Laudata sii, Sorella Bici.
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di Raffaele Di Marcello

 

È annunciata per giovedi 18 giugno l’uscita della “Lettera Enciclica Laudato sì del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune” ma già il settimanale L’Espresso, il 15 giugno scorso, ha pubblicato una bozza del documento.

 

Sulla base di questo testo, per quanto indicato come non ufficiale dal portavoce della Sala Stampa della Santa Sede, e quindi passibile di corpose modifiche, vogliamo fare alcune considerazioni in merito agli importanti contenuti “ambientalisti” dell’Enciclica del Papa argentino.

 

Il documento inizia citando San Francesco, santo di cui il Papa ha preso, non a caso, il nome: «”Laudato si’, mì Signore”, cantava San Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza […]. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. […].»

 

E continua: «La distruzione dell’ambiente umano è qualcosa di molto serio, […] perché la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli “stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società”.»

 

Il Papa, quindi, sottolinea la necessità di migliorare gli stili di vita, sottolineando che ogni singolo cittadino può fare la sua parte per creare un ambiente di vita migliore.

 

In particolare il Pontefice, sempre nella bozza di Enciclica, menziona il problema dei trasporti in ambito urbano: «La qualità della vita nelle città è legata in larga parte ai trasporti, che sono spesso causa di grandi sofferenze per gli abitanti. Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d’inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile e diventa necessaria la costruzione di più strade e parcheggi, che danneggiano il tessuto urbano. Molti specialisti concordano sulla necessità di dare priorità ai trasporti pubblici. Tuttavia alcune misure necessarie difficilmente saranno accettate in modo pacifico  dalla  società  senza  un  miglioramento sostanziale di tali trasporti, che in molte città comporta un trattamento indegno delle persone a causa dell’affollamento, della scomodità o della scarsa frequenza dei servizi e dell’insicurezza.»

 

Ed è questo ultimo passaggio che ci fa riflettere. Se anche il Papa si è accorto che la qualità della vita nelle città è, in gran parte, legata alla mobilità, alla concezione auto centrica di mobilità che ha caratterizzato la pianificazione e le scelte politiche degli ultimi quaranta anni, è possibile che i nostri decisori politici ancora non prendano coscienza del problema e non si attivino per cercare soluzioni?

 

Eppure le associazioni ambientaliste, FIAB in testa, da anni mostrano quale possa essere la soluzione del problema: una pianificazione della mobilità urbana, integrata con la pianificazione urbanistica e di area vasta, fondata sull’integrazione tra trasporto pubblico, mobilità pedonale e mobilità ciclistica.

 

Uno studio condotto dalla European Cyclists’ Federation  (ECF), utilizzando uno strumento  ideato  dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, denominato “Heat for cycling and walking”,  ha valutato che, incentivando l’uso della bicicletta nella popolazione, i costi sanitari verrebbero ridotti di circa 110 miliardi di euro.

Altri benefici rilevanti deriverebbero dalla diminuzione del traffico e dell’inquinamento, con un  risparmio di 24  miliardi di euro, a cui si aggiungerebbero  altri  6  miliardi  derivanti  dai  risparmi  sulla  spesa petrolifera  e  un  miliardo  relativo  alla  diminuzione dell’inquinamento atmosferico.

 

Questi benefici, aggiunti  ai  44  miliardi  di  euro derivanti  direttamente dal turismo in bicicletta, fa si che gli investimenti pro capite dell’Unione Europea  per  la  ciclabilità,  pari  a  5/6  euro  a  cittadino,  portino  a  benefici economici  di  circa  400  euro  per  ogni  abitante  dell’Unione  (Küster  e Blondel, 2013).

 

I vantaggi di cui sopra, declinati in chiave economica, sono concretizzabili in vantaggi per la salute, e quindi per la qualità della vita, degli abitanti delle città europee, ed hanno quindi un’importanza che va ben al di là della semplice quantificazione monetaria.

 

Ma se anche volessimo rimanere solo in campo economico va sottolineato un ulteriore studio dell’ECF, relativo ai posti di lavoro nell’industria ciclistica. Secondo il rapporto della Federazione Ciclistica Europea (Blondiau e Van Zeebroeck, 2014), attualmente, in Europa, ci sono più di 650.000 posti a tempo pieno legati al ciclismo. Questo numeropotrebbe  aumentare  fino  a  un  milione  posti  di  lavoro  entro  il  2020  se ciclismo raddoppiasse la sua quota modale, con un incremento di 350.000 posti di lavoro.

 

La bicicletta, di per se, é  un  veicolo  energeticamente  efficiente, contribuendo ad un consumo di energia inferiore dell’andare a piedi (Sexl et al., 1986),  e favorisce la  riqualificazione  dei  territori, anche in chiave turistica, (Lumsdon, 2000) e alla riduzione delle emissioni inquinanti (Formato, 2009). E poi le due ruote a pedali sono uno strumento sociale formidabile, garantendo, a bassi costi, un mezzo di mobilità efficiente a tutte le classi sociali, favorendo le interazioni umane e la fruizione “lenta” dei territori.

 

In sintesi possiamo dire, parafrasando il santo di Assisi (che si muoveva a piedi, da lui stesso definiti il suo cavallo e che, sicuramente, se fosse vissuto in tempi più recenti, avrebbe amato la bicicletta), “laudata sii, Sorella Bici, per tutto quello che fai per noi e per l’ambiente, senza, di contro, mai chieder niente”.