Omicidio stradale e tutela dell’utente debole della strada
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di Simone Morgana (Ufficio Legale FIAB)

 

Il senato approva il disegno di legge che introduce nel nostro codice penale il reato di omicidio stradale. Vengono inasprite le pene per chi, con colpa, cagiona la morte di una persona violando le norme del Codice della Strada. Va detto che questo reato non rappresenta una novità nel nostro codice penale, infatti l’art. 589, comma 2 lo prevedeva come aggravante dell’omicidio colposo, indicando la pena della reclusione da due a sette anni. Tuttavia, i casi pratici nei Tribunali hanno spesso mostrato il lato garantista del sistema penale italiano, che ha portato in non poche occasioni a condanne inferiori ai due anni di reclusione per soggetti che avevano cagionato sinistri mortali. Con tanti saluti a quello che dovrebbe essere considerato l’effetto deterrente e punitivo della norma penale.

 

In questo dibattito intenso, spesso guidato dalla foga emotiva, si sono inseriti gli interventi di molti commentatori, a sostegno e contro la previsione del nuovo art. 589 – bis. Interessante, anche se non del tutto condivisibile, l’analisi critica formulata dall’Unione delle Camere Penali Italiane, che ritengono la norma “un arretramento verso forme di imbarbarimento del diritto penale”, quasi un duplicato di quanto già esistente e, in conclusione, inutilmente e pericolosamente punitiva.

 

Non è certo questo il luogo dove analizzare in senso strettamente tecnico una norma di questo tipo, i cui effetti deterrenti, prima ancora che punitivi, dovranno essere valutati nel tempo.

Nel pieno rispetto delle opinioni dei tecnici del diritto, quello che qui rileva è che il legislatore ha colto un sentore importante che il paese manifestava già da tempo, ovvero sia il grande bisogno di sicurezza degli utenti deboli della strada. Pedoni, ciclisti, bambini, anziani, disabili, sono tutti vittime della sottrazione costante di spazio pubblico nelle nostre città. Una vera e propria forma di aggressione che rende insostenibile, sotto tutti i punti di vista, la mobilità urbana, annullando la stessa idea di vivibilità cittadina.

 

Una riflessione, quella del legislatore, che, per dare una breve lettura della norma, introduce un concetto fondamentale come quello della tutela dell’utente debole della strada all’interno dei centri abitati. Appaiono chiari i riferimenti a situazioni specifiche, dove la pena minima viene elevata. Si vedano i casi in cui si parla di omicidio derivante da circolazione contromano, da violazione delle indicazioni semaforiche, da sorpasso in prossimità delle strisce. Tutte ipotesi che si vivono nelle nostre città e che sono minaccia costante per la vita umana e non banali distrazioni giornaliere, come qualcuno vorrebbe fare credere.

Per la prima volta si percepisce l’omicidio stradale nell’ambito dello spazio pubblico, del vivere urbano in senso stretto.

Prevedere forme dure di punizione per tutti quei soggetti che rappresentano la causa di questa condizione aberrante è un primo passo politico verso la costruzione della mobilità nuova.

 

La Fiab non può che accogliere positivamente questa scelta normativa, un segnale importante dato dalle istituzioni rispetto al tema sensibile della sicurezza stradale, troppo spesso trattato con pericolosa superficialità.

 

Questo, però, rappresenta solo un piccolo passo sulla strada del grande cambiamento culturale che il paese Italia deve affrontare nell’ambito della mobilità urbana.

Una norma punitiva per il singolo non può che essere ingranaggio di un sistema ben più complesso, che deve portare a rivedere il concetto di progettazione delle nostre città, delle strade, della viabilità, del vivere urbano, dell’esistere in comunità, dello spazio pubblico.

Proprio per queste ragioni la singola previsione di legge dovrà necessariamente essere accompagnata da ulteriori misure volte a ridurre la mortalità fra gli utenti della strada. Previsioni che non si limitino al solo ambito penale, ma che rivedano l’intero progetto della gestione della mobilità, come gli interventi sistematici e coordinati per la moderazione del traffico, l’istituzione di zone trenta, i sistemi ISA.

 

Il futuro che pensiamo non deve limitarsi solamente a punire chi è causa di un sinistro mortale con un intervento successivo, ma deve realizzare un sistema complesso di prevenzione, dove il progetto della mobilità riduca o annulli del tutto il pericolo di morte violenta sulle nostre strade.