Dal 1990 al 2020 l’Italia ha registrato una riduzione delle emissioni di CO2 pari al 31,2%. Ma se guardiamo al settore dei trasporti nel 2019 il valore delle emissioni è salito di oltre il 3% rispetto al 1990. I dati sono ripresi da “La stima dei benefici ambientali associati a interventi di mobilità sostenibile: metodologie e risultati”, ricerca pubblicata di recente dall’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.
Nei mesi scorsi l’ONU ha votato e approvato una risoluzione che ha dichiarato il 26 novembre come Giornata del Trasporto Sostenibile e proprio da questo concetto bisogna partire per cambiare le città. Perché è lì che occorre agire: il 72% della popolazione europea abita infatti all’interno di aree metropolitane e il 60% in aree urbane con oltre 10mila abitanti. Le previsioni da qui ai prossimi decenni informano che questi valori sono destinati a crescere. Cosa si può fare dunque? Investire sulla mobilità attiva, sulle alternative all’auto e su un nuovo modello di città. Nello studio ISPRA sono presenti numerosi casi pratici, ricerche scientifiche e dati che abbiamo in parte deciso di riprendere a titolo di esempio. Perché possano essere utili a tutti.
Bike sharing
Da oltre dieci anni in Italia i servizi bike sharing – dei comuni e dei privati – hanno dimostrato la propria utilità in termini di risparmio di emissioni. Nello studio ISPRA vengono citate città internazionali, dagli Stati Uniti alla Cina passando per capitali europee come Parigi. Nella capitale francese, che sta investendo molto sulla mobilità attiva, “l’uso della bicicletta è aumentato del 70% dopo il lancio di Vélib”, ovvero il servizio di bike sharing. Sempre lo studio riferisce che “con una media di 78.000 viaggi al giorno e circa 20 minuti per viaggio, gli utenti di Vélib percorrono circa 312.000 chilometri al giorno. Un’automobile che percorre questa stessa distanza avrebbe prodotto circa 57.720 chilogrammi di CO2 al giorno”.
Spostandoci negli USA si sono prese in esame due grandi città della East Coast: New York e Boston. “Lo studio Citi Bike a New York City ha registrato quasi 529.000 viaggi e 2.092.147 milioni di chilometri percorsi dopo un solo mese di funzionamento” nel maggio-giugno 2013. Nella capitale del Massachusettss “i dati di Hubway mostrano una compensazione di 285 tonnellate di carbonio da quando il bike sharing pubblico è iniziato a luglio 2011”. Uno delle metriche da tenere in considerazione per il successo o meno di un servizio di bike sharing è il tasso di sostituzione dell’auto.
Zone 30
FIAB e le associazioni della piattaforma Città30Subito hanno avanzato una proposta di legge per l’introduzione delle città 30 in Italia. Bologna lo è da oltre un mese. Quali sono dunque i benefici ambientali delle misure alla base della città 30? Sempre ISPRA cita i dati della città belga di Anversa. “I risultati mostrano riduzioni delle emissioni di CO2 e di monossido di azoto, dell’ordine del 25%, per effetto della riduzione dei limiti di velocità da 50 a 30 km/h nelle aree residenziali, oltre ad una maggiore sicurezza stradale conseguente a velocità di percorrenza più basse”.
Un altro evidente beneficio delle zone 30 e delle città 30 è appunto la maggiore sicurezza stradale. Lo studio ISPRA riferisce che “in generale dagli studi esaminati sembra dimostrato che le zone 30 possono portare a riduzioni significative della velocità media e al numero delle collisioni. L’evidenza presenta riduzioni delle vittime che vanno dal 20% al 45% sulle strade con zone 30”.
Pedibus
Oltre al bike to school anche il pedibus è una pratica utile per ridurre gli spostamenti in auto da casa a scuola. “I benefici del pedibus – si legge nella ricerca ISPRA – sono quelli di educare i ragazzi alla sostenibilità ambientale, ma anche alla prevenzione dei problemi cardio-circolatori, legati ad esempio al sovrappeso, per gli effetti positivi dell’attività motoria e del camminare in genere anche solo per mezz’ora al giorno”. In uno studio citato è emerso che, abitando entro i 2 km dall’istituto, i bambini che hanno aderito al pedibus hanno contribuito a ridurre l’uso dell’auto del 20%.
Micromobilità
Anche la micromobilità, soprattutto dopo i primi mesi della pandemia, si è guadagnata l’attenzione dell’opinione pubblica. Grazie al bonus mobilità da 500 euro migliaia di persone in Italia hanno acquistato biciclette, ma anche monopattini elettrici, mezzi decisamente più diffusi nelle nostre città rispetto soltanto a cinque anni fa. “Attualmente – spiega ISPRA – le varie forme di micromobilità sono ampiamente utilizzate per servire viaggi di passeggeri inferiori a 5 km, che rappresentano il 50-60% dei chilometri totali percorsi dai passeggeri in Cina, nell’UE e negli Stati Uniti”. La prima città a introdurre un servizio di sharing in free floating di monopattini elettrici è stata Santa Monica, in California, con l’azienda Bird. Anche se a Parigi è stato approvato tramite referendum il ban dei monopattini a noleggio, i dati dimostrano che il fenomeno è vasto. “Si stima che solo in Europa ci siano 20 milioni di utenti e che il tasso di adozione dei monopattini elettici sia quattro volte più veloce di quello del bike sharing”.