La vexata quaestio dei grupponi di ciclo-sportivi sulle strade

La vexata quaestio dei grupponi di ciclo-sportivi sulle strade

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Molti ciclo-sportivi, in allenamento domenicale su strade extraurbane trafficate, spesso formano gruppi stabili che occupano l’intera carreggiata. Nell’immaginario collettivo degli automobilisti questi rappresentano “i ciclisti”, cioè tutti i ciclisti (nota 1).

Due anni fa, nei social, è circolato il famoso post: “Dite ai ciclisti che possono salvare il mondo anche leggermente più a destra”. Sfruttando il tormentone sui grupponi, qualcuno ha abilmente inventato la frase per prendersela con l’universo tutto dei ciclisti (i grupponi, infatti, erano solo un pretesto per comunicare ben altro, come spiegherò in un prossimo articolo).

La manipolazione mediatica è riuscita. Io sono un ciclista urbano e cicloturista, come la gran parte dei soci FIAB, con modalità molto diverse nel muoversi in bici, soprattutto non partecipo mai ad allenamenti collettivi su strada, eppure ora tutti mi assimilano a questi grupponi.

D’altra parte, per rispetto della verità, vedo per le strade anche molti ciclisti sportivi, probabilmente la maggioranza, che si muovono diversamente.

In primo luogo, pertanto, per il comportamento di pochi, la si smetta di prendersela con tutti i ciclisti.

In secondo luogo, appurato di quali ciclisti si tratta, si possono fare altre considerazioni.

Valutando questo comportamento dal punto di vista della sicurezza stradale, si tratta di una violazione del codice stradale, che un pubblico ufficiale è sempre obbligato a contestare.

Giusta, o perlomeno dovuta, l’eventuale sanzione, purchè effettuata in normali pattugliamenti (nota 2).

Sbagliata invece la tanto invocata “caccia alle streghe” contro i ciclisti. Poiché un’eventuale “campagna” per reprimere i comportamenti pericolosi sulle strade, se mirata solo sui ciclisti sarebbe del tutto irrazionale e fuorviante (oltre che, probabilmente, demagogica). Invece, oltre a colpire questo comportamento, dovrebbe focalizzarsi verso le auto che violano i limiti di velocità e che costituiscono il pericolo maggiore per tutti (altri automobilisti in primis, non dimentichiamolo!).

Riterrei per questo politicamente inaccettabile legittimare con il “braccio della legge” l’esasperata campagna mediatica di cui detti grupponi sono oggetto, spesso condita da toni beceri e violenti.

I grupponi danno fastidio, indubbiamente, anche agli automobilisti più prudenti. Comunque questi, in genere è domenica, non vanno di fretta, rallentano e superano appena possibile in sicurezza (certo, magari mandandoli al diavolo questi ciclisti!).

Sembra invece che essi offendano mortalmente coloro che concepiscono la strada come un autodromo. I toni della polemica talvolta diventano vera e propria “istigazione a delinquere” nei confronti dei ciclisti. Con il rischio di influenzare qualcuno “fragile di mente”, con conseguenti tragici epiloghi.

Insomma, che alcuni ciclisti siano nel torto non autorizza a decretarne la pena di morte. Chi lo fa è un criminale; bisognerebbe denunciare i siti che ospitano nei propri forum certi commenti.

Sulla questione di come alcuni automobilisti concepiscono in maniera distorta l’uso della strada e la presenza dei ciclisti non mi dilungo oltre. Ne ha ampiamente disquisito il sempre ottimo Benzina Zero in “Trovi 50 persone in bicicletta sulla strada e ti lamenti? Forse perché non hai riflettuto.”.

L’articolo cita anche la questione dei gruppi che si formano talvolta spontaneamente. Lo confermo per esperienza diretta. L’aumento di ciclisti sulle strade extra-urbane, specie dove non esistono ciclovie alternative, può portare comunque al formarsi di “grupponi provvisori”, nel perfetto rispetto delle regole.

Nelle ciclo-escursioni FIAB, quando ci immettiamo su strade trafficate, chiediamo a tutti di disporsi in fila indiana. Capita però che sopraggiunga un altro gruppo più veloce e ci debba superare, magari mentre già qualcuno di noi superava altri più lenti. A volte c’è anche l’ostacolo a bordo strada, insomma può capitare così che ci si allarghi momentaneamente in due o in tre.

