«Il solo fatto che l’uso della bicicletta offra una dimensione concreta al sogno di un mondo utopico in cui la gioia di vivere sia finalmente prioritaria per ognuno e assicuri il rispetto di tutti ci dà una ragione per sperare: ritorno all’utopia e ritorno al reale coincidono. In bicicletta, per cambiare la vita! Il ciclismo come forma di umanesimo». Non potevamo non iniziare con una delle sue tantissime riflessioni sulla bellezza e sul potere della bicicletta. Marc Augé, antropologo e filosofo di fama internazionale, è morto all’età di 87 anni.
Oltre dieci anni fa Marc Augé è stato ospite di Fabio Fazio su Rai 3 (qui sopra è disponibile l’intera intervista). «A pensarci bene – evidenziava – ci si rende conto che le biciclette ci sottolineano il tempo costantemente. Si sperimenta il corpo, il limite delle nostre forze e l’obbligo che ci vuole un po’ di tempo per spostarsi da un punto all’altro». Il suo libro Il bello della bici è stato pubblicato nel 2009 da Bollati Boringhieri.
Marc Augé è stato l’antropologo che ha coniato il neologismo nonluogo. Moltissimi dei pensieri espressi dal filosofo trent’anni fa rivelano ancora oggi la propria attualità, in un periodo nel quale in Italia e nel mondo il modello di città è chiamato a un cambiamento radicale per la sicurezza e la qualità della vita delle persone. «Andare in bici in fondo è fare un luogo perché si guarda, si ritorna al tempo, alla storia. Ma è anche un atto sociale, perché non si pedala sempre da soli».