In Europa si discute di sicurezza stradale per tutti, di moderare la velocità e rendere le città più vivibili soprattutto per ciclisti e pedoni. In Italia di “aria fritta”. Anche a seguito della recente tragica cronaca milanese, l’investimento da parte di un ciclista di una donna anziana, poi deceduta. Del fatto in se in realtà si sa ben poco, ma qualsiasi opinione trova spazio sui giornali, anche l’inutile idea del Presidente di Assoedilizia di una targa obbligatoria per i ciclisti.
Gli risponde, a titolo personale, Jacopo Michi, socio di FIAB e avvocato fiorentino.
In prima battuta la mia solidarietà non può non andare al pedone. Infatti, a mio modo vedere, chi si trova alla guida del mezzo più pericoloso deve adottare lo stile di guida idoneo a tutelare gli utenti più deboli.
E Michi prosegue quindi il suo ragionamento facendo riferimento a dati e a numeri.
Firenze, 30 Ottobre 2014
Gent.mo Presidente di Assoedilizia
Ill.mo Avv. Achille Lineo Colombo Clerici
Milano
Oggetto: “Targatura” dei velocipedi. Considerazioni in merito alle dichiarazioni in data 28.10.2014.
Gent.mo Presidente,
mi permetto di scriverLe a seguito delle Sue dichiarazioni, come riportate al seguente link , in ordine alla necessità di “targare” i velocipedi.
Sono un ciclista urbano, avvocato amministrativa “nel tempo libero” [ramo urbanistica-edilizia], da sempre attento ai temi della mobilità urbana.
In particolar modo, sono alcuni anni che – per passione e convinzione – assisto le Associazioni di ciclisti, locali e nazionali, nella stesura di progetti di legge e piani in materia di mobilità ciclistica (L.R. Toscana n. 27/2012, PRIIM della Regione Toscana, ecc.) e nella gestione dei rapporti, non sempre facili, con le Amministrazioni locali.
Vista la mia specializzazione nel settore, ho dunque letto con estremo interesse il Suo autorevole ed articolato intervento.
L’attenzione al tema della mobilità sostenibile, infatti, fa onore a Lei ed all’Associazione che presiede; in proposito, sarebbe impensabile che un’Associazione che si pone come obiettivo la tutela dei proprietari di immobili non guardasse con favore a forme di mobilità che valorizzano la vivibilità nelle aree urbane e, come logico corollario, incrementano il valore stesso della proprietà fondiaria[1].
Alla luce di ciò, non posso che apprezzare il plauso di Assoedilizia allo sviluppo della mobilità ciclistica, anche se – evidentemente per un mero lapsus del redattore del comunicato stampa – detto plauso si è riduce ad una striminzita “non contrarietà” “alla sempre maggiore diffusione della bicicletta”.
Del resto, chi potrebbe mai essere contrario alla diffusione della bicicletta?!
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Proseguendo nella attenta disamina delle Sue dichiarazioni (e non potendo che prescindere dal caso di cronaca che le ha originate, stante la dinamica ancora da accertare), ho poi molto apprezzato il richiamo ad una maggiore responsabilizzazione dei ciclisti.
Poiché auspico una riforma del Codice della Strada che introduca una presunzione di responsabilità in capo all’utente più forte, quando accade uno scontro che vede coinvolti ciclisti e pedoni, in prima battuta la mia solidarietà non può non andare al pedone.
Infatti, a mio modo vedere, chi si trova alla guida del mezzo più pericoloso (sia un autoarticolato o un segway) deve adottare lo stile di guida idoneo a tutelare gli utenti più deboli.
Ciò detto, ritengo che, quando si parla di ciclisti e di sicurezza, non ci si debba lasciar guidare dalle impressioni, spesso fallaci e comunque parziali, ma si debba sempre far riferimento ai dati ed ai numeri.
Ebbene, sono proprio i numeri a testimoniare che – con riferimento ai sinistri gravi, ed in special modo a quelli mortali – la conflittualità fra pedoni e ciclisti, fenomeno antropologicamente e sociologicamente assai interessante, non costituisce affatto una emergenza.
Infatti, dei 564 pedoni uccisi nel 2012 (Dati ISTAT 2012, tav. 2.30.xls)[2], lo 0% è imputabile ai velocipedi, mentre circa il 99,9% dei sinistri mortali vede coinvolti veicoli a motore.
Ciò, ovviamente, non significa che un velocipede, specie se condotto in violazione delle regole di condotta previste dal Codice, non possa causare conseguenze dannose, persino letali (e l’evento luttuoso di pochi giorni fa ne è la triste prova), ma che – statisticamente – nel 99,9% dei casi, i nemici mortali dei pedoni sono rappresentati da altre categorie di veicoli e non dalle biciclette[3].
E, converrà con me, che il miglior modo di garantire la sicurezza dei pedoni è agire sulle cause del 99,9% degli incidenti: di qui la necessità di porre in essere seri provvedimenti di moderazione del traffico e di riduzione (non solo teorica) della velocità dei mezzi a motore.
Mi auguro, quindi, che vorrà condividere le “battaglie” delle Associazioni dei ciclisti, locali e nazionali, volte a tutelare tutti gli utenti deboli[4] della strada, pedoni e ciclisti compresi.
Infatti, avere strade più sicure è un’esigenza prioritaria per gli stessi ciclisti, categoria che ogni anno annovera circa 300 vittime.
