Nijmegen ha vinto il premio città ciclabile d’Olanda nel 2016, ed era quindi una sede quasi scontata per Velo-city. Si tratta di una località di medie dimensioni (150.000 abitanti), non particolarmente assaltata dal turismo, dove quindi non si verificano i fenomeni di “congestione ciclabile” tipici delle metropoli come Amsterdam o Copenhagen. Sulle infinite ciclabili ti ritrovi assieme a torme di colleghi pedalatori solo nelle ore di punta e negli incroci più importanti.
La conferenza si tiene nella concert hall della città, maestoso edificio art decò, e nella vicina biblioteca/centro culturale.
Ad aprire le danze arriva addirittura il RE, che tuttavia si impegna il meno possibile: taglierà il nastro ma non profferirà neanche una parola. Io non l’ho visto dal vivo perché la coda per i controlli di sicurezza era notevole, ma dallo streaming organizzato nel centro culturale.
Quando è finita la cerimonia sono uscito per raggiungere in bici la sede principale, e quasi faccio un frontale con il RE stesso, che era appena uscito – in bici – dalla hall e stava allontanandosi sulla stessa ciclabile da cui arrivavo io!! Per fortuna i suoi ciclo-gorilla hanno capito che la convergenza era involontaria e non mi hanno aggredito sul posto!
Subito dopo la cerimonia già tocca a me fare da relatore, ma è un caso… sono previsto in una sessione nella main hall: quale onore….
Titolo della sessione “Tips and tricks on behavioural change”, cioè una raccolta di resoconti e progetti finalizzati a portare alla bici nuovi utilizzatori. Io ho raccontato l’insieme di iniziative e progetti che stiamo gestendo come Gruppo mobilità del Green Office dell’Università di Torino per aumentare l’uso della bicicletta negli spostamenti casa-lavoro e casa-studio della comunità universitaria torinese, forte di 70.000 persone. Format della presentazione (si chiama Pecha–Kucha) superstressante: 20 slide che vengono gestite dalla regia di sala, non da te che parli, e proiettate esattamente 20 secondi ciascuna, senza alcuna possibilità di fermarsi o di accelerare. Quindi devi riuscire ad essere una vera e propria macchina da presentazione!
Per fortuna sono il 4° relatore e posso imparare dagli errori dei malcapitati precedenti, per cui alla fine riesco a cavarmela piuttosto bene… applausi convinti, domande e richiesta di copie della presentazione da parte di alcuni tra cui un impiegato degli uffici della UE a Bruxelles che vorrebbe applicare il nostro “modello” alle strutture UE della capitale belga… a quanto pare il traffico lì è impazzito, probabilmente per eccesso di auto blu…
Un’altra relazione interessante di una tecnica di Oslo che ha descritto la campagna di omaggio ai cittadini di pneumatici chiodati per convincerli all’uso della bici tutto l’anno (in inverno c’è una caduta molto forte). A quanto pare una campagna con ottimi risultati… ma il freddo?
I colleghi di FIAB comunque non c’erano, date le moltissime sessioni parallele (fino a 8!) Giulia Cortesi presentava contemporaneamente, Direttore e Segretario erano in altre sessioni. Presente Paolo Pinzuti che alla fine ha scritto un articolo che cita me e una collega di Cagliari unica altra relatrice italiana (proveniente dall’Italia, poi ce ne sono un paio italiani ma residenti e attivi all’estero), lamentando la consueta completa assenza di amministratori e politici dal bel paese, nota piaga da sempre (A Vienna 2013 c’era un tecnico del comune di Reggio Emilia, a Nantes 2015 mi pare nulla).
Altre sessioni interessanti su temi specifici che ho seguito riguardavano le politiche di incentivazione fiscale al bike to work, e le metodologie di benchmarking (comparazione e valutazione) tra città sulla bicycle friendliness.
La prima mi interessava perché stiamo valutando cosa si può fare al riguardo all’università di Torino: la cosa più semplice sono i cosidetti 25 centesimi a chilometri di rimborso a chi viene in bici al lavoro. Relatori francesi, tedeschi e finlandesi per un quadro molto frammentario, in cui si sperimentano 1001 soluzioni diverse, di solito a livello di singola città e le aziende private partecipano solo come volontari. Ne emergono chiaramente le difficoltà nel definire una normativa chiara, senza possibilità di cheating (es. faccio un giro stralungo giusto per prendermi un po’ di rimborso in più) e che renda semplice la certificazione sulla base della quale rimborsare. La maggior parte dei casi hanno un limite superiore ragionevole (ad es. non ti rimborso un tragitto di più di 15 km.).
