Vale come primo passo per potenziare l’intermodalità in Europa: ogni treno nuovo o rinnovato dovrà ospitare almeno quattro posti bici. L’European Cyclists’ Federation e quindi anche FIAB – membro e parte attiva di ECF, di cui esprime il vicepresidente – hanno portato a casa un importante risultato grazie a un lungo lavoro di advocacy. Si tratta, in buona sostanza, del minimo sindacale al di sotto del quale non si potrà scendere per garantire un servizio efficiente all’utenza del bike to work, del bike to school e del cicloturismo. Al tempo stesso è il riconoscimento di un diritto alla mobilità ciclistica che da sempre FIAB rivendica e sulla quale continua a lavorare anche in Italia. La novità è il risultato della revisione della Rail Passengers’ Rights and Obligations Regulation.
«Si tratta di un segnale molto positivo perché non parliamo più di una facoltà, ma di un obbligo: per tutti i treni nuovi e rinnovati ci dovranno essere almeno quattro posti bici», ci ha spiegato Massimo Gaspardo Moro, consigliere nazionale FIAB e referente del settore intermodalità. «Il dibattito istituzionale era iniziato a inizio 2020 e si è concluso pochi giorni fa – ha aggiunto – non è ancora uscito il documento, ma la sostanza rimane. La nostra proposta originaria era di fissare il limite minimo a otto posti bici, ma alcuni paesi si sono opposti. Di esempi virtuosi ne abbiamo tanti, anche in Italia. Sugli intercity tedeschi e austriaci ci sono otto posti bici. In Germania e nel nostro Trentino Alto Adige alcuni convogli possono trasportare anche 30 mezzi».
Treni: metà dei convogli in Europa non accetta bici
Nell’articolo di ECF in cui si spiega questa novità per l’intermodalità europea, emerge la soddisfazione per un passaggio storico. Così si è espresso Alessandro Tursi, presidente FIAB e vicepresidente di ECF: «Si tratta di una vittoria importantissima perché siamo riusciti a stabilire un livello minimo essenziale. Cosa non affatto scontata in Europa. Ci sono sicuramente punte di eccellenza nei paesi come Olanda e Danimarca, ma tanti altri paesi sono perfino più indietro di noi sull’intermodalità. Da sottolineare infine – ha commentato – che il Green Deal di Ursula von der Leyen punta ai treni per i collegamenti intercontinentali al posto degli aerei. La bici non è più un mezzo soltanto per i piccoli spostamenti».
Se è vero che ci sono paesi e realtà virtuose che da anni hanno predisposto servizi e infrastrutture adeguate per accogliere bici e ciclisti sui treni, ECF ha pubblicato anche un dato eloquente sulla situazione in Europa: sul 53% dei collegamenti ferroviari più veloci tra le principali città europee le biciclette non sono ammesse a bordo. Così si legge in un recente report.