Xcycle. Ridurre incidentalità e mortalità degli utenti vulnerabili
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di Bibi Bellini

 

Intervista al Prof. Luca Pietrantoni, professore Associato presso il Dipartimento di Psicologia Università di Bologna, Coordinatore del progetto europeo XCYCLE

 

 

 

 

 

Cos’e’ xcycle e come funzionera’ ? Quali sono obiettivi e le azioni principali previste dal progetto?

 

Il progetto è uno dei primi progetti di ricerca finanziati nell’ambito del programma Horizon 2020, il nuovo Programma Quadro europeo per la Ricerca e l’Innovazione (2014 – 2020) della Commissione europea.  Nell’ambito dei programmi dedicati al programma “Smart, green and integrated transport” un bando era dedicato allo sviluppo di misure avanzate di sicurezza per ridurre l’incidentalità e la mortalità degli utenti vulnerabili. Il nostro consorzio ha deciso di focalizzarsi sulle persone che usano la biciclette come mezzo di traporto.

 

In Europa e in Italia in particolare abbiamo bisogno di sviluppare strumenti e mezzi che considerino i ciclisti a pieno titolo nella gestione del traffico e che al contempo incoraggino un uso sicuro della bicicletta.

 

Il progetto riunisce nove partner tra università, centri di ricerca e imprese. In particolare è un consorzio in cui le università collaborano con partner industriali come Volvo, Imtech o Jenoptik Robot. Ci sono anche centri di ricerca come il DLR, istituto di ricerca aerospaziale tedesco che si occupa di gestione del traffico.  I  partner provengono da  vari paesi che hanno culture diverse della ciclabilità e adottano misure politiche e infrastrutturali diverse per promuovere la sicurezza dei ciclisti. Oltre all’Italia, abbiamo l’Olanda, la Gran Bretagna, la Svezia e la Germania. 

Il progetto è iniziato il 1 giugno 2015 e durerà 42 mesi. Nei prossimi anni faremo ricerca e sviluppo in un contesto altamente dinamico sul fronte delle tecnologie per la sicurezza stradale. La nostra intenzione è quella di mantenere uno stretto contatto con gli enti pubblici e privati che si occupano di mobilità sostenibile e ciclabilità e di cooperare con le associazioni dei ciclisti.

 

 

Come mai in un progetto a forte trazione tecnologica il coordinamento e’ in capo a uno psicologo?

 

Il progetto è coordinato da Unibo perché si è voluto dare centralità alla componente legata al fattore umano nella sicurezza stradale. Il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna lavora da tempo su tematiche interdisciplinari in cui si analizza l’interazione tra sistemi umani e sistemi tecnologici.

 

L’approccio di XCYCLE si basa sulla centralità dell’utente della strada. Le valutazioni comportamentali saranno parte dell’intero processo di ricerca e verifica. Particolare attenzione sarà data ai processi percettivi e cognitivi, all’interfaccia essere umano-macchina e all’accettazione della tecnologia da parte dell’utilizzatore. Le nuove tecnologie per la sicurezza stradale devono essere percepite come efficaci e facili da usare altrimenti rischiano di essere abbandonate o sottoutilizzate.

 

Gli psicologi sono poi esperti di programmi cambiamento del comportamento e sono sempre più coinvolti nelle iniziative volte a promuovere la mobilità sostenibile o  i comportamenti sicuri in strada. L’uso della bicicletta è un modalità di trasporto sostenibile e salutare; molte istituzioni stanno adottando varie strategie promuoverlo. I dati europei mostrano poi un fenomeno apparentemente paradossale  chiamato “safety in numbers” (sicurezza nei numeri) che ha una spiegazione psicologica e sociale.  Esiste infatti una relazione tra il numero di persone che usano la bici e la frequenza delle collisioni tra ciclisti e veicoli motorizzati: più persone vanno in bici, più diventa sicuro andare in bici. Queste avviene per vari motivi.  I conducenti di automobili diventano più consapevoli dei ciclisti e migliorano la loro capacità di anticipare la presenza dei ciclisti nel traffico. Inoltre  i conducenti di automobili hanno più probabilità di utilizzare la bici a loro volta e quindi di comprendere come la loro guida in automobile può influenzare gli altri attori della strada, imparano a “cambiare prospettiva”. Infine all’aumentare del numero di ciclisti, aumenta la sensibilità politica e sociale che consente di migliorare le condizioni per i ciclisti (es., piste ciclabili più sicure). Ne deriva che nei paesi europei dove l’uso della bicicletta è più diffuso, il rischio per l’incolumità dei ciclisti è più basso.

