A fine del prossimo anno festeggeremo i 30 anni della nostra federazione. La FIAB, infatti, venne fondata nel novembre 1988 in un’incontro a Roma nel quale, oltre a parlare di varie iniziative in corso, le associazioni del “Coordinamento Nazionale Amici della Bicicletta” decisero di darsi una forma associativa di tipo federativo.
Ricordo che, durante la riunione, fui proprio io a proporre il nome FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, in continuità con il nome del coordinamento (molte delle prime associazioni si chiamavano “Amici della Bicicletta”) e perchè così si poteva dire “FIAB contro FIAT”.
Gianni Catania, di Bici e Dintorni di Torino, propose invece di chiamarci FICU (Federazione Italiana Ciclisti Urbani) ma, a parte il suo voto, FIAB passò all’unanimità.
Oltre al nome e alla segreteria, che fu affidata a Pedale Verde di Roma (associazione non più esistente), si decise di formalizzare con la registrazione dell’atto costitutivo. Si delegò il compito alla segreteria e ad un’altra associazione; per vicinanza con Roma si scelsero i Cicloverdi di Napoli. Così ad inizio 1989, delegati di Roma e di Napoli sottoscrissero presso un notaio partenopeo l’Atto costitutivo.
Immagino sarà una bella sorpresa per molti soci, soprattutto per quelli meridionali, scoprire che la FIAB è nata a Napoli. Infatti la nostra Federazione è sempre stata forte, in termini numerici, prevalentemente nel nord ed è per questo che, per ragioni pratiche, nel 1996 ha situato la propria sede legale a Milano. Ma siamo nati nel sud.
Nei primi anni del Coordinamento non esisteva un notiziario ed erano le varie associazioni, con le loro circolari o bollettini ciclostilati, a raccontare ai soci qualcosa di questa nuova “rete” nazionale. C’era però una rivista nazionale “Cicloturismo & Grandi Viaggi” e, Giulio Porcai, un giornalista che ci seguiva e pubblicava i nostri comunicati, che partecipò all’assemblea di fondazione e scrisse di noi, nel numero 1 di gennaio del 1989. Ne ho ritrovato miracolosamente una copia.
Riporto il testo dell’articolo “Finalmente non è più un’utopia la federazione del pedale ecologico” (che allego anche in PDF), che testimonia tra l’altro che le prime campagne del Coordinamento furono il servizio “Treno+Bici” (che allora proprio non esisteva, le prime sperimentazioni furono sollecitate proprio da FIAB) e le modifiche al Codice della Strada (allora, rispetto ad oggi ed agli anni successivi, le nostre proposte erano molto meno approfondite dal punto di vista “tecnico”, ne riparleremo).
Pubblico inoltre la fotografia che correda questo articolo, purtroppo molto scura in alcuni punti e cerco di ricostruire le persone che c’erano. Molti purtroppo non li riconosco o non li vedo. Se qualcuno potrà aiutarmi .. la ripubblicherò integrata…
Nella foto riconosco bene, da destra a sinistra: Aldo Monzeglio (l’unico, suppongo, che aveva più di 40 anni, ma credo che ben pochi ne avessero più di 30), Serena Guastavino, Romolo Solari, Flavia Albertelli, Gianfranco Fantini, Roberto De Bernardis, Tonino Schiattone, il sottoscritto Stefano Gerosa, immagino la figura scura in piedi, visto che ricordo bene che, per mancanza di sedie, feci l’assemblea in piedi, e ricordo accanto a me c’era Gianni Catania (anche lui non riconoscibile), Mimmo Schiattone.
1° integrazione (19.2.2017). A seguito di alcune segnalazioni posso integrare le notizie su questa fotografia.
Michele Mutterle “Eravamo ben in quattro da Vicenza. Riconosco Catherine Magni con la maglia azzurra. Dietro Stefano Zimerle con la zazzera. Con la maglia bianca un altro socio di Vicenza, Luciano Grigoletto. Dietro si intravede la capoccetta di una figura allora timida e che non sapeva che quella riunione 20 anni dopo avrebbe cambiato la sua vita. Era la prima riunione di coordinamento a cui partecipavo e la prima di una lunghissima serie di riunioni FIAB che ancora non si è conclusa”.
