di Stefano Gerosa
Dopo la denuncia sulla ciclabile del Trasimeno, finita nel fango, una riflessione su cosa serve veramente per il cicloturismo in Italia. Segnalare strade a bassa intensità di traffico, realizzare collegamenti di raccordo, riqualificare itinerari di pregio ambientale e paesaggistico. E bisogna cominciare subito, sfruttando l’esistente e promuovendolo. L’insana idea di mega-opere ciclabili, invece, rischia di far “impantanare” lo sviluppo del cicloturismo in Italia.
Prendo spunto dall’articolo pubblicato nel sito FIAB “Cicloturismo e piste ciclabili in Italia. Trasimeno, come non si deve fare” per una mia breve riflessione. Lo faccio in questa rubrica del sito, “a ruotalibera”, dove si possono esprimere pareri del tutto personali, non necessariamente coincidenti con la linea della FIAB. E ovviamente invito chi ha qualcosa da aggiungere o la pensa diversamente di fare altrettanto.
Sono tanti anni che pedalo per l’Europa e ho avuto modo di apprezzare particolarmente la rete cicloturistica tedesca. Ho scoperto una cosa interessante. Alcune ciclovie famose, ad es. quella del Danubio tedesco, sono state realizzate velocemente: segnalando le strade secondarie esistenti ed utilizzando piste ciclabili solo se queste c’erano già. Magari, in mancanza d’altro, nei primi tempi, il percorso passava per le colline invece che lungo il fiume, spesso le strade ciclabili erano in realtà sentieri sterrati, ecc. ecc. Pazienza, intanto però la gente ci andava!
Poi, nel tempo, non saprei dire se per lungimirante pianificazione o più semplicemente perchè, accorgendosi dell’aumentato flusso di turisti e volendolo intercettare e “coccolare”, molte Amministrazioni locali si son date da fare per migliorare il percorso nella loro zona, sono state realizzate nuove ciclabili molto belle, ad es. lungo i fiumi o nei boschi (raramente ex novo, più, spesso con piccoli interventi, aprendo, collegando o migliorando strade già esistenti), che sostituiscono vecchie tratte della ciclovia su un itinerario più piacevole o semplicemente più diretto ed agevole del precedente.
Come ho avuto modo di sperimentare (percorrendo alcune di queste ciclabili e confrontando una serie di mappe successive), l’Ente che gestisce la ciclovia, non appena è pronto, sposta i cartelli sul nuovo percorso; inoltre periodicamente viene ristampata una nuova mappa aggiornata.
In questo modo, mi sembra, le cose son andate avanti più veloci, incentivando il cicloturismo, senza dover aspettare anni che qualcuno stanziasse milioni di euro per delle mega-ciclovie perfette. E i turisti sono arrivati e, con il tempo, si è fatto sempre di meglio (arrivando a realizzare ciclovie ora strepitose).
Insomma a cosa serve fantasticare su mega-opere ciclabili su strada propria e realizzate ex novo, dove invece già si potrebbe utilizzare al 90% quel che c’è? C’è da pensar male, certo, e come qualcuno ha detto a pensar male spesso ci si azzecca. O, senza pensar male, significa che non le vedremo mai.
FIAB propone da sempre, con Bicitalia, di realizzare una rete continua di ciclovie che si possono (e si devono) realizzare innanzitutto sfruttando la viabilità secondaria e rurale esistente. Quindi a costi per chilometro molto ridotti, in quanto si tratta principalmente di predisporre la segnaletica, l’informazione e la promozione. Certo, dove occorre, servono anche piccole migliorie, opere di sistemazione, leggere asfaltature, ponticelli e attraversamenti ciclabili. O ancora, dove mancasse un tragitto secondario sicuro, può essere indispensabile, per garantire al contempo la continuità della rete e la sicurezza dei ciclisti, pensare a tratti di vera e propria pista ciclabile “di raccordo”.
Esistono poi dei tratti di ciclovia particolarmente “qualificati” (si vedano ad es. su Bicitalia 1 le stupende piste ciclabili dell’Adige in Trentino, del canale Biffis nel veronese, del Mincio nel veronese e mantovano), dal punto di vista turistico veri e propri “gioielli”, che un’associazione di protezione ambientale come FIAB ritiene importanti anche per altre ragioni.
Infatti il recupero ad uso ciclabile comporta spesso la riqualificazione e la tutela di zone di pregio ambientale o manufatti di valore storico e paesaggistico. Si pensi agli argini di fiumi e canali, alle ferrovie dismesse, ai viadotti storici abbandonati.
Ovvio che questi interventi possono anche avere un costo importante ma qui la pista ciclabile diventa un’opportunità per sottrarre aree al degrado e valorizzarle, restituendo ambienti e paesaggi alla frequentazione e alla vigilanza della gente, siano ciclisti locali o un turismo pedalante a zero impatto ambientale. Già oggi in Italia abbiamo esempi di ottime greenways di questo genere.
Questo per dire che, comunque, non ha senso spendere soldi dove i percorsi e le strade “piacevoli” già esistono e sono a bassa densità di traffico, mentre ha più senso progettare e collegare alla rete cicloturistica anche tratte di grande pregio, investendo qui il grosso dei fondi anche in un’ottica di recupero ambientale, di conservazione storica e paesaggistica. Si tratta poi ovviamente di quei tratti, più o meno lunghi, che possono dare grande “appeal” ad una ciclovia.
Però oggi, finalmente di fronte ad una forte domanda di cicloturismo, la confusione è ancora tanta. Non aiuta di certo l’avvento di tanti “folgorati sulla via di Damasco”, che fino ad ieri magari nemmeno pedalavano, che ben poco hanno visto evidentemente delle reti cicloturistiche europee, che oggi ben si guardano dall’ascoltare centri di competenza più che ventennali come la FIAB. E allora ecco le proposte più strane, spesso ciclovie “lastricate d’oro”, cioè che per l’alto costo non verranno mai realizzate oppure, nel migliore dei casi, andranno a sottrarre fondi ed energie alla realizzazione di una rete ciclabile più vasta ed importante (ingenerando anche l’errata ed insana idea che una rete ciclabile nazionale non si può far subito, senza una vagonata di milioni di euro).
Se questa è l’idea che passa, temo il cicloturismo italiano avrà perso la partita, e mi aspetto pure molti altri “Trasimeni” se non addirittura qualche “Mose” della ciclabilità.