 

In Danimarca una persona in media percorre 900 km in bicicletta all’anno mentre in Italia l’uso della bicicletta è meno diffuso e una persona in media percorre 200 km in bicicletta all’anno. Va comunque osservato che il rischio di morire in incidente in bicicletta è molto basso, è molto più probabile rimanere feriti. In Danimarca questo rischio è di 10 morti ogni 100 milioni di kilometri (che equivale circa a fare il giro del mondo 2500 volte), in Italia questo rischio  è di 40 morti  nella medesima distanza.

 

 

 

La maggioranza degli incidenti che coinvolgono pedoni e ciclisti avviene nelle aree urbane. Qui non sarebbe piu’ efficace l’adozione di sistemi di controllo della velocita da installare sulle auto ad esempio ISA (Intelligent Speed Adaptation) ?

 

In Italia  il 57% dei ciclisti morti e il 90% dei ciclisti feriti a seguito di incidente stradale avviene in aree urbane. La percentuale europea è molto simile. Il tasso di lesività però è peggiore nell’aree non urbane: ogni 1000 incidenti che coinvolgono ne muoiono 10 su 1000 se l’incidente avviene nell’abitato mentre ne muoiono 69 su 1000 se l’incidente avviene fuori l’abitato. 

 

Gli ISA possono essere dei validi strumenti per supportare il guidatore a rispettare sempre i limiti di velocità e questo può contribuire a ridurre le probabilità di collisioni con gli utenti vulnerabili o le conseguenze in caso di impatto. Tuttavia dai dati che abbiamo a disposizione gli incidenti che coinvolgono ciclisti con i veicoli motorizzati nelle aree urbane sono spesso legati a fenomeni non direttamente connessi  alla violazione dei limiti di velocità e  in quasi la metà dei casi gli incidenti avvengono ad un incrocio. I fattori che contribuiscono a questi incidenti sono la “mancata osservazione” o errori nel giudizio  sul tragitto o velocità dall’altro attore della strada.

 

 

La tecnologia ha sovente effetti disabilitanti rispetto a competenze che se non allenate finiscono per perdersi: la memoria e’ un esempio. Non c’e’ il rischio che l’attenzione del singolo cittadino, necessaria negli spostamenti quotidiani venga meno credendo di essere garantiti da “sensori”?

 

Questo è un punto importante. Nella letteratura scientifica sullo human factor ci si è da tempo occupati degli effetti indesiderati di tecnologie che si basano sull’automazione.

 

Quando un sistema si basa su alti livelli di automazione (si pensi ai prototipi delle self-driving car) l’utilizzatore ha un ruolo passivo perchè responsabile solo del monitoraggio del sistema durante tutta la missione, il che porta ad un degradamento del livello di vigilanza e della sua abilità di riconoscere possibili problemi. In alcuni casi l’utilizzatore può sviluppare un eccesso di fiducia che dà origine ad un effetto collaterale definito complacency, un autocompiacimento con una assunzione ingiustificata che lo stato del sistema sia soddisfacente. Tuttavia quando i livelli di carico mentale nel guidare o manovrare un mezzo sono troppo elevati ci possono essere errori legati al fatto che abbiamo risorse limitate di attenzione e ragionamento. E se il carico mentale è eccessivo anche l’esperienza dell’usare un mezzo diventa spiacevole. E’ importante promuovere la sicurezza garantendo il comfort.

 

 

Una parte di incidenti di ciclisti ormai riguarda gli ultra 65enni un target sicuramente non ben disposto all’adozione di nuove tecnologie…. come pensate di ovviare a questo aspetto?

 

Anche questo è un punto importante. I dati europei mostrano che quasi la metà delle ciclisti che muoiono in incidenti stradali ha più di 65 anni. I dati nordeuropei ci dicono sta aumentando l’uso della bici elettrica tra le persone anziane percepita come più agevole ma non è ancora noto l’effetto che potrebbe avere sulla sicurezza in questo gruppo vulnerabile. Le persone anziane possono essere scettiche o avere meno familiarità con alcuni strumenti tecnologici e dovremo fare in modo di intervenire sui quei fattori che contribuiscono all’accettazione delle tecnologie nelle varie fasce di popolazione.

 

FACT SHEET ON BICYCLE SAFETY

 

Maggiori informazioni: www.xcycle-h2020.eu