Catherine Magni mi scrive per dirmi che anche lei si riconosce nella foto e mi ricorda che Luciano Grigoletto fu poi l’ideatore della prima Campagna FIAB “Vado Piano” (di cui parleremo).
Romolo Solari “Quel giorno eravamo in 9, mi sembra. Da citare Luisa Torre che ha gestito il nostro notiziario per diversi anni e suo marito Gino Carozzino, sono i due dietro la Flavia. Il marito è a destra fra la Flavia e Fantini. La moglie è a sinistra.”
da “Cicloturismo e grandi viaggi” n. 1 – 1989 – pag 17-19, servizio di Giulio Porcai (scansione PDF)
Finalmente non è più un’utopia la federazione del pedale ecologico
Quando si incontrano non danno vita a quei convegni sofisticati e dispendiosi tipici dell’Italia in cui troppo si discute. Piuttosto suggeriscono l’idea di un gruppo «on the road». Nessun doppiopetto, niente abiti scuri: bensì i maglioni e le giacche a vento di chi è abituato a vivere anche un certo impegno politico. Sono i rappresentanti dei numerosi gruppi di cicloecologisti e ciclisti urbani sparsi in tutta Italia, un movimento ancora molto giovane eppure in rapida crescita. I nomi? Bici e dintorni di Torino, Ciclobby di Milano, Tuttinbici di Reggio Emilia, Cicloverdi di Napoli, Amici della bicicletta di Mantova, Verona, Genova, Trento, Ravenna, Salerno, Pedale Verde di Roma.
Per ora li riunisce un Coordinamento nazionale che ha grandi intenzioni ma ancora scarso peso politico e soprattutto limitata capacità operativa unitaria. Nelle intenzioni, però, ci sarebbe la volontà di far nascere una federazione nazionale dei ciclisti urbani che possa rappresentarli con la «forza» necessaria, nel rispetto beninteso delle varie identità locali.
Questo grande passo, dotarsi cioè di una segreteria «politico-esecutiva» oltre che tecnica e di propri organi di rappresentanza era senz’altro il puntò più delicato da discutere nella recente assemblea annuale. Oltre 50 rappresentanti di vari gruppi cittadini si sono dati appuntamento a fine novembre a Roma – ospite Pedale Verde – per gettare le basi e programmare le iniziative comuni per il 1989. L’ordine del giorno era così zeppo dì argomenti che alla fine non c’è stato il tempo per discuterli tutti.
I lavori sono iniziati con lo scambio di esperienze tra i vari gruppi. Ciascun delegato ha illustrato in una breve relazione l’attività svolta nel 1988 in modo che lo scambio reciproco di informazioni fosse il più esauriente possibile. Molto interessante il successivo dibattito sulle campagne nazionali «bici+treno» e «riforma del codice della strada», i due “cavalli di battaglia” che hanno contraddistinto queste prime fasi di attività del Coordinamento nazionale Amici della Bicicletta.
La campagna bici+treno è stata senz’altro un successo. Prima il servizio non esisteva. Ora, invece, si sono concretizzate varie iniziative in tante città. Il Coordinamento è riuscito a superare lo scoglio delle tariffe ottenendo, seppure solo per i suoi soci, l’applicazione della tariffa 6 alla bicicletta.
L’anno prossimo i gruppi di cicloecologisti italiani punteranno ad eliminare questa pregiudiziale e cioè che la tariffa ridotta possa essere applicata a qualsiasi cittadino. Inoltre si cercherà di superare il muro dell’esclusivo cicloturismo domenicale. Si continuerà con gite ed escursioni di questo tipo ma l’obiettivo è quello di proporre treno+bici anche in altri giorni della settimana coinvolgendo nell’iniziativa anche il diffuso fenomeno del pendolarismo. L’ultima notizia confortante al riguardo è che ciascun compartimento FS che ha partecipato alla campagna valuterà presto il numero di vetture da modificare per il trasporto bici. Roma lo ha già fatto e nel corso dell’89 il compartimento della capitale avrà a disposizione 10 di queste vetture, 4 per il cicloturismo e 6 per i pendolari.