Morale l’Inghilterra è ancora il caso più virtuoso e organizzato, tra l’altro dispongo ora anche della metodologia precisa con cui viene applicato il meccanismo presso l’università del Kent (grazie alla figlia che se l’è fatto dare da un membro dello Staff dell’Ateneo).
In ogni caso, grazie ad una presentazione mi sono reso conto meglio della piaga delle company car, che rappresentano una fetta molto rilevante del mercato dell’auto, sono favorite da agevolazioni fiscali spesso notevoli, e ovviamente incentivano all’uso dell’auto i dipendenti della aziende. Mentre se dai al dipendente una bici, no tax exemption.. in Germania, per esempio, il 92% delle Porche Cayenne vendute sono company car!
Sul benchmarking ero interessato perché mi hanno infilato in un gruppo nazionale che dovrebbe definire la metodologia con cui lanciare una campagna di certificazione ufficiale FIAB di città amiche della bicicletta. Quindi è molto importante conoscere le esperienze analoghe e se possibile coordinarsi con gli altri paesi europei (magari esercitando un po’ di clemenza nel caso italiano… sennò non certifichiamo nessuno!!).
La sessione è stata molto informativa, tre i modelli principali presentati: olandese, svedese e tedesco. Forti le differenze: quello tedesco è puramente basato su un sondaggio tra i ciclisti, e infatti si chiama “Bicycle climate test”; quello svedese è esclusivamente basato sulla rilevazione di dati oggettivi, su strutture realizzate e ammontare di spesa pubblica nel settore della mobilità ciclabile. L’Olanda è passata dal modello “oggettivo” a quello “soggettivo” alla tedesca di recente, dato che l’impegno per utilizzare la rilevazioni di dati oggettivi era troppo oneroso (tenendo conto che qui parliamo della valutazione di moltissime città, praticamente tutte o quasi quelle del paese – non di pochi casi sporadici o volontari).
Ovviamente entrambi i modelli hanno la loro valenza, e se ne è discusso ampiamente. Oltre alla sessione di presentazioni, si è svolto anche un incontro fuori programma, promosso da Jesus Freire di ECF, per avviare un lavoro di definizione e promozione di una metodologia standard per tutti i paesi (almeno europei). Sono intervenuto alcune volte, sottolineando che in un caso come quello italiano dove siamo ancora indietro, la prima valenza di uno sforzo del genere è quello di poter proporre un modello “garantito” da organismi internazionali come ECF, dandogli una patente di qualità che può essere utile per proporlo con successo alle nostre città. Anche se nel caso italiano si parla se ho ben capito di un “bollino di qualità” che dai o non dai, mentre il benchmarking standard prevede una vera e propria classifica tra le località coinvolte. Andrà valutato con i colleghi del gruppo di lavoro FIAB; in ogni caso è emerso da tutte le esperienze che le valutazioni devono essere svolte su insiemi di città di dimensioni omogenee, mettere nella stessa lista piccoli paesi e grandi metropoli rischia di non avere senso.
Ovviamente ho partecipato poi a molte altre sessioni per interesse generale, sicuramente da ricordare quella in cui erano relatori gli amministratori delegati degli enti ferroviari olandesi (uno per il corrispondente olandese della nostra Trenitalia e uno per il corrispondente della nostra RFI). Un vero e proprio show, arguto e quasi cabarettistico, che ha suscitato entusiasmo ed allegria in modo contagioso, coniugando la descrizione dell’impegno per la combinazione ottimale treno e bici con battute e botte e risposte tra i due in uno stile che in Italia sarebbe totalmente impensabile per una presentazione di amministratori delegati… per chi volesse rendersi conto, ho registrato il video della cosa. In ogni caso tenete conto che in Olanda circa il 50% dei viaggiatori in treno sono ciclisti… quindi è ovvio che per loro dare ascolto ai clienti e dare ascolto ai ciclisti è la stessa cosa.
Intrigante anche la sessione sulla lettura del comportamento dei ciclisti che si spostano come fenomeno collettivo in cui l’interazione tra singoli può essere letta in modo simile al comportamento degli stormi di uccelli in volo. Il super esperto dell’argomento è Marco Te Brommerstroet, docente universitario (è stato uno dei docenti principali di Paolo Ruffino, il nostro giovane uomo all’Avana che lavora per la ciclabilità olandese ed è venuto a tenere la conferenza a Rho pochi mesi fa) e “filosofo” della ciclabilità dal punto di vista umanistico.