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Proseguendo nella lettura della Sua dichiarazione, ho poi trovato la seguente frase “l’amministrazione comunale deve avere il coraggio di resistere ai vari gruppi di pressione (blocchi stradali con le biciclette, ricordiamo?) e obbligare i velocipedi a munirsi di un contrassegno di identificazione visibile a distanza. Lo fanno Paesi più diversi, dalla Svizzera alla Cina”.
Innanzitutto, e prima di ogni altra considerazione, se da un lato mi fa piacere che ai ciclisti urbani sia riconosciuta la qualità di “gruppi di pressione”, dall’altro non comprendo il suo riferimento ai “blocchi stradali con le biciclette”.
La stessa nozione di “blocco stradale” mal si sposa con un mezzo come la bicicletta che – per sua natura – è facilmente amovibile…
Forse, con il termine “blocchi stradali”, Lei intende far riferimento ai cd. fenomeni di critical mass.
Ebbene, in proposito, suggerendoLe l’illuminante lettura di Zack Furness, One Less Car: Bicycling and the Politics of Automobility, 2010, Le segnalo che la cd. “lobby dei ciclisti” si compone non solo di simpatici hipster un po’ ribelli ed insofferenti alle regole, ma è costituita anche da stimati [e spesso compassati] professionisti, quali notai, avvocati, ingegneri, medici, ecc. e che tale “lobby” abitualmente agisce facendo ricorso agli strumenti che l’ordinamento consente (petizioni, proposte di legge, ricorsi, ecc.).
Ma ancor più che dal riferimento a fantomatici gruppi di pressione, Le confesso che sono rimasto sorpreso dalla affermazione secondo cui le Amministrazioni comunali dovrebbero “obbligare i velocipedi a munirsi di un contrassegno di identificazione visibile a distanza”.
E sa perché sono rimasto sorpreso?
Perché non mi risulta che gli Enti Locali siano dotati di tale potere.
Tuttavia, poiché le mie conoscenze possono essere incomplete (e con le norme che cambiano ogni giorno, ciò è altamente probabile), sono a chiederLe – da Collega a Collega ben più autorevole ed esperto – la gentilezza di indicarmi i riferimenti normativi di un tale potere in capo al Comune.
Parimenti stupito sono rimasto della affermazione secondo cui l’obbligo di targa sussisterebbe nei “Paesi più diversi, dalla Svizzera alla Cina”.
Ebbene, pur ignorando (e chiedo venia) quale sia la disciplina della circolazione in un paese a noi così vicino come la Cina, Le segnalo come il generalizzato obbligo di targa nella Confederazione Elvetica non sussista più dal 2012[5]. Quanto agli altri paesi cui Lei si riferisce, sarebbe così cortese da indicarmene uno? Ho viaggiato, e molto, in bicicletta nei paesi europei, ma francamente non ho mai incontrato biciclette targate.
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Quanto al merito della questione, se ho ben compreso il senso delle Sue dichiarazioni, la “targatura” delle biciclette dovrebbe avvenire per ragioni di non discriminazione rispetto agli altri veicoli, anche più lenti, che circolano sulla “pubblica via”.
Ebbene, se tutto ciò che circola per strada deve essere targato, perché non targare pedoni, carrozzine per disabili e passeggini? Infatti, anche i pedoni, per fare un esempio, impegnano la carreggiata quando attraversano la strada…
Al di là del paradosso, ricordo che la bicicletta
– per dimensioni (ingombro laterale pressoché nullo);
– per peso (circa 10-15 kg);
– per trazione (muscolare);
– per velocità media di crociera in pianura (circa 15 km/h)
non può ragionevolmente essere assimilata a tutti gli altri veicoli targati.
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Quanto alla funzione “generalpreventiva” di lotta ai furti, la targatura sarebbe certamente utile, ma – temo – troverebbe contrari non solo i “ciclisti cattivi” ma pure le stesse compagnie assicurative, visto che – in tal caso – esse sarebbero obbligate a fornire polizze contro il furto.
Ha mai provato a chiedere ad una Compagnia di assicurare una bicicletta? Io l’ho fatto ed ho interpellato varie compagnie – da quella piccola a quella enorme- : mi hanno risposto tutte: “rischio troppo altro, non rientra nella nostra politica”….
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Per le ragioni che Le ho elencato, dunque, non condivido la proposta da Lei formulata in ordine all’obbligo di targatura dei velocipedi.
In ogni caso, sarei enormemente lieto di poter intavolare con Lei e la Sua Associazione un confronto sui temi della mobilità, al fine di un più agevole conseguimento dell’obiettivo comune a tutti, che è quello di una maggior vivibilità e sicurezza delle nostre strade e città.
Con i migliori saluti.
(Avv. Jacopo Michi)
[1] “Property developers are taking note, too: just as houses near metro stations tend to command higher prices, research now suggests that access to cycle paths and proximity to docking points is linked to higher rents” in http://www.economist.com/blogs/economist-explains/2013/10/economist-explains-14 .
“Communities that have invested in pedestrian and bicycle projects have benefited from improved quality of life, a healthier population, greater local real estate values, more local travel choices, and reduced air pollution” in http://www.usmayors.org/resolutions/80th_conference/tc02.asp .
[2] http://www.istat.it/it/archivio/102885.
[3] Persino i trattori agricoli che – nel 2012 – hanno fatto tre vittime fra i pedoni.
[4] Art. 3, I comma, 53 bis del D.Lgs. n. 285/1992, Nuovo Codice della Strada.
[5] https://www.ch.ch/it/circolare-bicicletta-svizzera/