzati a livello locale, per cui tutte le manifestazioni e le iniziative sono in mano alle Fiab locali. Ricordo alcune battaglie come per la realizzazione della pista ciclabile sul tratto di ferrovia Treviso-Ostiglia, a cui parteciparono circa 1000 persone. In genere, comunque, la filosofia di Fiab è di mantenere sempre un atteggiamento propositivo e costruttivo piuttosto che esclusivamente critico.
Qualcuno sostiene che Fiab debba abbandonare il volontariato ed assumere dei professionisti, retribuiti, che facciano dello sviluppo della mobilità ciclistica il proprio lavoro. Le altre associazioni europee infatti sono strutturate così (ECF, ADFC, Sustrans). E’ un passo che Fiab deve compiere o va bene il modello attuale per raggiungere la mission?
Il volontariato rappresenta certamente una risorsa, la bici è anche divertimento e le persone si prestano volentieri alla causa, come hanno fatto fino ad ora da circa vent’anni. D’altra parte posso ritenermi d’accordo con questa valutazione, effettivamente quello di assumere professionisti retribuiti è un passo che Fiab al più presto deve compiere, per ora ci sono poche figure retribuite che lavorano per Fiab quotidianamente (da soli 5 anni abbiamo un Direttore), ma questo numero deve necessariamente aumentare. La questione successiva sarà anche ringiovanire la Federazione: oggi infatti a dedicarsi sono soprattutto uomini e donne di mezz’età (sono coloro che hanno più tempo libero) ma se vogliamo inglobare nuove forze dobbiamo per forza di cose guardare ai giovani.
Ad ogni modo tutto dovrà avvenire progressivamente, quello di Fiab per ora è un bilancio in salute ma per compiere questo passo si dovranno pensare strategie ed investimenti che ci consentano man mano di allargare lo staff.
(Domanda di Paolo Bellino) Secondo me la mission Fiab deve (DEVE) essere fare lobby seriamente, e lasciare in secondo piano (non abbandonare: lasciare in secondo piano) ogni aspetto cicloescursionistico e domenicale. Ha uno strumento, il Libro Rosso della Ciclabilità, e lo può proporre ad ogni amministrazione in cui ci sia una sede o un’associazione Fiab.
Quello dell’aspetto cicloescursionistico e domenicale penso sia un falso problema. Abbiamo valutato che il 50 % delle persone che si avvicinano a Fiab lo fanno per via delle gite e delle pedalate della domenica, e ovviamente dobbiamo tenerne conto. Poi è vero che il nostro “lavoro” si deve concentrare principalmente sulla ciclabilità urbana.
Il Libro Rosso lo proporremo, anche se come riconosce la considerazione stessa è un’iniziativa che interessa la sfera locale. Ci sono delle regioni dove Fiab ha una partecipazione maggiore (il 35% dei nostri iscritti risiede in Lombardia e Veneto) e altre meno.
Quella del “locale”, però, che dovrebbe essere una risorsa, sembra più che altro una debolezza, una situazione fuori controllo. Chi monitora o sollecita iniziative nelle singole città?
Sono i presidenti e i membri delle singole associazioni a farlo (o che lo dovrebbero fare). Fiab detta delle linee guida in cui le associazioni locali si riconoscono ma le attività sono completamente delegate a loro. Ma non c’è un vero e proprio controllo dell’operato delle Fiab locali.
Questo potrebbe essere un rischio. Come si prevengono eventuali iniziative locali in contraddizione con la mission Fiab?
Fortunatamente non siamo incappati in questo tipo di problemi, ma effettivamente il rischio esiste. Quando si forma un’associazione locale, Fiab fa un’istruttoria, ma poi ci sono margini entro cui ogni associazione può agire. Comunque cerchiamo sempre di sondare e conoscere le persone che chiedono di fondare un’associazione locale, stabiliamo con loro un rapporto di fiducia, finora è andata bene così.
A proposito di efficienza delle associazioni locali, a Roma esistono quattro diverse associazioni Fiab. Non è una dispersione di energie?
Si, lo è. L’obiettivo è radunare le quattro associazioni in una sola, per ora nulla vieta di formare più associazioni nella stessa città, anche se le regole vanno cambiate. Comunque quello di Roma è un caso unico, che si era presentato anche in altre città (vedi Firenze) ma al quale abbiamo posto rimedio. Anche Roma dovrà accodarsi.
Guardando alla Mission, quali sono, in vent’anni di esistenza, i principali risultati e conquiste riconducibili alla Fiab?
La più antica è la battaglia per il trasporto bici sui treni regionali. Questa possibilità è stata introdotta in Italia nel 1988 proprio grazie al lavoro della Federazione, e successivamente, dal 1992, è stato possibile caricare la bici nella sacca su tutti i treni. Probabilmente è un risultato ancora lontano dai Paesi europei con un trasporto bici più avanzato (Austria, Germania, Paesi Bassi) ma non tutto può fare la Fiab, è evidente che da parte delle compagnie ferroviarie non c’è molta attenzione a queste tematiche.
Un altro successo della Fiab è l’istituzione dell’Ufficio Biciclette nei comuni. Sono una proposta tutta Fiab, adottata oggi in 35 città, come al solito quasi sempre le stesse (quelle che partecipano ai viaggi studio). Il problema è sempre quello: il lavoro di Fiab c’è, poi ci sono amministrazioni più attente e altre più sorde.
Ma il risultato più importante può considerarsi la legge 366 del 1998, l’unica che preveda oggi in Italia il finanziamento di piste ciclabili, scritta a più mani dai tecnici Fiab e da alcuni deputati (vedi Galletti dei Verdi).
Il recupero delle ferrovie dismesse in tratti ciclabili è un’altra iniziativa Fiab, portata avanti da 10 anni e grazie alla quale sono stati realizzati diversi itinerari.
In ultimo, anche Bicitalia, il progetto di rete cicloturistica nazionale, è un progetto Fiab, riconosciuto oggi da diverse regioni (Puglia, Liguria, Friuli Venezia Giulia).
Il progetto Bicitalia ha ottenuto i finanziamenti di cui ha bisogno per essere realizzato?
Il “riconoscimento” da parte delle Regioni è il primo passo per accedere ai finanziamenti, ma ancora non ce ne sono stati.
(Domanda di Alfredo Giordani) Cosa ha notato Fiab in meglio e in peggio per il mondo della bici e della sicurezza stradale nel 2012?
In meglio, sicuramente più attenzione da parte dell’opinione pubblica, grazie anche alla nascita del movimento #salvaiciclisti, che ha saputo coinvolgere i cittadini a partire dalla rete meglio di quanto abbia saputo fare Fiab. Risultati concreti in un anno comunque sono difficilmente percepibili, quello dello sviluppo della ciclabilità è un obiettivo che parte dall’educazione ed i cui risultati sono tangibili nel medio e lungo termine.
Il grosso risultato del 2012 comunque è il riconoscimento della campagna Fiab per l’infortunio in itinere. Oggi contiamo più di 100 adesioni tra Comuni, Province e Regioni, di cui il 60% almeno risalenti all’anno passato. Per ora c’è un disegno di legge che dovrà essere ripresentato con il rinnovo del Parlamento dopo le prossime elezioni di febbraio.