Ancora una bellissima sessione che offriva indicazioni e suggerimenti su come lavorare con la stampa e i media per aiutare le nostre battaglie: la relazione di Mark Ames, ciclo-attivista e media consultant Anglo-australiano è stata molto interessante e splendidamente presentata (anche di questa ho il video, per chi fosse interessato).
Durante i lavori inoltre, è stato più volte proiettato in anteprima un nuovo documentario, intitolato “Why we Cycle”, di lunga durata (circa 40 minuti), molto professionale e inspirational e che può essere richiesto agli autori per una visione presso associazioni ecc. Il problema è che i sottotitoli in italiano sono tutti da fare. Loro sono disponibili, ma ci vogliono 800€…. Forse FIAB nazionale potrebbe valutare se vale la pena?
Per corroborare le sessioni della conferenza c’era anche un programma vastissimo di visite e incontri più “pratici”, noi siamo andati a due di queste: la nuova Stazione di Arnhem e la ciclabilità ad Utrecht.
Nel primo caso, oltre ad ammirare l’architettura post-futurista del tutto, abbiamo sperimentato e visionato il parcheggio bici con 4870 posti coperti e custoditi, con la caratteristica di avere un accesso vicinissimo sia ai binari che alla adiacente stazione bus interurbani.
Ad Utrecht, dove abbiamo passato tutto un giorno accompagnati dai responsabili della viabilità ciclabile di Comune e provincia, abbiamo visionato una vasta serie di soluzioni tecniche sul campo, appreso quali politiche presenti e future la città sta mettendo in atto (l’ambizione è quella di diventare la prossima Cycling capital of the World). Alcune di esse:
- il parcheggio della stazione è in fase di ampliamento e rifacimento, a fine anno sarà il primo al mondo a raggiungere i 30.000 posti bici coperti e custoditi, tutti a pochi passi dai binari e dagli altri servizi di stazione. Inoltre dispone già di sensori che indicano per ognuno degli infiniti corridoi di rastrelliere a doppio piano se e quanti posti liberi ci sono
- Fuori, lungo le ciclabili che portano alla stazione e al centro, sono ora presenti display luminosi che ti indicano il numero di posti liberi nei parcheggi bici centrali, stazione incluso, in tempo reale- E’ stato creato un nuovo mega ponte ciclopedonale che rende prossima al centro città un quartiere al di là del canale navigabile più grande dei dintorni, famoso perché la sua rampa passa sul tetto di una scuola elementare
- si sta sperimentando FLO, il nuovo sistema per fluidificare il passaggio dei ciclisti ai semafori. Posizionato circa 50 m. prima del semaforo e ad esso collegato, i suoi sensori “vedono” il ciclista in arrivo, ne leggono la velocità e gli danno indicazioni al volo sulla strategia ottimale di avvicinamento all’incrocio: in massima sintesi, se il semaforo è verde ma sta per diventare giallo, lo invitano ad accelerare leggermente così da passare in tempo; se il semaforo è rosso, ma sta per diventare verde, lo invitano a rallentare leggermente così da non doversi fermare e arrivare all’incrocio proprio quando scatta il verde. Questo tipo di ausilio aiuta a fluidificare il traffico ciclistico sulle ciclo-arterie principali dove è di capitale importanza evitare ciclo-ingorghi e rallentamenti eccessivi. Unico neo, almeno per ora, il prezzo: ci vogliono 35000€ per ciascun semaforo…
- si stanno diffondendo le ciclostrade: senza più separazione tra ciclabile e strada carrozzabile, la strada diventa delle bici e l’auto può transitare ma è un ospite: i ciclisti non hanno alcun obbligo di far passare l’automobilista, anche perché il limite è rigorosamente 30 all’ora. In questo modo si dà spazio alle bici praticamente su tutta la strada, cosa urgente nei casi di massa critica di pedalatori senza tagliare completamente fuori lo sporadico automobilista.
In particolare, ci ha impressionato la differenza in termini di ospitalità negli hub intermodali, dove la situazione nostrana è da età dei dinosauri: in pratica, Utrecht batte Milano 30.000 a zero, bici al centro….(e nota bene, Utrecht ha solo 330.000 abitanti).