È stato recentemente pubblicato un articolo di Giancarlo Romanini dal titolo Bici & Crisi. Il numero dei ciclisti è in aumento? Che pone il problema se sia effettivo l’aumento del numero di ciclisti di cui spesso si discute e che pare sotto gli occhi di tutti. L’articolo in questione ha diversi pregi. Ricorda che dobbiamo sempre interrogarci su quanto avviene. Conoscere i dati. Ed analizzare i fenomeni.
Uno dei problemi principali in Italia in ambito di qualsiasi programmazione è l’assenza di una solida e diffusa base di dati. Senza rilevazioni non è possibile fare analisi né verificare tendenze o raggiungimento obiettivi.
Un esempio per tutti. La Carta di Bruxelles è un impegno che amministrazioni cittadine di tutta Europa hanno preso al fine di raggiungere il 15% di mobilità ciclistica entro il 2020. I firmatari della Carta di Bruxelles sono stati ad oggi 78 su 21 paesi.
Da notare: 48 città di 20 paesi diversi. Più 30 in Italia. Ovvero quasi il 40% del totale. In quanto a impegni siamo dei primatisti. Ciò nonostante nessuno misura in Italia sistematicamente l’evoluzione della mobilità. Ho cercato di farmi spiegare come si faccia a raggiungere il 15% di modal split senza misurarlo, ma sono ancora senza risposte. E tra le città che si sono impegnate c’è anche Milano.
Detto questo, occorre però osservare che l’articolo citato si basa interamente sulle pubblicazioni ISFORT. Anzi su una specifica pubblicazione, l’11° rapporto sulla mobilità. Isfort è ad oggi l’unico Ente che effettua studi sulla mobilità in Italia, ma i dati proposti presentano forti incongruenze.
Innanzitutto occorre rilevare che le rilevazioni si basano su interviste da cui sono tratte tutte le informazioni. In particolare, secondo quanto dichiarato, vengono effettuate 15000 interviste all’anno che per ragioni di budget sono state ridotte a partire dal 2012 a 7500. Su scala nazionale.
Ciò significa che con meno di cinquecento interviste a regione e di 75 a provincia sono tratte considerazioni di trend sia su scala nazionale che locale. Da ciò risulterebbe che nel 2012 la composizione modale degli spostamenti in bici sarebbe scesa al 2,1% (3,6% nel 2008) per risalire al 3,1% nel 2013 (11° rapporto sulla mobilità, 28 maggio 2014).
Ora una variazione da un anno all’altro per la quale si passerebbe da 4 milioni di spostamenti in bici a 2 milioni per risalire a 3 milioni (in soli dodici mesi) genererebbe a chiunque qualche dubbio. In particolare se si pensa che la variazione di circa 850.000 spostamenti in biciclettaè estrapolata dalle indicazioni fornite da un campione di soli 150 ciclisti (2% di 7500 interviste).
Peraltro in un altro report (Audimob, Osservatorio sui comportamenti di mobilità degli italiani 2000-2013) viene detto che l’uso della bicicletta è passato dal 2,6% del 2012 al 4,3% nel 2013, (per la precisione questo dato sembrerebbe riferito al solo tempo libero, ma poiché cita un incremento di 815.000 spostamenti si arguisce che si riferisce al totale degli spostamenti). Ovvero in un rapporto si dice che la mobilità ciclistica nel 2013 è il 3,1% del totale, mentre in un altro che è il 4,3%.
In altro punto dell’11° rapporto (nella sezione di confronto con gli altri paesi europei) viene detto che il 13% degli italiani utilizza giornalmente la bicicletta, il 13% un paio di volte a settimana ed il 14% un paio al mese; con 2,7 spostamenti procapite (dicembre 2013). Ne conseguirebbe un uso decisamente superiore a quanto precedentemente affermato. Come confermato in un ulteriore report (Quaderno Audimob n. 19, mobilità e crisi, cosa cambia nelle scelte degli italiani) dove si dice che il 56% degli intervistati intende usare di meno l’auto per spostamenti entro i 5 km, il 41% intende usare di più la bicicletta ed il 26% afferma di averlo fatto.
Credo sia palese che l’informazione che emerge dai dati Isfort, per quanto concerne l’uso della bicicletta, presenti elementi fortemente contrastanti.
In effetti l’esperienza individuale ed i dati che emergono dai censimenti volontari effettuati dalle associazioni forniscono un quadro sicuramente differente. Tutti i dati rilevati concordano in un incremento dell’uso della bicicletta, sull’intero territorio nazionale, costante, anche se ancora lento.
Ciò può essere interpretato (anche alla luce del dato sulle intenzioni registrate da Isfort stesso) come un movimento spontaneo (sicuramente facilitato dalla crisi) ancora non supportato da politiche locali e nazionali veramente interessate a promuovere il fenomeno (come ad esempio è stato fatto in Germania, quando è stato esplicitato un obiettivo governativo di passaggio dal 10% al 20% di composizione modale dal 2010 al 2020).
È però evidente che una politica seria necessita di dati raccolti in modo capillare, sistematico e congruente e questo onere non può ricadere sulle spalle di volontari (le associazioni) o ricercatori a cui vengono erogati fondi al lumicino.
E la fame di dati non riguarda solo il modal split, perché ad esempio sarebbe necessarie alimentare tutte le amministrazioni locali con informazioni sull’incidentalità, ad es degli utenti della strada vulnerabili ed in particolare dei non motorizzati, per valutare l’efficacia delle politiche locali.
È possibile pertanto ricavare un quadro complessivo confortante nei trend (confermato dalla riduzione dell’incidentalità per i ciclisti stessi, dati ACI ISTAT 2013, presentati il 4/11/2014), ma non soddisfacente sul lato impegno delle istituzioni.