Rete per la Mobilità Nuova

Rete per la Mobilità Nuova

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Anche FIAB aderisce: ti aspettiamo alla manifestazione “Pedoni, Pedali e Pendolari” il 4 maggio a Milano

tratto da  www.mobilitanuova.it – vedi

Manifesto per la Mobilità Nuova

La Rete per la Mobilità Nuova è una realtà che unisce le persone che quotidianamente si muovono usando i treni, il trasporto pubblico locale, la bici e le proprie gambe, e che rappresentano una maggioranza ignara di esserlo. La Rete nasce con lo scopo di diffondere e promuovere la Mobilità Nuova tra cittadini, associazioni, movimenti, amministrazioni e istituzioni.

La Mobilità Nuova è l’unica mobilità possibile e desiderabile, la sola in grado di soddisfare le esigenze di spostamento dei cittadini in modo razionale, ovvero sicuro, efficiente ed ecologico.

La Mobilità Nuova è un paradigma di organizzazione e gestione dei flussi di persone che impone il passaggio da un’ottica autocentrica a una umanocentrica. Essa ridefinisce i criteri di efficienza e le priorità, assegnando un peso maggiore a indicatori fino a oggi svalutati o sottostimati: la sicurezza, la salute delle persone, la vivibilità delle strade, l’equità sociale, la salvaguardia del territorio, la “rapidità diffusa” scaturirà da un sistema di trasporti che funziona e non da una velocità eccessiva e fuori controllo.

La Mobilità Nuova considera come unica portatrice di interessi la collettività tutta. Persegue, dunque, l’interesse generale, anche quello di motociclisti e automobilisti.

La Mobilità Nuova ruota attorno a quattro perni: l’uso della bici; l’uso delle gambe; l’uso del tpl e della rete ferroviaria nazionale; l’uso occasionale dell’auto (car sharing, car pooling, taxi).

La Mobilità Nuova predilige un principio di leggerezza strutturale e di economia nei trasporti:
– piccole opere per rendere più efficiente il traffico locale e i gli spostamenti pendolari invece che grandi infrastrutture nazionali e transnazionali;
– condivisione calmierata delle strade tra le varie utenze invece che separazione tramite infrastrutture;
– brevi spostamenti e piccoli carichi per i nostri acquisti, rivitalizzando il tessuto sociale ed economico dei nostri quartieri, invece che saltuari pellegrinaggi nei grandi templi del consumo di massa in periferia.

La Mobilità Nuova traccia un percorso che ogni realtà urbana può imboccare, dal piccolo paese alla metropoli, individuando uno split modale ideale tra i vari mezzi di trasporto da fissare come obiettivo.

La Mobilità Nuova, agendo su trasporti e spostamenti, modifica lo spazio pubblico e la sua destinazione d’uso. È una preziosa chiave di lettura per ripensare completamente le nostre città, l’occasione per immaginare un nuovo urbanesimo.

La Mobilità Nuova sostituisce un sistema caotico, casuale e diseconomico, quello autocentrico, con uno ad alta intermodalità in grado di generare un considerevole risparmio sia per il singolo cittadino che per la comunità. Spostamenti rapidi e coordinati, una minore incidentalità, e una migliore qualità della vita hanno ricadute positive a ogni livello, dall’economia familiare fino alla spesa pubblica sanitaria.

La Mobilità Nuova impone un radicale ripensamento nell’allocazione delle risorse economiche per i trasporti, privilegiando le opere di mobilità urbana, locale e regionale rispetto alle opere autostradali e all’alta velocità ferroviaria. Promuove una maggiore efficienza nella gestione delle risorse, con particolare attenzione all’erogazione dei servizi legati ai trasporti. Trasforma l’investimento nel trasporto pubblico in un investimento produttivo, che crea lavoro e aumenta l’efficienza diffusa.

L’immobilità

Il 4 maggio si avvicina, “pedoni, pedali e pendolari” si apprestano a manifestare per uscire dalla immobilità che attanaglia l’Italia. Vicini alla paralisi sono soprattutto gli spostamenti locali, all’interno delle città o nelle grandi aree metropolitane. Ogni raffronto con l’Europa da risultati devastanti, un vero e proprio “spread” di cui poco si parla e che non compare in programmi di governo e delle forze politiche, salvo pochi e rari casi.