Buone notizie anche per quanto riguarda la campagna nazionale per la riforma del Codice della strada. Le cartoline con il disegno e le finalità della campagna continuano ad arrivare al presidente della Repubblica e ai deputati e senatori. Presto i gruppi aderenti al Coordinamento avranno esaurito il pacchetto predisposto di 14 mila cartoline, ma hanno preso la decisione di continuare questa campagna. Sarà stampata un’altra serie di cartoline con soggetto diverso, a dimostrazione che l’aggiornamento del Codice della strada è uno degli argomenti più sentiti dagli utenti abituali della bicicletta.
In primo piano nella due giorni di Roma c’è stata senz’altro la discussione sulla nuova identità da dare al Coordinamento. Dopo un lungo dibattito su vantaggi e svantaggi, sulle differenze normative, sulle nuove possibilità, l’assemblea ha deciso all’unanimità di dar vita ad una Federazione nazionale che riunisca tutti i singoli gruppi. Naturalmente è emersa l’esigenza di dare maggiore personalità alla nuova associazione. Sono state fatte varie proposte finché la maggioranza ha scelto di chiamarsi Federazione Italiana Amici della Bicicletta. Alla neonata Federazione potranno aderire i gruppi che per obiettivi statutari sviluppano attività in favore della bicicletta, nel quadro di una politica ecologica della mobilità, anche se non è l’unico scopo dell’associazione. Sono esclusi i gruppi con finalità elettorali e commerciali ma comunque nei casi dubbi la segreteria avrà la possibilità di: decidere.
La stessa segreteria avrà maggiore peso «politico» e potere decisionale, nei limiti che gli sono concessi negli incontri annuali dei rappresentanti della Federazione. Per vedere all’opera il nuovo gruppo bisognerà aspettare che sia preparata la bozza di statuto e che siano poi decisi gli organi rappresentativi. Per questo lavoro l’assemblea di novembre ha delegato l’associazione Pedale Verde di Roma, che si è anche impegnata per garantire la continuità nel lavoro del Coordinamento. Anche Ciclobby di Milano avrà il suo da fare: si è assunta l’incarico dell’ufficio stampa, in modo che la Federazione possa essere presente nei «media» in questa delicata fase nascente.
Proprio i delegati di Ciclobby hanno espresso all’assemblea alcune esigenze fondamentali in un momento così importante per il ciclismo urbano. Secondo loro ci sarebbe da fare un grosso lavoro per l’immagine della Federazione, si dovrebbe allargare il numero dei tesserati a macchia d’olio e soprattutto bisognerebbe offrire ai soci una serie di servizi, sull’esempio di quanto avviene per altri gruppi europei.
Se le associazioni non crescono e non riescono a rappresentare una massa sarà difficile che la Federazione possa esercitare pressioni sulla pubblica amministrazione per ottenere provvedimenti concreti. Certo il lavoro da fare è ancora tanto, la Federazione comincerà a muovere solo tra poco tempo i suoi primi passi. Secondo Ciclobby, comunque, la strada da seguire è questa, coinvolgendo nell’iniziativa i finanziamenti pubblici e privati.
Molti altri gruppi, Roma in testa, hanno una posizione più prudente. C’è la paura di fare il passo troppo lungo per la gamba e di burocratizzare e ampliare eccessivamente gli organi dell’associazione, perdendo quella agilità e quel piacevole aspetto di volontarismo che ha fino ad ora contraddistinto l’attività a livello nazionale. Il rischio che la Federazione possa spaccarsi su questi due diversi modi di intendere lo sviluppo futuro è concreto.
Per sapere come andrà a finire sarà però il caso di aspettare la prossima assemblea generale, prevista a Napoli il prossimo 21 e 22 gennaio.
In quella sede l’obiettivo sarà quello di approvare lo statuto della Federazione, ma si discuterà anche di alcuni argomenti «trascurati» a Roma come ad esempio dei contatti con la Federazione europea dei cicloecologisti, di servizi da offrire ai soci, della proposta di campagna nazionale per le piste ciclabili extra-urbane (la famosa ciclopista del sole, Brennero-Roma), del prossimo ciclo-raduno, del convegno nazionale.
Il vero nodo da sciogliere resterà comunque quello del salto di qualità. Rispetto alla fase pionieristica costringerà qualche gruppo al compromesso e a rivedere certe posizioni forse un po’ rigide. Ma più il tempo passa e più questa fase diventa necessaria per riaffermare i diritti della bicicletta. A buon intenditor…