Si tratta di un gruppone “involontario” che dura pochi secondi, eppure se in quel momento sopraggiunge un’auto (non ancora avvistata nel momento della manovra, quindi molto probabilmente oltre i limiti di velocità) è quasi certo che si metterà a strombazzare e bestemmiarti dal finestrino.

Questo è un comportamento incivile e imprudente, che si riscontra soprattutto in Italia, e che manifesta il concetto proprietario della strada e quindi prevaricatore su qualsiasi altro vi si muova.

Tra l’altro, da notare, a comportamenti del genere assistiamo anche quando ce ne stiamo perfettamente a destra, perfettamente disciplinati, magari nemmeno in gruppo; automobilisti che ti fanno il pelo, che ti urlano improperi, anche che ti tirano addosso qualcosa.

Pertanto il vero problema non sta solo nei “grupponi” ma anche e soprattutto nel comportamento di molti nostri automobilisti.

Ho pedalato a Copenaghen dove i grupponi” sono la norma. Non si tratta di gente che pedala insieme ma di veri e propri “ingorghi” di ciclisti urbani che si muovono autonomamente, ognuno alla sua velocità quindi con sorpassi multipli. Eppure non si assiste mai alle scene isteriche scatenate dai piloti nostrani.

Detto questo si dovrebbe anche, finalmente, ragionare in modo serio sul fatto che in Italia c’è una grande tradizione di ciclismo agonistico ed amatoriale e che, come spesso le associazioni sportive denunciano, mancano spazi adeguati per gli allenamenti, velodromi, ecc.

I ciclisti agonisti si sono da sempre allenati sulle strade ma al giorno d’oggi il traffico è aumentato a dismisura, così come il pericolo e il citato conflitto con gli automobilisti.

C’è anche da spiegare al grande pubblico automobilistico “ignorante” (nel senso che non va in bici e ciò lo ignora) che le piste ciclabili nascono dall’esigenza di far circolare in sicurezza i ciclisti che vanno a velocità lenta o moderata, come appunto noi ciclisti urbani o cicloturisti. Ed effettivamente, se fatte bene, dando sicurezza e percorsi più piacevoli, hanno aiutato ad incrementare altre modalità di uso della bicicletta, come mezzo di trasporto non sportivo.

Però, salvo pochi casi, i ciclisti sportivi in allenamento le devono evitare, perché dovrebbero andar troppo piano, sono strette per chi corre, in Italia a volte non vengono manutenzionate o son proprio fatte “da cani” e piene di insidie (e questo è un problema per tutti i ciclisti, anche per quelli lenti; paletti inutili – ci son stati anche dei morti per questi – , restringimenti, fine improvvisa nel nulla, mancanza di scivoli, fine-inizio ad ogni passo carraio –un delirio!-), quando son fatte bene invece son percorse dai ciclisti più lenti che costringerebbero lo sportivo a continue frenate e sorpassi. In particolare quelle più “turistiche”, di lunga percorrenza, che magari nei giorni feriali i ciclo-sportivi apprezzano, nel fine-settimana sono affollate di ciclisti lenti, spesso famiglie e bambini che, giustamente, reagiscono con astio se qualcuno corre troppo e fa sorpassi veloci mettendo a repentaglio la sicurezza propria e dei figli.

Insomma, serve sì più educazione stradale, da parte di tutti (ciclisti ed automobilisti) ma servirebbero soprattutto soluzioni per consentire ai ciclisti sportivi di allenarsi in sicurezza (velodromi, piste più ampie appositamente realizzate, l’istituzione di strade indicate come preferenziali per i ciclisti e in cui gli automobilisti sappiano in partenza che su quelle sono tenuti a rallentare).

Questo risolverebbe il problema alla radice, favorendo la pratica di uno sport che piace a molti italiani, che magari non lo praticano ma fanno il tifo e si inorgogliscono per le vittorie dei nostri campioni al Giro d’Italia o al Tour de France.

NOTE

1) Visto che tutti gli altri che girano in bici proprio non li vedono. E spesso li investono. “Scusa non ti ho visto!”, dicono quasi sempre dopo un incidente. In gran parte, effettivamente, non possono vederli, poi, perché bikers, cicloturisti e ciclisti urbani, se possono, evitano le provinciali trafficate come la peste (o ne percorrono dei tratti solo quando non conoscono o non ci sono alternative).

2) vedi Anche tra i ciclisti c’è chi si comporta male … ed è sbagliato difenderlo (da leggersi dopo i tre articoli che lo precedono).