di V. Parigi
Le zone 30 sono molto diffuse in tutta Europa, in pochi casi anche da noi, e vengono sostenute da anni da FIAB, notoriamente esterofila e schiava di modelli “stranieri”, a cui molti amministratori, politici, media e pezzi di opinione pubblica “auto-centrica” frappongono una sorta di linea del Piave.
Cosa sono e come si fanno
Le “zone 30” rientrano nella vasta materia della “moderazione del traffico”, oltre le Alpi di applicazione vastissima. Lo scopo dichiarato è ridurre l’impatto del traffico motorizzato, subordinandolo e rendendolo compatibile con pedoni, bambini, ciclisti e più in generale con la vivibilità degli spazi urbani, non più destinati solo a circolazione e sosta auto, ma appunto di “incontro”, socialità etc. In zone residenziali e commerciali sono ormai la regola (coprono fra il 70 e il 90% delle città europee), in pratica con la sola esclusione della viabilità principale.
Nonostante la notorietà che stanno assumendo anche da noi, soprattutto in relazione ai temi della sicurezza stradale, sia nelle poche applicazioni esistenti che nelle campagne a loro favore, rimane in ombra come si fa una zona 30 (e spesso anche perchè).
Un cartello non basta
Innanzi tutto la zona 30 non si realizza semplicemente con un cartello, inefficace da solo anche in paesi più civilizzati. Si deve invece far si che tale velocità (o minore) sia di fatto non superabile, e che il traffico motorizzato, pur non escluso, venga subordinato a tutte le altre componenti della mobilità e della vita. Se la velocità è facilmente superabile, ed i comportamenti di guida rimangono invariati, la zona 30 è fasulla, solo sulla carta.
Ti faccio lo slalom
Nella realizzazione di una zona 30 si adottano alcuni semplici accorgimenti. Fra i più intuitivi, anche per non tecnici, c’è il disassamento stradale (o chicane, serpentina): l’andamento rettilineo della strada viene interrotto a distanze per es. di 20-30 metri da un cambio di asse che costringe il veicolo a spostarsi a destra o a sinistra. Il modo più semplice è l’alternanza a tratti della sosta auto da un lato all’altro. Piccoli spiazzi o aiuole alle estremità dei disassamenti possono svolgere lo stesso ruolo. Arredi urbani come panchine, giochi per bambini o piccoli spazi con tavolini di locali danno un ulteriore carattere di vivibilità a quella che era solo una “sede stradale”.
In molti casi si abbandona il senso unico per tornare al doppio senso di marcia, senza allargamento della carreggiata, in modo che lo scambio fra due veicoli possa avvenire solo in certi punti, alternati lungo l’asse stradale a certe distanze. Si inverte dunque la tendenza che ha portato ad un uso ossessivo del senso unico, giustificato da esigenze di scorrimento veloce. Esattamente ciò che si vuole contrastare.
Una funzione analoga hanno altri accorgimenti largamente sperimentati: restringimenti di carreggiata in certi punti, dossi rallentantori, “cuscini berlinesi” (asimmetrici sulla carreggiata), “platee rialzate” (la parte centrale di un incrocio) etc.
Qui non si passa
Ove applicate largamente le zone 30 coprono interi rioni o quartieri, andando a definire infatti “isole ambientali”. Una delle loro caratteristiche è che molto spesso non sono attraversabili, e riducono dunque il traffico motorizzato solo a quello prettamente locale: residenti, rifornimenti alle attività commerciali, manutenzione e poco altro. Ciò viene realizzato per es. con vicoli ciechi (cul de sac) che consentono solo l’inversione di marcia o la fuoriuscita dalla zona 30 su di una strada parallela a breve distanza. La non attraversabilità è assicurata anche da piccole zone esclusivamente pedonali (a macchia di leopardo), ostacoli fisici (piolini, aiuole, etc), gestione dei sensi unici, delle svolte obbligate e della viabilità in genere.
Ed infine la sosta: la non attraversabilità della zona 30 disinnesca già di per se il traffico esterno; la gestione della sosta completa l’opera. Analogamente a molte ZTL nostrane essa sarà riservata ai residenti, al carico/scarico od altre funzioni di servizio, limitate e verificabili. Ma anche qui, come per il cartello 30, non è affidandosi a norme ed alla repressione degli abusi che si rende effettiva la limitazione della sosta. Misure efficaci saranno per es. l’adozione di dissuasori, per es. piolini ai bordi dei marciapiedi; la stessa larghezza ristretta delle carreggiate renderà impossibile la sosta in doppia fila, tanto amata dagli italiani etc.
Tu no, le bici sì
E le biciclette? Sono di sicuro fortemente avvantaggiate da quanto descritto finora; il principio di fondo è che la zona 30 deve essere altamente permeabile da esse, con percorsi brevi e diretti e norme che le avvantaggiano rispetto ai mezzi motorizzati. La misura chiave è l’applicazione diffusa dei “sensi unici eccetto bici” (vedi), come ormai normale in tutta Europa ed in alcune città italiane con amministrazioni lungimiranti. Al contrario di quanto affermano i detrattori, tale soluzione ha come effetto anche la riduzione dell’incidentalità, non solo fra bici ed auto, ma in generale.
Vogliamo tutto
Limite 30 generalizzato eccetto viabilità principale? La richiesta, scaturita dagli Stati Generali della Bicicletta (Reggio, ottobre 2012) ed a livello europeo dalla iniziativa di legge popolare, sicuramente ha il grande pregio della chiarezza e dell’affermazione di una normalità che non è quella auto-centrica dominante. Le zone 30, notoriamente, sono già realizzabili a livello locale, ed alcune amministrazioni lungimiranti hanno già imboccato quella strada. Di certo, anche introducendo il limite 30 generalizzato non tutto è risolto: non basteranno cartelli, ma appunto interventi come quelli indicati sopra, e ci sarà da fare attenzione a come viene definita la viabilità prinicipale: ci si aspettano trucchi e trucchetti da Comuni sciagurati che in tal modo pensano di mantenere tutto com’è.
Attento a cosa dici …
Fra le bufale spesso rilanciate da chi vuole mantenere lo status quo c’è quella sull’inquinamento, che secondo questi buontemponi aumenterebbe riducendo la velocità: basterà consultare un librino di fisica del liceo per rendersi conto della colossale scemenza. Non da meno quella che le vie più brevi per il traffico motorizzato per es. nei centri storici genererebbero minori emissioni. Oltre alle misurazioni che dimostrano il contrario, bisogna sempre ricordarsi: l’uso dell’auto è causa di molti mali, va scoraggiato e limitato con ogni mezzo. Uno di questi è dato dalle zone 30 che contribuiscono a ridurne l’uso e gli effetti.
Ultimo grande malinteso: le zone 30, o il limite generalizzato, rendono inutili (o dannose) le piste ciclabili? Neanche di lontano: la loro realizzazione, in rete ed in continuità, è indispensabile proprio su quella viabilità principale che resta fuori dal 30 km/h, e che richiede dunque separazione dei flussi e maggiori tutele per le bici. Come infatti si fa nelle città europee che hanno già raggiunto alte quote di spostamenti in bici e relegato l’auto ad un ruolo secondario. Non scopriamo l’acqua calda!
esempio di “cuscino berlinese” dissuasione della sosta selvaggia restringimento con rialzo
Sul sito tecnico Fiab è presente una intera sezione dedicata al tema, con il relativo quaderno scaricabile, schede divulgative etc.