Decreto Autovelox, l’appello delle associazioni: “Così in Italia muore la prevenzione”

Decreto Autovelox, l’appello delle associazioni: “Così in Italia muore la prevenzione”

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FIAB sottoscrive l’appello delle associazioni che si occupano di mobilità attiva e sostenibile che contestano il “Decreto Autovelox” pubblicato in Gazzetta Ufficiale martedì 28 maggio, perché “rafforza l’illegalità diffusa e mette a rischio la sicurezza stradale”.

Decreto Autovelox, un altro passo indietro nella tutela della sicurezza stradale

Mentre la riforma del Codice della Strada attende la discussione in Senato, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) interviene con un decreto che, di fatto, riduce l’efficacia dei controlli e  garantisce di fatto l’impunità di buona parte delle violazioni dei limiti di velocità, cioè la prima causa degli incidenti gravi in base ai dati Istat, e che continua a limitare il margine d’azione dei Comuni, rendendo quasi impossibile fare prevenzione dell’eccesso di velocità sulle strade.

Il governo continua così a legittimare il diritto alla velocità e l’abuso del mezzo privato ignorando le evidenze scientifiche e gli indirizzi seguiti da altri Paesi che nel mondo stanno ottenendo riduzioni più marcate di morti e feriti in strada.

Le criticità: liberazione dai controlli, licenza di velocità, limitazione alle autonomie locali

Diverse le criticità rilevate dalle associazioni, qui elencate per punti:

  1. Deriva politica che legittima chi infrange le regole: Il decreto si allinea con una strategia volta a comprimere l’autonomia di Sindaci ed Amministrazioni, che in qualità di enti locali hanno la responsabilità della salute pubblica sul loro territorio, di cui ben conoscono criticità e caratteristiche.
  1. Dati ed evidenze ignorati: un approccio miope che contrasta con le pratiche di successo già adottate in altri Paesi europei.
  1. Limitazioni agli autovelox in città: il decreto limita fortemente l’uso di autovelox fissi e mobili in città dove il limite di velocità è inferiore ai 50 km/h (anche dove c’è il limite dei 30 km/h e anche davanti alle scuole).
  1. Limitazioni sulle strade extraurbane: non potranno essere installati autovelox dove il limite è inferiore di oltre 20 Km/h a quello previsto dal Codice della Strada (su strade extraurbane principali con un limite di 110 km/h, gli autovelox potranno essere posizionati solo se il limite è di almeno 90 km/h o superiore. Tuttavia, se in un tratto di strada extraurbana principale il limite è fissato a 70 km/h non saranno consentiti comunque).
  1. Efficacia compromessa: le modalità operative per l’uso degli autovelox mobili, che richiedono l’intervento immediato della polizia per fermare i veicoli, rendono i controlli discontinui e inefficaci. Questa misura penalizza la prevenzione continua e sistematica delle collisioni stradali. 
  1. Distanze di “sicurezza”: le nuove normative stabiliscono distanze minime obbligatorie tra i segnali di limite di velocità e gli autovelox, rendendo l’installazione dei dispositivi più complessa e burocraticamente onerosa.
  1. Controllo centralizzato: saranno i prefetti, e non i sindaci, a decidere le zone per l’installazione degli autovelox, concentrandosi solo su aree con elevata incidentalità e difficoltà di contestazione immediata. Questo riduce la capacità delle autorità locali di intervenire in modo mirato e tempestivo. 

L’analisi del Centro studi FIAB

Come evidenzia Edoardo Galatola, Responsabile sicurezza stradale del Centro studi FIAB, questo decreto non è indirizzato a ridurre gli incidenti, ma a ridurre le sanzioni. Ne consegue che contravviene all’art. 1 del Codice stesso perché va contro ai principi della sicurezza stradale e della mobilità sostenibile, alla riduzione dei costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; al miglioramento del livello di qualità della vita dei cittadini, oltre alla promozione dell’uso della bicicletta”. Parimenti contravviene alle priorità di intervento individuate dal PNSS2030 e dalle indicazioni della Comunità europea che invita gli Stati membri a dare priorità agli investimenti nel controllo della velocità e in una comunicazione di qualità sulla centralità della velocità e della sua gestione; invita gli Stati membri ad applicare sanzioni dissuasive della velocità, compresi sistemi di penalità a punti, e a valutare la possibilità di prevedere corsi di sensibilizzazione sulla velocità per riabilitare i recidivi“.

Il messaggio implicito è pertanto quello di liberazione dai controlli, licenza di velocità, limitazione alle autonomie locali. Il principio di fondo è semplice: meglio togliere una multa che salvare una vita.

Inoltre Massimo Gaspardo Moro, Responsabile del Centro Studi, sottolinea che la campagna contro i controlli della velocità sulle strade italiane, lanciata del Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, ha subito un’improvvisa accelerazione a cavallo tra la fine del 2023 e l’inizio di quest’anno. “A febbraio – afferma Gaspardo Moro – tutti i media hanno pubblicato i dati del Codacons, in base ai quali in Italia ci sarebbero oltre 11 mila autovelox, contro i 7.700 di UK, i 4.700 della Germania, i 3.700 della Francia e i 2.300 della Spagna. Sono dati da prendere con le molle, visto che a fornirli è una società privata, che vende software per aiutare gli automobilisti a individuare gli autovelox ed evitare la sanzione”.

La situazione dunque si capovolge se guardiamo i dati delle sanzioni, che smentiscono lo stesso Ministero delle Infrastrutture e Trasporti quando titola “Autovelox, arriva la stretta contro le multe selvagge”. Come ci spiega Gaspardo Moro “il dato che emerge in tutta la sua drammaticità è che in Italia si fanno molti meno controlli e sanzioni rispetto ai principali paesi europei, non solo per l’eccesso di velocità, ma anche per le altre principali cause di incidenti gravi, come la guida in stato di ebbrezza. Ce lo dicono con chiarezza i rapporti dell’ETSC, l’Ente Europeo per la Sicuirezza dei Trasport: in Italia si fanno un quinto delle sanzioni per eccesso di velocità e un decimo degli alcoltest della Francia. Questi dati, il Ministro Salvini non può far finta di non conoscerli”.

L’appello delle associazioni: bisogna riscrivere il Codice della Strada e il Decreto Autovelox

 “Chiediamo al Governo e al Senato di fermarsi e riscrivere il testo del Codice della Strada e il Decreto Autovelox, coinvolgendo le associazioni dei familiari delle vittime della strada e gli esperti del settore”. Questo è l’appello delle associazioni sottoscritto da FIAB, Legambiente, Movimento Diritti dei Pedoni APS, Città30 (Bologna30, Ferrara30, Firenze30, Lecce30, Modena30, Napoli30, Pesaro30, Torino30, Roma30), Clean Cities, Genitori ECOattivi, Salvaiciclisti, Rete Vivinstrada, Metrovia, Comitato Via Vincenzo Tieri Roma, Ciclomobilisti, Hub.MAT APS, Legambici APS Milano.

Si chiede quindi alle istituzioni di invertire la rotta per avviare una reale transizione verso forme di mobilità più sostenibile e sicura per tutte le età, le abilità e i generi, in città così come nei territori.