Due (o tre) gambe per uscirne

La strada imboccata dai paesi più avanzati e seguita ormai in quasi tutta Europa è chiara, ed è composta di due gambe: trasporto pubblico locale e ciclabilità; oltre a quella “naturale”, le gambe stesse di noi tutti.

Su questa strada in Europa vengono orientati e decisi investimenti e  priorità, che anche da noi vanno da ridefiniti in modo simile.

La bici è determinante

La ciclabilità, di cui Fiab è portatrice, è un segmento irrinunciabile per vari motivi, tutti già facilmente riconoscibili nella mobilità sviluppata del resto d’Europa. Non inquina, occupa poco spazio, è veloce ed ha costi bassissimi (anche considerando le infrastrutture dedicate), l’incidentalità attiva è vicina allo zero etc. In ambiti urbani la bici è il mezzo di gran lunga più efficiente su distanze di 5-6-7 km.

Intermodalità bici + rotaia

C’è poi un altro fattore a favore della ciclabilità, determinante per un cambio di strada: l’intermodalità, di cui la bici è regina.

Il trasporto pubblico locale, di cui quello su rotaie è necessariamente la spina dorsale (treni, metro, tram) non può offrire spostamenti “da porta a porta”, cose che invece avvantaggia l’auto (sia pur apparentemente in molti casi).

La bicicletta chiude questo “buco” in gran parte dei casi: uscire di casa in sella, raggiungere uno snodo di trasporto collettivo (treno, metro, tram), proseguire con esso, ed alla discesa, di nuovo in sella fino a destinazione.

Come viene risolto però il passaggio dalla bicicletta al trasporto su ferro e poi di nuovo alla bicicletta? In due modi, ambedue ormai di grande diffusione in tutta Europa: il trasporto bici su treni, metro e tram, e il parcheggio delle bici ai due punti di salita e discesa dai mezzi su rotaia.

La prima variante necessita di alcuni interventi: la disponibilità di posti sui convogli ed alcune facilitazioni in stazione o alle fermate per accedere alle banchine ed ai convogli: condizioni quasi sempre date sulle reti ferroviarie in Europa, a cui l’Italia deve adeguarsi, riorientando gli investimenti. La recente diffusione delle bici pieghevoli ha rafforzato questa opzione.

La seconda variante dell’intermodalità bici+treno (o metro, tram) è quella di ciclo-parcheggi appositi (ed attrezzati) agli snodi. E’ valida in alcuni casi, anche se meno flessibile della prima.

Il bike sharing, se realizzato in modo razionale ed adeguato, rappresenta una sotto-variante del ciclo-parcheggio.

Redistribuzione e ridisegno degli spazi urbani

Le due componenti del modello vincente, trasporto pubblico e ciclabilità, hanno in comune altri punti e sinergie.

Per esempio ambedue necessitano di una redistribuzione dello spazio urbano e un suo ridisegno complessivo. Una moderna linea tramviaria di superficie “erode” circa 7 metri di larghezza alle carreggiate. Le piste ciclabili necessitano di circa 2-2,5 metri . In ambedue i casi tali spazi vanno sottratti al quasi monopolio di circolazione e/o sosta auto.

Le stesse zone 30, in cui vige condivisione e convivenza fra i diversi tipi di mobilità (a piedi, in bici o con mezzi motorizzati) si realizzano andando a modificare assetto urbano e viabilistico: non solo cartelli, ma per esempio restringimenti che forzano di fatto una riduzione di velocità ed altri fattori di conflitto.

Via dall’auto

Lo spostamento di quote di mobilità verso trasporto pubblico e bicicletta hanno infine comuni strumenti ed al tempo stesso finalità: la riduzione dell’uso dell’auto, la sua forte disincentivazione, limitazione di accesso e si sosta o la sua penalizzazione economica. L’obbiettivo, piuttosto vicino nelle realtà più avanzate, è la marginalizzazione dell’auto ad uno dei segmenti di intermodalità: se abito su un monte accenderò il motore al mattino, per arrivare al primo parcheggio scambiatore, o sarà ultima ratio per certi spostamenti che mi attendono o voglio fare.